SPY FINANZA/ La “follia” che spinge al rialzo le borse

- Mauro Bottarelli

Dopo un avvio che lasciava predire una giornata nera, le borse ieri hanno cominciato a salire, grazie ad alcune agenzie di stampa. MAURO BOTTARELLI ci spiega quali

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Ci siamo, l’enorme piano centralizzato meglio conosciuto come mercato ieri ha svelato la sua vera natura, senza più vergogna: sintomo, sia chiaro, non di forza ma di disperazione. Nelle prime contrattazioni, infatti, lo spread era schizzato oltre i 180 punti base, cartina di tornasole di continua tensione sul debito periferico, nonostante le ossessive rassicurazioni politiche. Anche i futures a Wall Street cominciavano deboli e tutto faceva propendere per un’altra giornata da incubo sui mercati: poi, invece, la magia. Un portavoce della Bce ha infatti smentito le voci, riportate dall’agenzia Reuters, secondo le quali Francoforte, dopo aver avviato l’annunciato programma di acquisto di obbligazioni garantite da mutui, starebbe valutando anche l’acquisto diretto di titoli di debito delle aziende sul mercato secondario. Boom! «Le pressioni in questa direzione sono forti», ha dichiarato alla Reuters una fonte ben informata, a detta della quale i dettagli da definire sono ancora molti ma la Bce intenderebbe prendere una decisione in materia già a dicembre con l’obiettivo di far partire gli acquisti entro il primo trimestre dell’anno prossimo. Tuttavia, «il consiglio direttivo non ha preso una decisione del genere», ha affermato il portavoce dell’Eurotower.

Poco male, a volte una smentita vale quanto una conferma. E via, in quattro ore dai minimi di giornata gli E-mini futures guadagnavano 30 punti base secchi e oltre 100 dal livello segnato martedì scorso, le Borse partivano a cannone e il mondo era di colpo una posto migliore: il servizio di salvataggio congiunto Bce-Reuters aveva funzionato. Nonostante la smentita della Bce, infatti, l’euro restava sui minimi di seduta a 1,2760 dollari, mentre il costo di finanziamento dei titoli tedeschi a 10 anni era salito fino allo 0,88% dallo 0,825%: il rendimento del decennale italiano si attestava, invece, al 2,53% con lo spread con il Bund sceso a 165 punti base. Il tutto, guarda un po’, mentre proseguiva il collocamento del nuovo Btp Italia a ottobre 2020 per gli investitori retail: nella prima giornata il bond ha ricevuto richieste per 2,955 miliardi di euro, mentre ieri mattina le domande avevano superato quota 500 milioni di euro.

Per il dipartimento reddito fisso di Unicredit, «potrebbe volerci un po’ di tempo perché gli spread periferici tornino sui livelli della scorsa settimana», ovvero intorno ai 145 punti base per il differenziale dei Btp e 120 punti per quello dei Bonos, ricordando che lunedì il mercato bond della periferia è rimasto sotto pressione e ha registrato l’allargamento degli spread di Italia e Spagna, rispettivamente fino a 174 punti base e 141 punti base: «In giornata, il sentiment misto e i guadagni dei Treasury dovrebbero andare a sostegno dei Bund». Già, come mai lunedì i debiti periferici erano entrati in sofferenza? E qui c’è la risposta a tutta la pantomima che stiamo vivendo: la stessa Bce, infatti, due giorni fa ha varato il famoso piano di acquisto di covered bond e ufficializzato che quello per l’acquisto di cartolarizzazioni, Abs, prenderà il via entro la fine dell’anno. Ma all’interno del direttivo di Francoforte si starebbe affermando la convinzione che tali misure non siano sufficienti per sostenere l’economia dell’eurozona: «Nella visione di molti membri del Consiglio direttivo, il quadro economico ha recentemente preso una piega negativa», ha osservato una delle fonti, sempre citate dall’ineffabile Reuters. Bontà loro, se ne sono accorti, anche se è tardi.

Ma c’è anche dell’altro, plasticamente dimostrato dai due grafici a fondo pagina: primo, il livello di debito ottenuto in Europa e nell’eurozona direttamente dal mercato obbligazionario è molto basso rispetto agli Usa e, soprattutto, il peso degli Abs nel mercato degli assets eligibili all’interno dell’eurozona è solo del 5% del totale, quindi intervenire su quella asset class equivale a un brodino, nemmeno troppo caldo. Perché quindi è bastata una smentita della Bce? Semplice, perché di fatto mettendo sul piatto anche solo la possibilità teorica di acquisto di debito corporate, la Bce ha compiuto di fatto un passo ancora più estremo di quello compiuto dalla Fed, la quale infatti è intervenuta sì con il badile, ma solo verso securities pubbliche: l’Eurotower è di fatto pronta a influenzare direttamente il prezzo di assets privati.

Un qualcosa che in un mondo completamente in bolla e senza più capacità di dare un prezzo reale a nulla potrebbe aver acceso nella testa degli investitori un’idea meravigliosa per far soldi e per ripulire i bilanci: la nascita del concetto di mark-to-Draghi al posto del classico mark-to-market, ovvero è Francoforte a decidere del tutto sulle sorti del mercato e quindi è anche pronta a monetizzare equities. Per racchiudere l’intero concetto in un solo acronimo, il Qe tanto atteso, visto che quando attorno alle 14 il rivale numero uno delle Reuters, ovvero il Financial Times, ha utilizzato Bloomberg per smentire decisamente l’ipotesi dell’acquisto di bond corporate, citando proprie fonti, il mercato ha sì un pochino ritracciato (ma quasi solo per obbligo di tenere in considerazione le opinioni di tutti, anche quella autorevole del quotidiano della City), salvo poi però accelerare. In un mercato normale, una flash d’agenzia del genere avrebbe fatto evaporare tutti i guadagni della giornata e schiantato i futures di Wall Street in una questione di secondi, ma questo è il mercato pianificato delle banche centrali, cari amici e lettori.

Ora, però, restano due incognite: la prima, come reagirà la Germania all’esperimento pavloviano della Reuters, ovvero al fatto che il mercato abbia risposto euforicamente all’idea di sempre maggior stimolo, facendo salire il rendimento del Bund? Non è questione da poco, soprattutto per la Bundesbank. E poi, tanto per ripetere quanto accaduto negli ultimi giorni, vediamo cosa si è mosso sottotraccia: Williams e Bullard della Fed hanno di fatto annunciato il Qe4 della Banca centrale Usa, come ci dimostra la reazione degli indici Usa (riportati nel terzo grafico) alle loro dichiarazioni pro o contro al riguardo, la Cina ha di fatto dato vita a uno “stimolo mirato”, l’ennesimo come vi dicevo poco tempo fa e a cui ne seguiranno altri due entro fine anno, da 30 miliardi di dollari, i giapponesi stanno già lavorando a un ribilancimanto azionario del 25% dei fondi pensione e ora la Bce ha annunciato – di fatto, pur smentendolo – un programma di acquisto obbligazionario corporate che potrebbe spalancare le porte al programma di stimolo in senso stretto.

 

Ecco, quindi, la seconda incognita: nessuno degli attori sul palcoscenico è un attore di mercato, sono tutte banche centrali che esondano – quando non dimenticano del tutto – il loro mandato di guardiani della stabilità monetaria e anzi dirigono il traffico delle bolle che loro stesse hanno creato e che spingono indici e rendimenti, ovvero prezzi, nella direzione che preferiscono ma non in quella della realtà economica. Per quanto le vere forze di mercato, ammesso che ancora ne esistano, potranno quindi accettare un mondo in cui l’eurozona è in deflazione conclamata, con Berlino sulla soglia della recessione ufficiale, ma il cui debito sovrano viene di fatto prezzato come asset class a rischio zero? C’è ancora un mercato?

Questa è la vera domanda che dobbiamo porci, il resto ormai ha poco senso: comunque vada a finire – e non penso bene – un nuovo ordine economico-finanziario è alle porte. 





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