In Francia il ministro dell’interno Retailleau ha disposto un aumento della sorveglianza in vista dell’Assunzione. Gli atti anticristiani sono in aumento
Certamente la crescita degli attentati contro le chiese in Francia non può non destare preoccupazione. Per quanto vengano presentati come degli atti di puro vandalismo, spesso accompagnati da furti che ne ridimensionano ulteriormente l’eventuale valenza religiosa, questi rivelano in realtà la presenza di una dinamica molto meno banale di quanto non sembri.
A dimostrarlo non ci sono solo gli incendi dolosi delle chiese, aumentati di oltre il 30% nel 2024 e le aggressioni alle persone, ma soprattutto la disproporzione tra la violenza gratuita e senza nessuna giustificazione degli uni e la magnanimità indifesa degli atti di fede espressa dagli altri.
Non è a caso che, nelle disposizioni date alle forze di pubblica sicurezza per la festa dell’Assunzione, il ministro degli Interni Bruno Retailleau menzioni la necessità di sorvegliare i pellegrinaggi, le processioni nei santuari e i momenti pubblici di preghiera che costituiscono parte integrante della solennità liturgica del 15 agosto.
Pertanto ad infastidire non sembrano allora essere solo le chiese con le loro statue, i luoghi simbolici ed iconici della fede cattolica, ma anche le forme pubbliche, i pellegrinaggi, le processioni e le adorazioni solenni. Quelle che caratterizzano i “giorni forti” del calendario cristiano e, non a caso, la stessa festa dell’Assunzione.
Il caso dell’accoltellamento mortale dell’anziano padre Jacques Hamel sull’altare, avvenuto oramai nove anni fa nel corso della messa mattutina alla presenza di appena cinque persone, così come l’aggressione ai partecipanti di una piccola processione (appena una trentina di fedeli) in onore all’Immacolata concezione, avvenuta la sera dell’8 dicembre 2021 a Nanterre.
Ma anche l’incendio del 2 settembre dello scorso anno alla chiesa dell’Immacolata Concezione di Saint-Omer nel Pas-de-Calais e quello del 3 ottobre alla chiesa di Saint-Hilaire-le-Grand a Poitiers, tanto per citare gli episodi più recenti, sono diventati emblematici dell’attacco ad una presenza mite, minoritaria e indifesa al tempo stesso, che non replicherà mai restituendo colpo su colpo.
Una tale sproporzione tra la presenza di minoranze inermi e pacifiche e il delirio identitario degli aggressori, spesso giovani (come a Nanterre) o con patologie psichiatriche (come nei casi di Saint Omer e di Poitiers), domanda una spiegazione più profonda di quella dell’odio verso una comunità di credenti che si limita a esprimere la propria fede, pregando e cantando.
La sproporzione, di fatto patologica, tra l’odio degli uni e la magnanimità degli altri che questi attentati rendono visibile, non risiede affatto nella visibilità territoriale che il popolo cristiano continua a mantenere, ma nella radicalità profonda che il cattolicesimo come religione della redenzione dell’umano porta con sé.
La secolarizzazione dominante non produce infatti solo indifferenza nei confronti del divino ma, aumentando incessantemente la distanza tra l’uomo e Dio, lascia anche sempre più indisturbati gli angoli nei quali si produce il delirio antireligioso.
Da questi angoli bui partono i gesti di odio, dove l’oggetto deve essere distrutto: incendiato come una chiesa, fatto a pezzi come una statua, trucidato come un vecchio prete, o aggredito con sputi e minacce, come un gruppo di fedeli in processione.
Ciò che infastidisce i singoli deliranti aggressori non è tanto la presenza pubblica, la manifestazione di un popolo orante di credenti in quanto tale, i pellegrinaggi che compie e le processioni che realizza, come spesso erroneamente si crede, bensì l’oggetto stesso che questo popolo prega e venera. I cattolici finiscono per essere detestati non perché si rendono visibili, ma perché è percepito come provocatorio, e quindi insopportabile, ciò che affermano e che amano.
Così gli attentati alle chiese di Francia, l’attacco alle processioni, la stessa necessità di proteggere quelle manifestazioni di fede visibile che ancora percorrono il Paese dell’anticlericalismo come passione generale e dominante, sono sempre più frequenti quanto più la novità paradossale del messaggio evangelico è oramai lontane e, proprio per questo, è percepita come insopportabile.
C’è un rapporto tra un simile delirio paranoico e l’immagine di Maria? La madre di Dio non finisce forse per essere insostenibile, e quindi detestata, proprio in virtù del principio di verità che reca con sé? Una verità che proprio la sconcertante violenza che ne colpisce tanto l’immagine quanto gli atti di venerazione che le sono rivolti ci rende visibile?
C’è qualcosa di decisamente disarmante nella figura della relazione tra Madre e Figlio, che rappresenta in sé la totale novità del cattolicesimo come tensione relazionale e quindi religione della fraternità permanente: lo scandalo di un Dio fatto uomo, incarnatosi nel grembo di una ragazza vergine. L’amore sconfinato nei confronti di quest’ultima, assunta in cielo ed elevata sugli altari, costituiscono altrettanti elementi che, alimentando una speranza incrollabile, sono tanto più percepiti come una provocazione quanto più il mondo secolare, mai come oggi, pratica il contrario.
Se è vero, come afferma Rémi Brague, che sono “le ancore nel cielo” a reggere la terra, allora ogni preghiera, così come ogni gesto solenne di devozione collettiva è veramente il pane di vita, senza il quale non resta che il delirio paranoico di chi non sopporta l’idea stessa che una redenzione sia possibile e quindi lo detesta.
La tesi è certamente discutibile, ma è onorevole e corretto interrogarsi sul baratro infinito che separa sempre di più il presente secolare, che lascia prosperare le erbe incolte dell’odio paranoico, dall’universo religioso che nell’aurora dell’Assunzione di Maria ricapitola quel nuovo inizio che a molti risulta essere sempre meno sopportabile, ma che per gli altri è promessa certa.
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