Il prezzo dei Bitcoin ieri è tornato ai massimi di sempre dopo un rialzo di oltre il 150% negli ultimi dodici mesi. Questo angolo dei mercati finanziari si fa sempre più spazio tra i portafogli dei principali gruppi finanziari e anche in quello degli investitori. L’elezione di Trump ha dato ulteriore spunto perché a differenza dell’Amministrazione Biden il nuovo Presidente e la sua squadra non hanno preconcetti nei confronti delle valute digitali. Tra i tanti modi con cui si può guardare al fenomeno vale la pena recuperare quello del neo segretario del Tesoro americano Scott Bessent. Fino a qualche settimana fa Bessent era un gestore di successo di fondi hedge avendo iniziato la propria carriera nella società fondata da George Soros.
Per il segretario del Tesoro americano i Bitcoin sono innanzitutto una protezione contro l’inflazione (“inflation hedge”); ciò che importa è che si sia creato un consenso sulla loro utilità come mezzo di scambio. Su questa scelta non si possono avere preclusioni. Nella primavera 2024 Bessent spiegava la propria posizione con un aneddoto: negli anni del crollo dell’Urss e dell’iperinflazione che ne era derivata anche le biciclette erano diventate una “protezione contro l’inflazione”. I Bitcoin per ora assolvono a questa funzione e possono essere assimilati, sempre riferendosi a Bessent, all’oro che invece, aggiungiamo noi, è l’investimento meno innovativo della storia.
Se scegliamo questo approccio per osservare il fenomeno dobbiamo concludere che, a torto o a ragione, in questo momento ci sia una grande domanda di protezione dall’inflazione. L’inflazione oggi è in discesa e rispetto ai picchi del 2022 e del 2023 anche in America siamo tornati a livelli non troppo distanti dalla media. L’indicazione quindi è sul futuro dei prezzi o sulle aspettative che in questo momento vengono condivise da una parte consistente del pubblico. Sappiamo che i conti pubblici americani sono fragili e che Janet Yellen, segretario del Tesoro dell’Amministrazione Biden, ha lavorato per abbassare la spesa per interessi accorciando la durata media del debito. E che il 17 gennaio dichiarava che il Governo avrebbe raggiunto i limiti di indebitamento in questi giorni e che avrebbe iniziato a mettere in atto misure straordinarie per evitare un possibile default.
Non è la prima volta che gli Stati Uniti si trovano in questa situazione. Più interessante la dichiarazione rilasciata da Bessnet nel corso dell’audizione di giovedì in cui precisava che non ci sarebbe stato un default durante la sua permanenza in carica come segretario del Tesoro. Inevitabile chiedersi perché occorra questa precisazione.
Lasciar correre l’inflazione, stampando moneta e svalutando, è uno dei modi in cui si può risolvere il problema del debito e degli interessi. L’esperienza del 2022 e del 2023 aiuta a chiarire come si distribuisce il costo di questa soluzione, quali siano le sue conseguenze politiche e anche, eventualmente, cosa sia utile o meno per provare a evitarlo in tutto o in parte. Questo può essere un modo per approcciare la questione premettendo che sulla scelta della “protezione” non ci sono preclusioni in entrata o in uscita.
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