IMU E IVA/ Arrigo: c’è un “tesoretto” da 8 miliardi per tagliare le tasse

- int. Ugo Arrigo

Di fronte a una crisi che mette sempre più in difficoltà le famiglie, è indispensabile tagliare le tasse. UGO ARRIGO spiega come il governo, a corto di risorse, può farlo

Letta_SaccomanniR439 Letta e Saccomanni (Infophoto)

Il governo italiano si appresta a giocare la sua partita più importante a Bruxelles, ma deve sbrigarsi. La crisi economica, lungi dall’essere superata, continua a stravolgere le abitudini di vita delle famiglie, il cui potere d’acquisto, secondo quanto rilevato dall’Istat, è diminuito nel 2012 del 4,8%. Una caduta di intensità eccezionale, fa sapere l’istituto di statistica, che giunge dopo un quadriennio caratterizzato da un continuo declino: “A questo andamento hanno contribuito soprattutto la forte riduzione del reddito da attività imprenditoriale e l’inasprimento del prelievo fiscale”, si legge nel comunicato. E il governo parrebbe avere l’intenzione di dare un taglio alle tasse, anche se sembrano non esserci le risorse per una manovra di questo genere. Dall’Europa, però, potrebbe arrivare una boccata d’ossigeno: uscire dalla procedura di infrazione, infatti, permetterebbe all’Italia di allentare alcuni vincoli del Patto di stabilità interno per il cofinanziamento nazionale dei fondi europei nel periodo 2013-2015 pari a 12 miliardi. Ad annunciarlo è il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. Queste risorse, fanno sapere invece dal ministero per la Coesione territoriale, guidato da Carlo Trigilia, devono però essere spese entro il 31 dicembre 2015, altrimenti potrebbero andar perse. Restano però ancora circa 31 miliardi da spendere e il tempo è ormai strettissimo. Queste risorse potranno servire ad allentare la morsa fiscale che pesa sugli italiani? Cerchiamo di capirlo insieme a Ugo Arrigo, professore di Finanza pubblica presso l’Università Bicocca di Milano.

Professore, cosa può dirci innanzitutto di questi fondi regionali europei?

Queste risorse, una volta distribuite e assegnate agli aventi diritto, devono essere utilizzate entro la data indicata dal ministero per la Coesione territoriale, vale a dire entro il 31 dicembre 2015. Uno dei primi aspetti che emerge, a mio giudizio piuttosto sconcertante, è che si tratta di fondi già da tempo disponibili, eppure l’Italia non è mai stata in grado di utilizzarli appieno. Mi sembra assurdo che, anche in periodo di piena recessione, abbiamo evitato di metter mano a questi fondi pur avendoli a disposizione. Questo la dice lunga sulla velocità delle macchine regionali o dello Stato italiano.

Trigilia ha confermato che ci sono ancora 31 miliardi di euro da spendere…

Lo stanziamento complessivo iniziale è stato di 49,5 miliardi, eppure fino a tutto il 2011 ne era stato utilizzato al massimo il 10-11%, non di più. Bisogna adesso capire dove e in che modo queste risorse potranno rendersi effettivamente utili.

Dove crede verranno indirizzate maggiormente?

Tra le finalità dei fondi europei c’è sicuramente lo sviluppo infrastrutturale, quindi diverse opere pubbliche potrebbero essere finanziate con questi soldi e non con quelli provenienti dalle nostre casse. Però, al contrario di quanto si possa immaginare, non incideranno particolarmente sul fronte del bilancio pubblico nazionale.

Quindi, in poche parole, lo Stato non può utilizzare queste risorse per abbassare le tasse?

Credo proprio di no, anche perché questi fondi sono legati sempre a programmi specifici, proprio come le opere pubbliche, e sono vincolati al settore di destinazione e ad alcune regioni in particolare, visto che non tutte possono concorrere ai programmi previsti.

Allora con quali risorse il governo potrà intervenire per diminuire la pressione fiscale?

E’ una domanda molto complessa, ma bisogna innanzitutto chiarire che i vari alleggerimenti di imposte previsti per i prossimi mesi farebbero venir meno un gettito che in realtà è totalmente teorico. Non è assolutamente detto, infatti, che mantenendo le tasse come sono adesso, lo Stato possa incamerare più soldi. L’anno scorso, per esempio, quando sono state aumentate tutta una serie di imposte, abbiamo visto che non è arrivato quel gettito che ci si aspettava. Fatta ovviamente eccezione per l’Imu che, andando a toccare direttamente la prima casa, fa inevitabilmente entrare più soldi.

 

Si riferisce anche all’Iva, che a luglio aumenterà dal 21% al 22%?

L’esempio dell’Iva è lampante: che senso ha aumentare di un altro punto l’aliquota quando il precedente aumento aveva già contribuito a un evidente crollo dei consumi? Le cifre che sono state indicate nel bilancio come frutto dell’aumento dell’Iva dal 21% al 22% sono assolutamente irrealistiche, ancora più fasulle di quelle che erano state precedentemente indicate con l’aumento dal 20% al 21%, che infatti non si sono affatto verificate.

 

Dove trovare allora le risorse necessarie?

Un piccolo margine ci sarebbe. Di fatto abbiamo indicato per l’anno corrente un disavanzo del 2,9% di cui lo 0,5% per il famoso pagamento dei debiti pregressi della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. In sostanza, mezzo punto percentuale di Pil lo useremmo per pagare qualcosa che è già stato acquistato in passato. La mia proposta è quindi quella di fare una rettifica nel bilancio pubblico e di ricollocare questa spesa negli anni in cui è stata fatta. Questo farebbe aumentare il disavanzo degli anni scorsi, ma farebbe anche abbassare quello ipotetico del 2013.

 

Con quali conseguenze?

Potremmo utilizzare per nuove finalità quel mezzo punto che oggi stiamo invece impiegando per pagare vecchi debiti. Ricordo inoltre che mezzo punto equivale a 8 miliardi di euro, quindi una cifra comunque rilevante che potrebbe essere utilizzata per coprire gli alleggerimenti fiscali, le cui entrate, come dicevamo, sono di fatto irrilevanti.

 

Quale crede sarà però la prossima mossa del governo? Dobbiamo aspettarci iniziative di questo tipo o tutto resterà uguale?

 Questa è un’altra domanda cruciale, perché se il governo si rivelerà timido e incapace di cambiare le carte in tavola non sarà in grado di effettuare alcun cambiamento. Come ho recentemente scritto sul blog “Chicago-blog.it”, un rigore fiscale solo apparente, imposto per rendere più sostenibili gli alti debiti pubblici di alcuni paesi, finisce in realtà con l’accelerare la crescita del rapporto debito/Pil e dunque li rende meno sostenibili. Si dovrebbe allora più correttamente parlare di ottusità fiscale, anziché di rigore fiscale. Per risultare decisivo, è necessario che il governo convinca l’Unione europea che le politiche attuate finora, legate soprattutto all’aumento della pressione fiscale, si sono dimostrate del tutto inefficaci perché non hanno garantito alcun gettito aggiuntivo. In caso contrario la situazione non potrà che peggiorare.

 

(Claudio Perlini)







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