FINANZA E POLITICA/ I numeri che “inguaiano” l’Italia

- int. Francesco Forte

Ieri l'Istat ha diffuso non solo il dato sulla stima preliminare del Pil nel primo trimestre 2016, ma anche quello sull'andamento dell'inflazione. Il commento di FRANCESCO FORTE

padoan_faccioneR439 Pier Carlo Padoan (Infophoto)

«Le norme Ue sul bail-in bancario e le misure del governo Renzi per risolvere i problemi del Monte dei Paschi e Banca Etruria annullano gli effetti dell’intervento della Bce per contrastare la deflazione». È il commento del professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. Secondo i dati Istat, ad aprile in Italia l’inflazione è calata dello 0,5% rispetto ad aprile 2015 e dello 0,1% rispetto a marzo. Nel primo trimestre 2016 il Pil italiano cresce dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, al di sotto della media dell’Eurozona pari al +0,6%. Fanno meglio di noi Germania (+0,7%), Francia (+0,5%) e Regno Unito (+0,4%), mentre gli Stati Uniti crescono solo dello 0,1%.

Professore, l’Italia cresce meno dell’Eurozona ma più degli Stati Uniti. E’ un dato positivo o negativo?

Quello sul Pil era un dato atteso. Se in un trimestre cresciamo dello 0,3%, su base annua questo si traduce in un +1,2%, cioè il dato che è stato inserito nelle previsioni. Del resto è un fatto noto anche che l’Italia cresce meno della media dell’Eurozona. Il nostro Paese sta crescendo meno in modo sistematico.

Secondo lei perché?

Questa tendenza si è accentuata da quando c’è il governo Renzi, che invece di occuparsi della ripresa continua a fare buchi di bilancio. Nonostante il premier affermi che la riforma del lavoro ha costituito il punto di svolta, chiaramente le politiche del governo non servono per la ripresa. Quindi l’Italia va al piccolo trotto a rimorchio degli altri. Quando gli altri vanno mediocremente, noi andiamo meno che mediocremente.

Che cosa comporta un’inflazione al -0,5%?

Quella sulla deflazione purtroppo è una brutta notizia dal punto di vista del rapporto debito/Pil, perché significa che in termini monetari quest’anno nella migliore delle ipotesi il Pil crescerà soltanto dell’1,5%, a fronte di un deficit del bilancio del 2,5%. Avremo quindi un incremento del debito pubblico anziché una riduzione.

Perché abbiamo questa tendenza deflazionistica?

Innanzitutto la tendenza deflazionistica senza l’intervento della Bce adesso sarebbe notevole. L’azione della banca centrale sta ottenendo l’effetto desiderato dal punto di vista monetario. Non c’è però un effetto positivo più marcato a causa della crisi delle banche. Le norme Ue sul bail-in paradossalmente creano un rischio bancario aggiuntivo e deprimono il settore.

Con quali conseguenze?

La conseguenza è che gli aumenti di capitale delle banche non ottengono il favore dei mercati. La Commissione Ue del resto è ormai una cosa ridicola perché ha dentro figure ininfluenti come Margrethe Vestager, commissaria danese alla Concorrenza, proveniente da un Paese che non è nemmeno nell’area euro. Gli effetti delle misure della Bce sono di fatto resi nulli dal fatto che c’è un’impostazione sbagliata della Commissione Ue per quanto riguarda la politica bancaria.

Se il problema è la Commissione Ue, perché in Italia abbiamo una deflazione più marcata che altrove?

Perché questi problemi sono aggravati dal fatto che il governo Renzi sta affannosamente cercando sta cercando di risolvere i problemi di casa sua, che riguardano cioè il Monte dei Paschi e le truffe in Banca Etruria. Con il comportamento di Renzi dovuto in parte a incompetenza manifesta e in parte a circostanze di carattere personale, in Italia abbiamo una deflazione ancora maggiore. C’è un solo dato positivo che mi conforta …

 

Quale?

Come è stato segnalato dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, nel nostro Paese i salari invece che ridursi aumentano. Questo è considerato un fatto positivo dal punto di vista della domanda di consumi e della tendenza dei prezzi a non cadere. Ma diventa pericoloso per la concorrenza internazionale in regime di deflazione e di scarso investimento delle imprese. Il dato sui salari è contenuto in un rapporto della Banca d’Italia che commenta positivamente il fatto che nonostante la deflazione c’è una tendenza all’aumento dei salari nominali. Se oltre alla deflazione dei prezzi, in Italia avessimo anche quella dei salari ci troveremmo del resto in una spirale pericolosa.

 

(Pietro Vernizzi)





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