Si possono utilizzare molti proxies di come il mercato stia masticando e digerendo il cambiamento in atto, dipinto come un misto fra la Rivoluzione francese e quella industriale dai media. Magari lo yen che torna a volare in area 156 sul dollaro, chiaro segnale che da Washington qualcuno abbia telegrafato il poco gradimento per un rialzo dei tassi nipponici domani, potrebbe essere uno di questi. Sicuramente, i futures di Wall Street no. Loro sono come cani di Pavlov in un mondo di crocchette. E nella seconda parte del pezzo ve lo dimostrerò senza nemmeno scomodare una singola cifra.
Se vi interessa conoscere il mio personale punto di osservazione, io guardo l’oro. Che alla chiusura delle contrattazioni statunitensi di martedì sera segnava 2.744,86 dollari l’oncia. Più 37 dollari in un solo giorno. E oggi come oggi, al livello massimo dalle presidenziali del 5 novembre e soltanto dell’1,6% al di sotto del massimo storico assoluto raggiunto a fine ottobre.
Ma guardo anche al tasso di prestito a 1 mese dell’oro. Quello nel grafico. Al massimo anch’esso. Non vicino. Al massimo. E da decenni. Perché per chi non lo sapesse, l’oro può tranquillamente essere utilizzato come garanzia di prestiti. Ma occorre averlo. Occorre procurarselo. Come occorre averlo nel caso si sia una cosiddetta bullion bank che gioca con futures aurei su leva 1:100 rispetto alle once reperibili per eventuale delivery.
Insomma, l’oro non sale solo di prezzo. L’oro sale come richiesta fisica. E richiesta finanziaria. Non quella di Mr. Smith che compra lingottini da Costco o da Walmart. Casualmente, Donald Trump ha evocato tariffe del 25% verso Canada e Messico dal 1° febbraio. La Cina in un primo momento non è stata nemmeno menzionata. Poi, minaccia del 10%. A fronte di millanterie del 50% in campagna elettorale. E per tutta risposta, anche il Dragone ha messo in campo in 10%. Di calo del Vix sull’indice Hang Seng di Hong Kong. Come dire, Washington ma minacciato il bazooka e tirato fuori la pistola ad acqua. E la volatilità equities cinese crolla. Forse perché trattasi della stessa Cina che ha visto le vendite di iPhone letteralmente sfracellarsi al suolo nel mese di dicembre? Un rotondo -18,2% stando ai dati diffusi sempre martedì da Bloomberg.
Certo, il prezzo dell’oro in salita è facilitato dalla pausa per rifiatare del super-dollaro. Ma 9 sedute in verde delle ultime 11 ci dicono che forse siamo di fronte a un trend. Forse Donald Trump non viene temuto per la politica estera stile Risiko o per i dazi lanciati a caso come dadi sul panno verde. O per le meme-coins che rischiano di diventare crypto-equity pronte a inondare un mercato già pieno di collaterale con la qualità della merce di Porta Portese. Forse si teme cosa accadrà quando si entrerà nel vivo del dibattito sul debt ceiling. Perché come scritto nel mio articolo di martedì, il 21 gennaio ha segnato l’entrata in vigore delle misure straordinarie imposte da Janet Yellen. Le stesse che congeleranno le emissioni e bloccheranno lo stock agli attuali 36,2 trilioni di dollari. Non a caso, come primo atto il Presidente ha fissato uno stop totale di 90 giorni agli aiuti Usa verso Paesi esteri (ecco spiegato l’entusiasmo di Vladimir Putin verso il discorso inaugurale). Ma quando si raggiungerà l’accordo sul nuovo tetto, di colpo quei 36,2 trilioni diventeranno 38,2, stante il trend di 1 trilioni ogni 100 giorni.
La criticità che i movimenti dell’oro ci vuole sottolineare? Se davvero Donald Trump facesse ciò che ha promesso, ovvero spingere per un’eliminazione del debt ceiling, forse cadrebbe l’ultimo, colossale sipario sul palcoscenico globale dell’inflazione come politica strutturale e non come coincidenza o incidente del ciclo economico. Come mostra questo grafico e la sua spettrale correlazione fra returns garantiti agli investitori dell’oro e dei bond governativi e misti aggregati su indice.
Insomma, i Governi vi danno briciole per finanziare i loro debiti insostenibili. E anche le junk firms certo non vi rendono miliardari, nonostante il rischio potenziale di detenere la loro carta a fronte di un premio poco più alto della media. In contemporanea, il vero asset rifugio e scudo, quello con valore implicito ed esplicito, vola. Ricordatevene, quando in banca vi spacceranno come ennesima occasione imperdibile il nuovo Btp Più, quello che vi fa vedere l’ombra di una cedola degna di questo nome solo dopo i primi quattro anni e se rinnovate per altrettanti. E vi prendono anche per i fondelli con il plus della possibilità di riscattare l’intero capitale dopo i medesimi, primi 48 mesi…
Ora, il breve cenno su Wall Street, tanto per farvi capire quanto sia realmente credibile il cosiddetto mercato in qualità di termometro del gradimento verso l’Amministrazione Trump. Guardate questa immagine, questo scambio su X risalente a non più tardi di ieri, Una delle supercazzole che sta già girando sono i mitici 500 miliardi di investimento per il mega-progetto di sviluppo dell’AI denominato Stargate Project e lanciato da OpenAI e Softbank.
Guardate come Elon Musk risponde al tweet trionfale di OpenAI, la quale annunciava entusiasta il suo finanziamento pronta cassa da 100 miliardi per dare il via all’iniziativa: Non hanno realmente quel denaro. In un mondo normale, il Nasdaq avrebbe visto i futures letteralmente crollare. E l’intera comunità finanziaria chiedere a Elon Musk chiarimenti o dimissioni immediate dal Doge per turbativa di mercato e conflitto di interessi. Invece, zero. I media italici nemmeno l’hanno riportata. O notata. O capita? Quando si tratta del patron di Tesla, loro si occupano di saluti nazisti. Spaventati da cosa ci attende? Fate bene.
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