BORSE & MERCATI/ Piazza Affari, il rimbalzo dipende dagli Usa

- int. Alessandro Magagnoli

Spread sopra area 280, rapporto di copertura molto basso per i Btp decennali e indice di Piazza Affari su supporti delicatissimi: sotto 19.800 può scivolare a 18.800

Coronavirus disperato imprenditore (LaPresse)

Voto europeo che ha ribaltato i rapporti di forza tra Lega e M5s; dimissioni del sottosegretario leghista Edoardo Rixi condannato per peculato; lettera da Bruxelles per chiedere chiarimenti sui conti pubblici italiani; dati sul Pil che riportano la crescita 2019 in territorio negativo. Non c’è dubbio che per il nostro Paese è stata una settimana ricca di colpi di scena, a cui ovviamente Piazza Affari non ha potuto sottrarsi, visto che è stata un’ottava molto pesante. “I mercati hanno iniziato a far sentire la loro voce – osserva Alessandro Magagnoli, analista tecnico e cofondatore di Financial Trend Analysis (Ftaonline) – e il sentiment della Borsa italiana è negativo, basta vedere la situazione dello spread: è chiaro che, dovesse restare intorno ai 300 punti, renderebbe molto difficile il quadro di Piazza Affari. Ma non è solo Milano a soffrire, un po’ tutte le Borse stanno vivendo un momento di difficoltà”.

Come mai?

Chi segue i mercati azionari forse non tiene gli occhi puntati sui bond, ma in questo momento l’andamento dei titoli di Stato, in particolare di quelli Usa, ma anche di quelli australiani e tedeschi, mostra un evidente nervosismo da parte degli investitori: una fuga dagli asset più rischiosi per andare su quelli considerati ‘sicuri’. E questo è il motivo per cui i prezzi dei future sui Treasury Note a 10 anni emessi dal governo Usa sono ai massimi da settembre 2017 con un rendimento molto vicino al 2,2%.

Che cosa può significare tutto questo?

L’impressione è che i mercati inizino a essere convinti che la Fed presto, magari già a settembre, possa cambiare atteggiamento e iniziare una fase di taglio del costo del denaro. Una politica espansiva potrebbe essere vista come positiva dalle Borse, il problema è che in questo momento gli investitori si stanno convincendo che i tagli dei tassi si renderanno necessari per contrastare un imminente rallentamento dell’economia globale, e anche di quella americana, come risultato delle dispute commerciali tra Stati Uniti e Cina. I future sui Fed Funds pronosticano come possibile per più del 50% un primo taglio di 25 punti base già nel prossimo futuro e un ulteriore taglio dello 0,25% potrebbe essere possibile, con una probabilità superiore a un terzo, a dicembre. Anche il rendimento dei titoli a 2 anni, il più seguito per farsi un’idea delle prospettive di intervento della Fed, è sceso sotto il target di rendimento dei Fed Funds del 2,25-2,50%. toccando i minimi da inizio 2018.

La curva dei rendimenti per le scadenze a 3 mesi e a 10 anni ha virato nuovamente in negativo, con le scadenze più brevi leggermente superiori alle più lontane. Non è un classico segnale anticipatore di imminenti problemi per l’economia?

Il dato “core”, cioè la versione che esclude le componenti più volatili di alimentare ed energia, sulle vendite al dettaglio di Usa di aprile, quello che ha scatenato il nervosismo dei mercati, ha fatto registrare un aumento su base annua del 2,9%, decisamente inferiore alla media a 5 anni del 3,7%. Morgan Stanley, in seguito ai dati sulle vendite al dettaglio, ha abbassato le stime per la crescita Usa per il 2019 all’1,2% dal precedente 1,5%, un valore decisamente inferiore a quel +3,2% del primo trimestre, che però, come noto, è stato gonfiato dall’accumulo delle scorte.

Che segnali arrivano dal future sui T-Bond a 10 anni?

Per il future sui bond americani a 10 anni si avvicina un appuntamento importante: a 125,80 circa – dati in centesimi – si colloca il 50% di ritracciamento del ribasso dal top di metà 2016. Una rottura di questi livelli farebbe assumere al rialzo visto dai minimi di ottobre una connotazione di tendenza e non più di semplice correzione, inducendo quindi a pensare a un proseguimento duraturo del rialzo. E in base a quanto detto sopra, in questo momento il proseguimento dell’ascesa per i titoli di Stato Usa non può che portare a un ulteriore deprezzamento dei corsi azionari.

Compreso il Ftse Mib, già debole di suo?

Il nostro indice ha fallito il rimbalzo e torna a insistere su un supporto critico. Ha tentato giovedì una reazione dopo la precedente seduta negativa, tuttavia dopo la notizia della condanna in primo grado a tre anni e cinque mesi del viceministro alle Infrastrutture, Edoardo Rixi (Lega), a processo a Genova per peculato e falso, il sentiment ha girato in negativo. Rixi ha dato le dimissioni dal governo, accettate da Salvini. Venerdì, invece, nel giorno in cui l’Italia ha inviato la risposta alla lettera della Ue, il Ftse Mib ha aperto lasciando sul campo più dell’1%, poi ha chiuso la seduta a 19.802 punti.

Gli occhi dei mercati restano, quindi, puntati sull’Italia?

Sì. Il Tesoro ha collocato 6 miliardi di obbligazioni, la quantità massima prevista, ma per i 2,75 miliardi di euro del decennale il rapporto di copertura è stato il più basso dal giugno del 2018, a 1,28 volte l’offerta. Da notare che anche negli Usa l’asta dei bond a 7 anni di mercoledì per 32 miliardi di dollari non è andata bene, con un rapporto di copertura, a 2,30, il secondo più basso degli ultimi 10 anni. Solo a inizio 2016 era andata peggio, ma in quel caso potrebbe esserci una spiegazione meno preoccupante per l’Italia, e che indirettamente potrebbe risollevare anche il nostro mercato.

Quale?

E’ possibile che il mercato stia facendo capire che il rally dei prezzi dei bond delle ultime settimane è stato troppo veloce e ha scontato un peggioramento dell’economia maggiore di quello che potrebbe effettivamente realizzarsi. Insomma, l’asta Usa di mercoledì potrebbe aver segnato un temporaneo punto di massimo per i prezzi dei titoli di Stato e indirettamente di minimi per le azioni. Le attese di mercato per la crescita Usa del 2019 sono attorno al 2,6%, tutto sommato non un disastro, anche se in calo rispetto al 2018. Del resto, le azioni dell’S&P 500 scambiano a circa 16,7 volte gli utili attesi per l’anno in corso, lo stesso multiplo visto in media nel periodo 2014-2016. Se la Borsa Usa dovesse tentare un rimbalzo, potrebbe contagiare in positivo anche i mercati europei, alleggerendo le pressioni sull’Italia. Nelle altre parti dell’area euro, infatti, non ci sono tensioni, come dimostrano i rendimenti ai minimi per i titoli decennali spagnoli e portoghesi, compresi tra 0,73% e 0,83%.

Con quali possibili impatti sul Ftse Mib?

Il Ftse Mib dimostrerebbe la sua disponibilità a lasciarsi coinvolgere dalla voglia di rimbalzo degli altri mercati con la tenuta del supporto di area 19.800, base del canale ribassista tracciato dal top del 3 maggio, e poi con la rottura di area 20.220, lato alto del gap ribassista del 29 maggio. In quel caso i prezzi potrebbero tentare il test del lato alto del canale citato, a 20.500 circa, un ostacolo oltre il quale le prospettive per un rimbalzo più prolungato – perché sempre di rimbalzo si tratterebbe, non di una ripresa del trend rialzista in atto da dicembre – diverrebbero credibili.

In caso contrario?

In assenza di segnali di frenata della discesa e di rottura delle resistenze indicate, sarebbe difficile evitare il test dei 19.500 punti, ultimo sostegno in grado di scongiurare il ritorno in area 18.800.

(Marco Biscella)





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