DALLA GRECIA/ La “solitudine” di Tsipras che porta Atene al fallimento

- Sergio Coggiola

Ancora non è chiaro quale sarà il destino della Grecia, così come non è univoca la posizione della maggioranza guidata da Tsipras. Il punto da Atene di SERGIO COGGIOLA

tsipras_zoom_discorsoR439 Alexis Tsipras (Infophoto)

Segue la traduzione del comunicato stampa emesso da Syriza, dopo la riunione della segreteria politica di giovedì scorso. È un prolegomeno per capire la cultura politica dei suoi massimi dirigenti. Circa 320 parole che evidenziano le difficoltà di Alexis Tsipras. Precisiamo: le difficoltà del primo ministro nel portare a casa un accordo – anche parziale -, non certo di alcuni suoi ministri che pubblicamente parlano di “rottura”, di referendum, di importanza geo-politica del Paese, di scelte alternative – tipo l’adesione al club Brics e alla sua  banca per lo sviluppo (nessuno però accenna al fatto che l’adesione costa 10 miliardi di dollari). A meno che tra governo e partito non ci sia un gioco delle parti. Il “buono” Tsipras e il “cattivo” Syriza per far crollare per sfinimento i creditori e l’opinione pubblica, la quale, dopo tanto parlare, accetterà una nuova austerità in cambio di un minimo di sicurezza per il futuro. Potrebbe essere una strategia per limitare al minimo i “danni” politici e finanziari di un accordo.

Il testo comunicato: «Dal primo momento che si è formato il governo è diventato chiaro – all’estero come all’interno del Paese – che il mandato del popolo ellenico è vincolante ed è la bussola nelle trattative. Le linee rosse del governo sono anche le linee rosse del popolo ellenico, e rappresentano gli interessi dei lavoratori, dei liberi professionisti, dei pensionati, degli agricoltori e dei giovani. Rappresentano il bisogno del Paese di iniziare un nuovo percorso di sviluppo, sulla base della giustizia sociale e della ridistribuzione della ricchezza. L’insistenza dei creditori nell’applicare il programma del Memorandum del governo Samaras ha creato una morsa di pressioni politiche e una crisi finanziaria nel Paese che è in contraddizione con il concetto di democrazia e di sovranità popolare in Europa e rappresenta la continuazione dell’austerità che decostruisce lo stato sociale, la gestione oligarchica degli affari europei (…) indipendentemente dalla volontà popolare, la quale ha spianato la strada all’ascesa dell’estrema destra in Europa. 

Queste condizioni  non possono essere accettate. Non possono essere accettate dal popolo ellenico, che ha combattuto tutti gli anni precedenti per porre fine alle politiche criminali del Memorandum. Non possono essere accettate dai popoli europei e dalle forze sociali e politiche progressiste che lottano per un’Europa della solidarietà e della democrazia. I cittadini dell’Europa e della Grecia non sono passivi consumatori dei notiziari delle 20, invece crediamo che possano essere i co-protagonisti del destino comune di tutti noi in Europa e nel mondo. Syriza prenderà l’iniziativa di informare la società ellenica e i popoli europei. In ogni città, in ogni quartiere e sul posto di lavoro, ma anche in tutti i paesi dell’Europa i parlamentari, gli euro-parlamentari e i dirigenti di Syriza si incontreranno con gli iscritti a Syriza e con le forze che lo sostengono per avviare un’ampia mobilitazione per la vittoria della democrazia e della dignità. È giunto il momento in cui i popoli stessi entrino in battaglia. Vinceremo».

In sintesi, Syriza suona le trombe per una mobilitazione europea che sostenga le posizioni elleniche. Quanto possa essere efficace questa strategia nessuno è in grado di saperlo, tantomeno quanto sia praticabile. Se a febbraio il governo Tsipras godeva di simpatia e curiosità, oggi è isolato. Persino lo spagnolo Podemos ha preso le distanze.  Neppure ad Atene, dopo le prime due riunioni di febbraio dell’Eurogruppo e prima dell’accordo del 20 febbraio, qualche ateniese si è mobilitato, nessuno è sceso in piazza per sostenere gli sforzi del governo. 

Sempre nella nottata di giovedì, si è riunita la presidenza del gruppo parlamentare di Syriza, in cui il vice-primo ministro, Yannis Dragasakis, ha esposto il punto sulle trattative, aggiungendo che si arriverà a un accordo entro il 19 maggio. Quanto questa data sia certa è difficile stabilire, visti i precedenti annunci, andati smentiti. Nel corso della riunione Dragasakis è stato oggetto di pesanti critiche circa la tattica adottata dal governo nel corso dei colloqui con le “istituzioni” (ex Troika). Anche il presidente del Parlamento, Zoi Konstantopoulou, ha sottolineato che si sta abbandonando il programma di Salonicco (settembre 2014) in cui Syriza ha esposto la sua linea di governo. 

A complicare il panorama si è aggiunto anche il Fmi, il quale ha ribadito la sua linea intransigente, affermando che su alcuni temi non ci sono progressi, che si potrà arrivare per il momento a un accordo intermedio “con l’Europa” in grado di sbloccare alcuni prestiti – quindi, senza valutazione e misure finanziarie i 3,6 miliardi del Fmi restano a New York. 

La “linea rossa” è sempre il punto di attrito: pensioni e lavoro. Paul Tomsen del Fmi ha definito le pensioni elleniche “abbastanza generose” e le “istituzioni” ritengono che il sistema pensionistico non sia “sostenibile”, che vadano operati altri tagli di almeno 300 milioni per quelle integrative. In Grecia ci sono 2,9 milioni di pensionati (un milione è al di sotto dei 65 anni), cioè circa un quarto della popolazione, mentre il ministero del Lavoro precisa che il 40% di loro percepisce una pensione inferiore  ai 665 euro. Ma tagliare le pensioni significa anche ridurre il reddito di migliaia di famiglie che oggi vivono con le pensioni dei genitori o dei nonni. 

Molti anziani, ospiti di case di riposo, sono stati riportati a casa per poter contribuire al magro reddito mensile. Sui rapporti di lavoro e sul ripristino dello stipendio base di 751 euro, più che ascoltare i pareri, contrari, dei creditori, il governo dovrebbe sentire le analisi degli imprenditori, i quali sostengono che senza aumento della produzione e apertura dei crediti bancari l’attuale sistema produttivo non è in grado di sostenere l’aumento delle spese salariali. 
Oggi, va sottolineato, Tsipras è solo di fronte ai creditori e ai suoi compagni e alleati. L’apice della crisi del governo è alle porte. Prima ancora che venga firmato un foglio di carta che permetta al Paese di sopravvivere, si contano 7-8 ministri, una decina o forse più di deputati “syrizei”, l’intero gruppo parlamentare dei “Greci Indipendenti” che hanno già dichiarato che non voteranno un accordo che non sia in completa armonia con le promesse elettorali. Ma i greci non avevano votato per la permanenza del Paese nell’euro?







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