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Home » Educazione » Invalsi » SCUOLA/ Invalsi e “maturità”, quella felice novità che si vuole ancora tacere

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SCUOLA/ Invalsi e “maturità”, quella felice novità che si vuole ancora tacere

Tiziana Pedrizzi
Pubblicato 1 Ottobre 2025
Prima prova della Maturità 2025

Prima prova della Maturità 2025 (Foto: ANSA / CIRO FUSCO)

Tra le novità della maturità riformata dal decreto-legge 127/2025 c’è l’inserimento dei risultati Invalsi nel curricolo del quinto anno

In mezzo alle discussioni, a proposito della felicemente ribattezzata “maturità”, sul numero di materie dell’orale, sulla felicissima abolizione dell’assurdità per cui a partire da una foto bisognava discettare sullo scibile umano (ovvero addestramento alla produzione di aria fritta), sulla ridenominazione del misterioso PCTO (ipocrisia grillina che diffidava di qualunque tipo di lavoro, comunque evocato), grazie al Cielo si parla pochissimo dell’inserimento nel curricolo dei livelli raggiunti dal “candidato” nelle prove INVALSI, che forse è l’unica cosa di lunga gittata del pacchetto.


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Grazie al Cielo, perché si tratta della soluzione finale di una disputa durata più di un decennio e che può essere utile rammentare alla ormai stragrande maggioranza dei non cultori della materia.

In principio fu il lento inerpicarsi delle prove INVALSI su per gli anni della scolarità. Varate (stiamo ripassando) dal ministero Moratti in forma incerta e molto scientificamente discussa, ma comunque difese come principio della necessità di valutazioni esterne e standardizzate, subirono un primo assalto con il ministro del centrosinistra prodiano Fioroni, che cercò di farle diventare campionarie (in sovrapposizione fra l’altro a PISA) e non più censuarie per evitare l’effetto specchio di tutte le scuole.


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Con il ripensamento successivo dovuto, si dice, ai buoni consigli degli uomini di scuola appartenenti alla base elettorale all’interno dell’Ulivo di detto ministro, si tornò a lavorare su tutte le scuole utilizzando i framework internazionali e riempiendo via via le file degli addetti ai lavori interni all’INVALSI, che cominciarono a saperne qualcosa di statistica.

Lentamente le prove si arrampicarono su per gli anni scolastici fino ad arrivare al gran problema del quinto anno. Qui scoppiò la battaglia: collocarne i risultati dentro le valutazioni degli esami o a lato o – come qualcuno auspicava ed ottenne per un certo periodo – nel buio assoluto?


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In realtà nel frattempo per l’esame di terza media (chissà che presto o tardi non si ripristini una denominazione meno inutilmente pomposa di quella di “esami di Stato ecc.”) si era optato per infilare le valutazioni INVALSI dentro la valutazione finale.

Apriti cielo! iniziò una batracomiomachia fra chi non vi vedeva nulla di tragico, ma anzi uno strumento di equilibrio esterno contro eventuali arbìtri, e chi lo visse come un’offesa alla dignità o meglio all’onnipotenza della scuola.

In realtà una ricerca appositamente realizzata dimostrò che le uniche variazioni che la prova esterna causava erano quelle relative al livello più alto di valutazione, che risultati non sempre ineccepibili impedivano in alcuni casi.

Alla fine la povera prova INVALSI venne espunta, non si è mai saputo con quali vantaggi, salvo che per la selfishness di una parte (non tutta) della scuola. Niente di concreto, comunque, perché nel nostro Paese tali prove non sono in alcun modo cogenti, come avviene ad esempio in Francia per l’iscrizione alla scuola superiore.

 

La battaglia intorno alle prove INVALSI all’ultimo anno della scuola superiore fu tutt’altra cosa. In gioco era ed è la possibilità di utilizzare voti alti, se non altissimi, per ottenere vantaggi concreti. Nel frattempo infatti si stava – anche se con molta lentezza – diffondendo, grazie all’informatica ed all’obbligo di registrazione, l’informazione che in cima alla graduatoria dei 100 e 100 e lode c’era costantemente il Sud, con capofila o Calabria o Puglia ed in fondo la Lombardia.

Oggi che tali informazioni sono diffuse e sono giunte fino ai giornali, è ormai nozione comune che la graduatoria INVALSI dice esattamente l’opposto. Questo tuttavia non ha mai cambiato le cose, come forse qualche ingenuo si aspettava.

In ogni caso l’idea di collocarle all’interno della maturità si schiantò contro un poderoso “No pasaran” e per lungo tempo non se ne seppe niente. Poi qualche esperto di perfidie escogitò l’idea di far liberamente scaricare i risultati  delle prove agli studenti, che, dopo averle sostenute in una percentuale superiore al 90% anche se non erano obbligatorie, cominciarono lentamente a farlo.

C’è ancora chi ricorda che in una riunione tenuta al ministero circa dieci anni fa si discusse se collocare questa informazione in retro o in allegato (si apprezzi la sottigliezza). Poi vennero i 5 Stelle e INVALSI si salvò miracolosamente dall’estinzione, che pure era stata da loro promessa in campagna elettorale in qualche parte del nostro Paese.

Alla fine pare che in qualche modo, dopo una battaglia quasi ventennale, questi risultati approderanno nel curricolo dello studente in forma ufficiale. Si sono già alzati gli alti lai di Roars e della CGIL: schedatura, fine della libertà di pensiero, subordinazione al peggior capitalismo globalizzante, eccetera.

Il modello di curricolo che viene proposto è sostanzialmente quello europeo, ricco e bene articolato, che comprende molte cose: le esperienze extra, le certificazioni aggiuntive, e perciò è molto ragionevole che, accanto agli esiti scolastici complessivi, siano comprese anche le informazioni sui livelli effettivamente accertati nelle competenze di base.

Nessuno vuole sostenere che questi siano gli unici che fotografano una personalità. Ma è chiaramente improbabile e strumentale sostenere che non c’entrano e che anzi sono fuorvianti. Creatività e pensiero critico vs. conformismo e strumentalità sono contrapposizioni da Paese sottosviluppato, anche perché le valutazioni sul pensiero creativo che PISA ha cominciato a realizzare dimostrano che gli analfabeti geniali sono merce rara, visto che i dati su lingua e matematica e quelli sul Creative Thinking coincidono.

Piuttosto cosa se ne farà la società italiana, nelle sue diverse articolazioni pubbliche e private, di queste informazioni, per attribuire possibilità, compiti e responsabilità ai giovani? Speriamo che i curricoli vengano presi in considerazione oltre al Dna ereditario. Qualche mese fa sui giornali è apparsa la notizia che in Cina nei giorni dei loro famosi esami (quelli in cui un tempo si sceglievano i mandarini) il traffico è sospeso, i collegamenti online anche, eccetera. Una terribile meritocrazia!

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Tags: Letizia Moratti

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