Centrodestra e centrosinistra dovrebbe rifuggire dalla tentazione di usare la scuola per contrastare i “mostri” che incarnano i nemici di parte
Qualche volta ci sono cose che vorremmo dire, ma che è opportuno tacere. Sto parlando dell’audizione del ministro Valditara presso la Camera dei deputati, che si è tenuta lo scorso 12 novembre. Il tema era quello dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, che introduce il cosiddetto consenso informato. A un certo momento, come è noto, il ministro, visibilmente urtato da alcuni interventi, dopo avere accusato l’opposizione di strumentalizzare i femminicidi se ne è andato via, provocando risentite proteste.
Nadia Urbinati, politologa, ha scritto nel 2023 un saggio intitolato L’ipocrisia virtuosa, in cui spiega come in determinate situazioni sia ragionevole non dichiarare fino in fondo tutto ciò che abbiamo in mente. Occorre evitare di perseguire il principio della sincerità assoluta, che è oggi considerato, a torto, come un valore prioritario ed espressione di autenticità.
Una dose limitata di verità, in certe situazioni, rappresenta la scelta migliore, che non significa praticare la menzogna, di per sé dannosa, ma comporta semplicemente sviluppare un pensiero complesso, che è poi tipico della politica. Questo è quanto avrebbe dovuto fare il ministro nell’audizione in questione, dove certamente alcune posizioni antagoniste erano agitate in modo pretestuoso. Anche Machiavelli – secondo Remo Bodei – gli avrebbe suggerito una dissimulazione virtuosa.
Ma il punto di fondo, a mio avviso, è quello di capire che tipo di connessione vi sia tra il mondo dell’istruzione e quello socio-politico, che rincorre l’attualità. Una tale correlazione, infatti, viene posta sia da chi vorrebbe, nei suoi intenti, che l’educazione sessuale e affettiva servisse a contrastare il fenomeno dei femminicidi, sia da chi vorrebbe evitare che si introduca nella scuola, in maniera surrettizia, l’ideologia gender; obiettivi che, dal mio punto di vista, appaiono entrambi rispettabili. Ma con un limite che li connota: quello di rincorrere l’attualità, che non può rappresentare l’orizzonte del pensiero educativo.

Ragionando in termini sociologici, non è sostenibile un netto distacco tra scuola e società, poiché la prima storicamente si è evoluta in funzione della seconda. Secondo Steven Brint, sociologo dell’educazione, “le istituzioni scolastiche hanno sempre portato l’impronta degli interessi e degli ideali di determinati gruppi e organizzazioni. Ad esempio, gli interessi dei monarchi stanno alla base della nascita dell’istruzione primaria”.
Le scuole, tuttavia, non hanno dinamiche tali da consentire loro di muoversi nel terreno dell’attualità, che rappresenta necessariamente un orizzonte di breve periodo. Il sapere da trasmettere richiede di essere filtrato dal tempo e collaudato nei decenni, se non nei secoli.
Da questo punto di vista riportare il tutto all’attualità non ha senso, anche se sarebbe utile, tramite la scuola, correggere le ingiustizie del mondo. Mi rendo conto di parlare in modo controintuitivo, ma non credo che il problema della violenza sulle donne possa essere adeguatamente affrontato dalla scuola, certamente non con delle neo-discipline come l’educazione affettiva. Neppure può essere affrontata la questione degli eccessi ideologici delle dottrine gender, tanto meno con le circolari.
Da più parti si avverte stanchezza di fronte a questa corrida politica che strattona la scuola da tutti i lati. La maggior parte degli interventi, anche quelli mossi dalle ragioni più nobili, rappresenta un’intromissione indebita, non giustificabile dal rapporto che la scuola deve avere con la società, che non può essere cadenzato dai tempi accelerati dell’attualità.
Semplicemente le scuole autonome andrebbero fatte funzionare, poi, con una classe docente adeguata, molte problematiche potrebbero essere affrontate senza l’invenzione di neo-discipline. Non occorrono task force di docenti che si dedicano all’antimafia, al contrasto della violenza sulle donne, all’orientamento, al tutoraggio e ad altro ancora. Sono toppe che rimuovono la possibilità di cucire un vestito nuovo.
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