PRIVATIZZAZIONI/ Enel e Ferrovie, i “falsi miti” da sfatare

- int. Antonio Maria Rinaldi

Per ANTONIO MARIA RINALDI, gli utili derivanti dal possesso delle azioni delle aziende pubbliche sono superiori al costo del debito che si va a tagliare grazie alla vendita di loro quote

treno_sciopero_milanoR439 Sciopero oggi (Infophoto)

Nuova ondata di privatizzazioni in arrivo. Le operazioni in cantiere per il 2015 potrebbero portare in tutto 15 miliardi di euro nelle casse dello Stato. I dossier sulle scrivanie dei ministeri dei Trasporti e dell’Economia riguardano Ferrovie dello Stato, Poste Italiane, Enel, Sace ed Enav. A breve dovrebbe arrivare l’ok alla vendita del 5% di Enel. Maurizio Lupi e Pier Carlo Padoan hanno inoltre incontrato i vertici di Ferrovie dello Stato per stabilire la road map della quotazione dei treni pubblici. Ne abbiamo parlato con Antonio Maria Rinaldi, docente di Finanza aziendale all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara e professore straordinario di Economia politica alla Link Campus University di Roma.

Lei come valuta il piano delle nuove privatizzazioni?

In questo momento le società pubbliche sarebbero vendute a prezzi sicuramente inferiori rispetto al loro effettivo valore di mercato, perché c’è una situazione tale per cui non sarebbero valorizzate nel giusto modo. Si vanno a vendere queste quote per avere le risorse per abbattere il debito. Ma siamo certi che gli utili derivanti dal possesso di queste azioni non siano invece superiori al costo del debito che si va a tagliare?

Lei come ritiene che stiano le cose?

Lo Stato venderebbe delle azioni Enel che gli rendono di più della quota di interessi sul debito che deve abbattere. È come se io vendessi dei titoli di Stato per pagare le quote di un mutuo sulla casa che ha un tasso inferiore rispetto al rateo dei titoli che vado a vendere. In secondo luogo, noi ci dobbiamo preoccupare di chi siano i soggetti che si impadroniranno di queste azioni. Gli azionisti che vanno a sottoscriverle poi quale contributo daranno per le quote della società che andiamo a privatizzare?

L’esperienza passata che cosa ci insegna?

Nelle precedenti esperienze abbiamo visto che lo Stato non si è mai preoccupato di andare a verificare i piani industriali posti in essere dalle persone che poi sono entrate nell’azionariato. Dal momento che si tratta di società che offrono servizi e che hanno un numero di dipendenti molto elevato, bisogna anche tutelare e garantire queste istanze. È riduttivo andare a svendere quote dello Stato a condizioni economiche certamente non ottimali e inoltre non creando condizioni per lo sviluppo delle stesse società. Quando un privato acquista un’azienda pubblica italiana, la prima cosa che fa è vendere degli asset interni perché fanno comodo a qualcuno o tagliare i costi licenziando.

Lo Stato però sta usando i dividendi delle aziende pubbliche per fare cassa. Non crede che invece un privato ci investirebbe?

Bisogna vedere in primo luogo la natura del privato. Tutte le volte che lo Stato ha privatizzato una società, poi la sua gestione è peggiorata. I servizi erogati sono cioè diminuiti e la forza lavoro è stata ridotta in modo drastico. Il privato aumenta i suoi utili spremendo la società il più possibile, fornendo servizi minori a costi maggiori, ma soprattutto cerca di “cannibalizzarla”, cioè di vendere degli asset alla concorrenza.

 

Se Ferrovie passasse in mano a un privato i biglietti costerebbero di più?

Con le ferrovie italiane in mano a un azionariato privato il biglietto costerebbe di più e il servizio sarebbe peggiore.

 

Ma non ci si lamenta sempre dei treni in ritardo e delle poste che non funzionano?

Non lo metto in dubbio. Ma non dobbiamo illuderci che con un privato le cose migliorerebbero. Nel settore dei trasporti ferroviari esistono già degli operatori privati, ma coprono solo le tratte più remunerative. Se un privato andasse a servire tutte le piccole stazioni, perderebbe probabilmente più di Trenitalia. Un conto è coprire la tratta Roma-Milano, ben altro discorso per quelle di centri e zone meno popolate.

 

(Pietro Vernizzi)







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