BORSA & SPREAD/ Le 10 prove che smascherano gli “altarini” dei mercati

- Mauro Bottarelli

La notizia del ritorno di Berlusconi e delle dimissioni di Monti sembra aver portato scompiglio sui mercati. Secondo MAURO BOTTARELLI, c’è però qualcosa che non torna

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L’età gioca brutti scherzi, cari lettori. Pensate che ancora fino a domenica scorsa io ero convinto che la legislatura sarebbe terminata naturalmente nel marzo prossimo e poi si sarebbe andati al voto. Mica mi ero accorto che, con la sua ennesima discesa in campo, Silvio Berlusconi avesse interrotto un esercizio di governo destinato a concludersi alla fine del 2016. L’ho capito ieri guardando i dati dello spread sul decennale a 360 punti base e i tonfi del comparto bancario in Borsa, spiegabili soltanto dalla prematura scomparsa di un governo con davanti ancora tanto da fare, tanto tempo e una maggioranza bulgara per farlo, non certo per l’addio con tre mesi di anticipo di un esecutivo meramente tecnico, emergenziale e a tempo e con le elezioni previste per marzo 2013 che ora, con tutta probabilità, verranno anticipate – pensate, pensate – al 10 febbraio.

Non me lo spiegavo, non mi spiegavo come i mercati potessero essere interessati da un “pre” ampiamente scontato, ovvero contrattualizzato già all’atto di nascita del governo Monti, e non piuttosto dal “post” elezioni, la vera sfida per questo Paese. Forse, direte voi, da qui a marzo il governo avrebbe potuto fare chissà quali straordinarie riforme e i mercati sono delusi? Da qui a marzo? Con le vacanze natalizie in mezzo, la riforma elettorale andata in cantina e il Pd che scalpita per votare domani per sfruttare l’onda lunga delle primarie, a vostro giudizio si sarebbe potuto fare qualcosa? Certo, un altro paio di fiducie sarebbero riuscite a piazzarle, magari sulla delega fiscale facendo qualche altro danno accessorio al Paese e alle sue imprese ma non molto, niente comunque da giustificare 30 punti base di spread in una mattina. A mio modesto modo di vedere, almeno. Uso l’ironia perché se non ci fosse da piangere, di questa telenovela parlamentare ci sarebbe davvero da ridere. E tanto, di gusto.

Ora provo a mettere in fila qualche ragionamento, tanto per farvi capire che – nonostante quanto dicano tutti i media del mondo – del ritorno in campo di Berlusconi ai mercati non frega un fico secco. E non lo faccio perché abbia debiti di riconoscenza verso il Cavaliere – a parte per le quattro Coppe Campioni che mi ha fatto vincere e la gioia di aver visto giocare Marco Van Basten -, ma perché, come diceva Orwell, «nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario». E quello che stiamo vivendo è un enorme inganno. Partiamo. Sui giornali di ieri, prima che le facili previsioni degli anti-berlusconiani militanti si avverassero, campeggiava la frase del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Vediamo i mercati alla riapertura». Cosaaa?? Ebbene sì, cari lettori, il nostro capo dello Stato, tra l’altro un ex comunista migliorista, ammette di farsi guidare dai mercati nella sua azione politica. Ne prendiamo atto, le consultazioni si terranno nel quartier generale di Goldman Sachs e il giuramento del prossimo governo in quella di Morgan Stanley (Merrill Lynch punta a ospitare le Commissioni bilancio e finanze).

Secondo, «i dubbi sull’instabilità politica di paesi come l’Italia hanno un contagio immediato sulla Spagna». A contendersi il premio idiozia dell’anno con questa perla è stato ieri mattina il ministro dell’Economia spagnolo, Luis de Guindos,alla radio Rne, commentando l’annuncio delle dimissioni di Monti. «Quando sorgono dubbi sulla stabilità di un Paese vicino come l’Italia, a sua volta percepito come vulnerabile, ci contagiano subito», ha concluso, tronfio per l’idiozia che era riuscito a pronunciare, senza nemmeno impappinarsi. Ripeto, ma secondo voi i mercati si agitano perché Monti si dimette due mesi prima di quanto si sapeva essere la scadenza naturale da oltre un anno? O perché l’Italia andrà con ogni probabilità al voto un mese prima? Siamo noi a contagiare la Spagna, non la Spagna che rischia di impestare mezza Europa, visto che al netto dei 37 miliardi già sborsati dall’Ue per mantenere in vita le sue banche-zombie, l’anno prossimo il signor de Guindos dovrà emettere 124 miliardi di euro di titoli di Stato, record assoluto di ammontare e senza di fatto potenziali compratori interni sul mercato, visto che le banche spagnole non penso avranno molta liquidità per comprare Bonos. Siamo al delirio.

Terzo, il direttore del Fondo salva-Stati europeo, l’Efsf, Klaus Regling, in un’intervista alla Sueddeutsche Zeitung ha affermato di «temere per l’instabilità dell’Italia». Io temo per quella dell’Efsf, vedi tu, visto che non solo ha già perso la tripla A di rating, ma è ormai un veicolo spompato, in attesa di trasformarsi in quell’ibrido a gestione crucco-finnica che è l’Esm, di fatto un hedge fund sussidiato dagli stati e sottocapitalizzato. Per carità, stia zitto.

Quarto, «in Europa abbiamo bisogno di un’Italia forte e stabile e Monti ha dato un contributo eccezionale al dialogo europeo», ha dichiarato il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, in una intervista a Sky Tg24, parlando della situazione italiana a poche ore da quella pagliacciata della consegna del Nobel per la Pace alla Ue a Oslo. Barroso sa forse qualcosa che noi non sappiamo? È già certo di instabilità totale e mette le mani avanti, facendo anche lui la crocetta sul nome di Mario Monti? Da una persona che guida l’organismo più inutile, incapace di affrontare problemi e burocratico del mondo, ottimo solo nell’organizzare un eurogruppo dopo l’altro per tamponare di volta in volta nuovi fallimenti, io non mi sento di prendere lezioni, in tutta onestà.

Quinto, «non ci aspettiamo alcuna destabilizzazione nell’eurozona. Ci aspettiamo che l’Italia andrà avanti nel rispetto dei suoi impegni europei», ha dichiarato la portavoce del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble. Ancora con questa storia dei compiti a casa. Vogliamo capirla che se siamo diventati servi dello spread è grazie alla decisione presa nel luglio 2011 da Deutsche Bank di vendere 8 miliardi di debito italiano in un solo botto, avendo cura di avvisare i mercati en plein air del fatto che contestualmente stava comprando cds sul nostro debito? Così facendo non solo ha distrutto il concetto stesso di investimento risk-free per l’obbligazionario europeo, ma ha spalancato le porte alla cavalcata dei differenziali, a tutto vantaggio di Schauble e dei conti che deve vigilare, e lastricato l’ingresso di Mario Monti prima al Senato e poi a Palazzo Chigi. Il tutto, come vi ho già detto la scorsa settimana, nascondendo perdite sui derivati dai bilanci, come hanno confessato tre ex dipendenti alla Sec statunitense. E io dovrei prendere lezioni da gente simile che mi chiedi impegni?

Sesto, la barzelletta. «Concordo che in passato i Governi di centrosinistra hanno offerto un’immagine di divisioni, come nell’ultimo Governo Prodi. Ma all’epoca c’erano 12 partiti diversi e non c’era ancora il Pd. Oggi le cose sono diverse. Il nostro partito è la maggiore forza politica italiana e ha la sua identità». Così Pierluigi Bersani, in un’intervista nientemeno che al Wall Street Journal, ha assicurato che la sua coalizione è molto diversa da quella che portò in passato Romano Prodi a Palazzo Chigi. È vero, ci credo. Voglio dare credito al futuro premier che lascerà i partner europei a bocca aperta quando li ragguaglierà sui destini del passerotto nella mano e del tacchino sul tetto, però come San Tommaso gli chiedo un piccola prova al riguardo, piccola piccola. Non arrivo a chiedere che nel simposio che prefiguro sia inserito anche Nichi Vendola, non sono così cattivo, ma vorrei in uno studio televisivo insieme Enrico Letta, Stefano Fassina e Francesco Boccia, tutti i tre esponenti Pd e tutti e tre che si occupano di economia e vorrei che l’intervistatore – lo scelga lei, Bersani, anche Topo Gigio – ponesse a tutti e tre le stesse domande su esodati, riforma pensioni, Marchionne, Ilva, politica economica del governo Monti, attivismo della Cdp, banche, restrizioni del credito alle imprese e famiglie. Se le loro risposte saranno sovrapponibili, crederò a quanto ha dichiarato al Wall Street Journal e la voterò. La sfido, segretario.

Settimo, non vi pare un pochino strano che sabato Goldman Sachs si sia sentita in dovere di emettere un report solo per i traders in cui di fatto si rimangiava le prospettive sull’Italia e apriva le porte dell’inferno per la dipartita politica di Mario Monti (ripeto, la cui data è stata anticipata di due mesi rispetto alla scadenza che tutti conoscevano da un anno)? Ottavo, dalle prestigiose pagine de Il Sole 24 Ore di domenica, ho scoperto che i primi balzi anti-berlusconiani dello spread registrati sul finire della scorsa settimana sono stati dovuti a vendite da parte di detentori di debito nazionali. Chi, quindi? Un consorzio di idraulici che aveva aderito al Btp-day? Qualche casalinga spaventata dal duce di Arcore che ritorna? No, le banche. Le stesse che hanno ottenuto dalla Bce un valangata di liquidità all’1% di interesse solo per comprare il nostro debito e abbassare artificialmente lo spread (così Monti faceva bella figura), contestualmente guadagnandoci almeno il 3,5-4% sul carry trade tra differenziale che pagavano come interesse per il cash e quanto incassavano dai titoli di Stato che acquistavano. Complimenti, abbiamo scoperto che le banche tifano Monti. Beh, un po’ lo sapevamo, soprattutto Monte dei Paschi, però così è un po’ troppo sfrontatello, non vi pare amici banchieri con i soldi degli altri?

Nove, come mi faceva notare ieri mattina il mio sempre arguto amico e collega Paolo Rebuffo di RischioCalcolato, c’è un motivo per cui i titoli bancari ieri hanno segnato ribassi da incubo e non c’è da stare poi troppo tranquilli sullo stato di salute di alcuni nostri istituti. Se infatti i telegiornali di ieri hanno concentrato tutto il loro sdegno anti-berlusconiano sulla scadenza a 10 anni, le banche hanno le gambe che ballano lo shake per la scadenza a 2 anni, ovvero la più abusata entro lo schema di finanziamento a breve termine delle aste Ltro della Bce. Cito Rebuffo: «Mentre un normale investitore compra i titoli di Stato come investimento con i soldi che ha, le banche invece comprano titoli di stato come speculazione con soldi che NON hanno, cioè a leva, cioè prestati dalla banca centrale, nella speranza di lucrare sulla differenza di tasso. Quindi cosa succede? Facciamo una ipotesi molto conservativa. Supponiamo che una banca abbia in portafoglio titoli di Stato a un prezzo di 100, ma per una quantità di 4 volte il patrimonio di vigilanza (ipotesi molto conservativa). Titoli comprati con soldi presi a prestito. Ebbene se quei titoli dovessero andare a 95 (-5%) di prezzo, la perdita per la banca sarebbe di 20 (-20%) se rapportata al suo patrimonio di vigilanza». Sono soldi vostri, cari amici, risparmi che le banche usano come leva per comprare debito, abbassare artificialmente lo spread e far fare un figurone al loro amico Mario Monti, il quale si sdebita non rompendo loro le scatole affinché finanzino famiglie ed economia reale e anzi tamponando disastri come quelli senesi con bond ad hoc. Siamo alla versione politica dello schema Ponzi. E sul biennale, siamo ormai in area 2,4%, ieri si prezzava un +20% rispetto alla chiusura di venerdì. Paura! Altro che Berlusconi, qui si teme che l’inganno Bce-governi-banche faccia saltare il banco, esattamente come accadde con Lehman Brothers ma in salsa obbligazionaria sovrana.

Decimo e ultimo punto del mio personale decalogo di sopravvivenza alla retorica pro-Monti e anti-Berlusconi che ci dovremo sorbire da qui al prossimo golpe, ops scusate, incarico al professore della Bocconi. Direttamente dall’Istat, non dal sottoscritto. Produzione industriale italiana in forte calo ad ottobre, quando è scesa dell’1,1% congiunturale (indice destagionalizzato a 81,8) e dello 0,3% tendenziale (indice grezzo a 91,2). Secondo l’Istat, corretto per gli effetti di calendario, l’indice è diminuito del 6,2% in termini tendenziali (i giorni lavorativi sono stati 23 contro i 21 di ottobre 2011), mentre nella media dei primi dieci mesi dell’anno, la produzione è diminuita del 6,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La flessione registrata dell’Istituto nazionale di statistica riguarda quasi tutti i raggruppamenti principali di industrie: la diminuzione più marcata riguarda i beni intermedi (-8,0%), ma cali significativi si registrano anche per i beni strumentali (-5,8%), i beni di consumo (-5,5%) e l’energia (-4,4%). Tra quelle che hanno registrato la maggiore frenata la produzione industriale di autoveicoli, che a ottobre segna una flessione tendenziale del 26,8%, mentre nel complesso dei primi dieci mesi il calo è stato del 20,1%. E sempre l’Istat ha diffuso anche gli ultimi dati relativi al Pil che nel terzo trimestre del 2012 risulta in diminuzione dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% nei confronti del terzo trimestre del 2011. Fossi un investitore, sarei più preoccupato di questi miracoli del governo Monti che dal ritorno di Silvio Berlusconi…

 

P.S. Scusate, un’ultima cosa. Non vi pare una reazione un po’ strana quella dei mercati? Fanno il diavolo a quattro per delle dimissioni anticipate di due mesi rispetto alla scadenza già prefissata da un anno e non prezzano, in positivo, il riuscito buyback del debito greco? Cioè, l’abbattimento di 20 miliardi dello stock ellenico, il problema di tutti problemi a loro dire, non è in grado di influenzare positivamente il sentiment degli investitori e viene travolto dal ritorno in campo del Cavaliere? Forse, ancora una volta, i giornali non vi hanno detto proprio la verità fino in fondo anche sul buyback greco, completato venerdì. Atene, infatti, non ha ottenuto i 30 miliardi di buyback sui cui contava, ma, dati che arrivano dal quotidiano ellenico Kathimerini, solo 25-26, con gli hedge funds principali contributori alla farsa (circa 16 miliardi), grazie ai ritorni da 100-200% ottenuti dall’operazione, avendo comprato quel debito a 10 cents sull’euro e rivenduto come minimo a 38 cents su certe scadenze. Meno felici di lanciarsi nel buyback, le banche greche (meno di 10 miliardi), vere casseforti di carta igienica di Stato, acquistata con soldi europei del programma di emergenza della Bce, l’Ela. Ecco come mai, rispetto a quanto detto dal Tesoro greco al lancio del buyback, le operazioni di riacquisto sono state operative anche ieri e hanno come nuova deadline dopodomani, 13 dicembre. Altro che buyback completato! Bugie e mezze verità, ecco come si governa il caos.





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