ALITALIA/ La “stangata” in arrivo per dipendenti e cittadini

- int. Riccardo Gallo

Nessuno, spiega RICCARDO GALLO, prima di varare un nuovo piano si è mai degnato di analizzare le ragioni del fallimento di quello precedente; tutto ciò è avvenuto su pressione dello Stato

Alitalia_phixr Infophoto

La recente ricapitalizzazione non ha, evidentemente, scongiurato il compiersi dei più foschi scenari. Alitalia si appresta a varare l’ennesimo piano. In pratica, si tratta di una nuova dose di tagli massicci. L’operazione, chiamata Stand Alone è stata studiata dall’amministratore delegato della Compagnia, Gabriele Del Torchio e prevede, tra le altre cose, la messa in cassa integrazione di 1.100 dipendenti, il licenziamento di circa altrettanti lavoratori con contratto a termine, e il taglio del 20% dello stipendio per tutti gli altri, salvo quelli che hanno un reddito inferiore ai 40mila euro annui. La ristrutturazione varrebbe, complessivamente, 100 milioni di euro. L’ipotesi sarebbe superata da un’eventuale acquisizione da parte di Air France che, tuttavia, pare intenzionata a procedere nella direzione opposta, riducendo la sua quota dal 12% al 6%. Pare che non ci sia via d’uscita. Riccardo Gallo, Professore di Economia Applicata presso la Facoltà di Ingegneria della Sapienza di Roma, ci spiega perché.

Alitalia sta per varare l’ennesimo piano. Cosa ne pensa?

Va fatto presente che, negli ultimi 12 anni, sono stati elaborati almeno una decina di piani, uno ogni volta che bisognava ricapitalizzare la compagnia. Ebbene, ogni volta che ci si accingeva a impostarne uno nuovo, il governo o i soci non hanno mai chiesto che fine avesse fatto quello precedente. Ciò significa che nessuno ha mai appurato le ragioni per le quali i capitali via via stanziati sono andati persi. Tale modo di procedere è da ritenersi estremamente grave e dannoso, ed è alla base di tutti i guai della compagnia.

Tutto ciò vale anche per il piano attuale?

Qualunque piano altro non è che una beffa colossale, una foglia di fico per bruciare ulteriori ingenti capitali, a discapito di azionisti, creditori e dei cittadini clienti delle banche azioniste di Alitalia.

Per quale ragione la compagnia dovrebbe adottare questa strategia fallimentare?

I governi, di qualunque colore, hanno sempre fatto pressioni su Alitalia affinché non chiudesse le rotte nazionali in perdita e non sviluppasse rotte profittevoli all’estero. Quando poi l’assenza di scelte rigorose e strategie profittevoli hanno generato perdite, è sempre intervenuto lo Stato, su richiesta di presidenti del Consiglio, ministri, presidenti di Regione e via dicendo. In questo ultimo caso, è intervenuto attraverso Poste italiane e, di nuovo, Banca Intesa.

Senza la pressione dello Stato, come si sarebbe comportata Alitalia?

Se la compagnia avesse avuto realmente le mani libere, avrebbe spostato il proprio business altrove. D’altro canto, le uniche aziende italiane che sopravvivono sono proprio quelle che si sono internazionalizzate, oltrepassando la ridotta dimensione domestica. Questo non può avvenire, ovviamente, perché Alitalia, di fatto, non è mai stata privatizzata; di certo, non è privata nei comportamenti. Segue, infatti, logiche pubbliche perverse. Di conseguenza, il nuovo piano è un infingimento volto esclusivamente a ripianare le perdite.

 

Come si comporterà Air France?

Air France accetta esclusivamente logiche private. Perché dovrebbe mantenere la propria quota in una società in cui è già chiaro che i capitali saranno perduti?

 

Giunti a questo punto, cosa si deve fare?

È necessario far sottoscrivere il capitale esclusivamente a privati veri, magari esteri. La maggioranza di controllo deve andare a imprenditori privati seri, anche se extraeuropei. Farebbero indubbiamente fruttare meglio i loro soldi; meglio di quanto, finora, hanno fatto i privati italiani. Tutti i capitali pubblici, inoltre, devono abbandonare l’azienda. A partire da Banca Intesa.

 

Perché proprio da Banca Intesa?

Perché il presidente del Consiglio di gestione Gros-Pietro ha dichiarato che la nuova ricapitalizzazione rappresenta soltanto un’operazione ponte e che è l’ultima volta che ciò accade: ebbene, dal 2005, l’istituto continua dissennatamente a bruciare i soldi dei correntisti italiani. 

 

(Paolo Nessi)





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