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Home » Esteri » Medio Oriente » Tregua Israele-Hamas firmata ufficialmente a Doha/ Accordo ‘spacca’ Governo Netanyahu: cosa succede ora

  • Medio Oriente
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Tregua Israele-Hamas firmata ufficialmente a Doha/ Accordo ‘spacca’ Governo Netanyahu: cosa succede ora

Niccolò Magnani
Pubblicato 17 Gennaio 2025
Governo Netanyahu

Gabinetto di guerra Israele, Premier Netanyahu con il Ministro delle Finanze Smotrich (ANSA-EPA 2024)

Firmata a Doha tregua Israele-Hamas (ma slitterà di 24 ore il cessate il fuoco): l'accordo, il via libera di Netanyahu e il rischio della crisi di Governo

LA FIRMA UFFICIALE SULLA TREGUA TRA ISRAELE E HAMAS: QUANDO SCATTA E COSA PREVEDE

Ora è ufficiale per davvero, nella notte i negoziatori hanno firmato lo storico accordo sulla tregua fra Israele e Hamas con le prestabilite tre fasi già presenti nel piano Biden di maggio scorso: l’accelerazione delle ultime settimane (con la pressione del Presidente eletto Donald Trump sull’alleato Bibi Netanyahu) ha portato all’annuncio il 15 gennaio 2025 e ora la firma ufficiale a Doha nella notte tra il 16 e il 17 gennaio 2025, presenti tutti gli attori chiave dell’accordo. Israele e Hamas, ovviamente, ma anche Qatar e Stati Uniti: cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, rilascio degli ostaggi israeliani e parallela liberazione di svariati detenuti palestinesi.


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Dopo le frizioni e lo scontro avvenuto nella giornata di ieri, l’ufficio del Premier Netanyahu ha annunciato che l’accordo per liberare gli ostaggi israeliani è stato armato definitivamente, ordinando così la convocazione della riunione decisiva del Gabinetto di guerra. In mattinata il voto dove alcune novità in termini di politica interna di Israele potrebbero arrivare: ieri sera il Ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha preannunciato le sue dimissioni qualora si fosse arrivati alla firma della tregua, stesso iter per il collega delle Finanze – e leader della destra religiosa ebraica – Bezalel Smotrich. Il tema è chiaro: secondo parte della maggioranza Netanyahu, l’accordo Israele-Hamas favorirebbe troppo la sigla terroristica palestinese, con richiesta formale che dopo la prima fase della tregua vengono ripresi i combattimenti contro la stessa Hamas.


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Nella prima fase della tregua è prevista la liberazione di 33 ostaggi israeliani, tra cui anche 5 soldatesse: in cambio, Hamas ottiene 250 prigionieri palestinesi con un rapporto di 1 a 50 per le donne e di 1 a 30 per gli ostaggi uomini. Il ritiro dell’Idf dalla Striscia di Gaza durerebbe 42 giorni, poi si passerebbe alla seconda fase dell’accordo: qui dovrebbe esaurirsi il rilascio di tutti gli altri ostaggi in mano ad Hamas, con ulteriore liberazione dei prigionieri di guerra palestinesi e il ritiro completo dell’esercito Idf da Gaza. Nella terza fase, quella più delicata e ancora da negoziare nel dettaglio, si dovrà ragionare sul piano di ricostruzione della Striscia e soprattutto su chi sarà chiamato e governare al suo interno onde evitare di ripiombare nella guerra sanguinosa Israele-Hamas. Qatar, Egitto e Stati Uniti dovranno monitorare le tre fasi della guerra consentendo l’invio di aiuti umanitari ONU all’interno della Striscia, così come la permanenza delle forze militari israeliani solo all’interno del Corridoio Filadelfia


Putin: “Dombass sarà nostro, coi negoziati o con le armi”/ Trump accelera sulla pace: oggi round USA-Ucraina


OGGI IL VOTO FINALE DEL GOVERNO NETANYAHU: BEN GVIR VERSO DIMISSIONI, SU SMOTRICH…

Secondo alcune voti non confermate, ma riportate dai canali Channel 12 News e Walla News in Israele, Ben Gvir sarebbe deciso sulle dimissioni, mentre con Smotrich vi sarebbero margini per un accordo in extremis dopo la firma della tregua fra Israele e Hamas e dopo il via libera del Governo Netanyahu in blocco. Ieri il capo dell’opposizione Lapid ha annunciato che fornirà un “cordone di emergenza” al Premier per la tenuta in Parlamento durante le fasi decisive dell’accordo da siglare, in modo da non temere il peso di eventuali dimissioni della destra israeliana.

Al netto delle schermaglie delle ultime ore che porteranno come risultato lo slittamento a lunedì 20 gennaio l’inizio ufficiale della tregua nella Striscia di Gaza, secondo le fonti dei media l’accordo tra Netanyahu e il ministro Smotrich vedrebbe la possibilità di un ritorno ai combattimenti dell’Idf dopo la fine della prima fase della tregua: di contro invece, l’annuncio di Netanyahu sul via libera alla firma di Doha sottolinea che lo sblocco decisivo è arrivato con l’identificazione esatta dei profili palestinesi a liberare in cambio degli ostaggi israeliani, in mano ad Hamas dal 7 ottobre 2023.

Secondo quanto stabilito dal programma di Governo, dopo il voto del Gabinetto vi saranno 48 ore per presentare petizioni davanti alla Corte Suprema contro i rilasci dei palestinesi, il cui elenco sarà fornito appena dopo il via libera del voto di Governo: si tratta di una questione formale dato che la Corte avrebbe già stabilito che non interverrà sui rilasci, permettendo così la liberazione dei primi 3 ostaggi appena scatta la tregua tra domenica e lunedì. Gli Usa (con Trump in testa, che vuole presentarsi all’insediamento del 20 gennaio alla Casa Bianca con l’accordo di tregua attivo) spingono per una via libera senza intoppi, ma l’uscita eventuale dei 7 deputati in dote alla destra israeliana porrebbe il Governo Netanyahu sull’orlo della cattura. Ad oggi si mantiene con 68 seggi su 120 totali della Knesset, senza appunto Smotrich e Ben Gvir il rischio crisi sarebbe immediato.

Tags: Benjamin NetanyahuDonald Trump

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