Una tregua con mille incognite, anche alla luce di quello che Israele ha fatto in Libano. Lì, infatti, l’IDF non ha mai smesso di sparare, anche se, naturalmente, non al ritmo di prima. Un cessate il fuoco che parte con Netanyahu che avverte: “Se la fase 2 fallisce, si torna alla guerra”. La fine dei bombardamenti massicci sarà sicuramente un sollievo, osserva Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia, collaboratore di Avvenire, ma non basta a fugare tutti i dubbi che l’accordo lascia, anche per le difficoltà che il governo israeliano ha avuto per approvarlo. Il pericolo è che ora l’obiettivo dell’esercito si sposti ancora di più in Cisgiordania, in un Medio Oriente che comunque ha ancora mille questioni aperte.
Il governo israeliano fatica a digerire l’accordo per la tregua a Gaza e la liberazione degli ostaggi. Ben-Gvir minaccia di uscire dal governo e Smotrich contratta con Netanyahu, forse per avere mano libera sulla Cisgiordania. Il cessate il fuoco parte già con il piede sbagliato?
Tutta questa accelerazione prima dell’insediamento di Trump non mi convince. Il nuovo presidente USA avrebbe esercitato pressioni su Netanyahu perché non vuole avere a che fare con le beghe lasciate dai suoi predecessori. Credo che occorra cautela. L’intesa è una replica di quella che era stata concordata a maggio 2024 e poi non si è realizzata: otto mesi buttati via così, senza pensare ai morti che si potevano evitare, con le colpe date da Biden ai palestinesi per i mancati accordi (ad Hamas, per la precisione), mentre invece ora Ben-Gvir si vanta di essere stato lui l’artefice di quei fallimenti.
Come si fa a farla funzionare questa tregua? Quali sono i paletti oltre i quali non si può andare?
Bisogna soppesare tutti i punti dell’accordo, vedere chi sono i garanti. Non ho piena fiducia in quello che fanno gli americani. Biden, per un anno e tre mesi, è stato fedele a Israele, sostenendolo con miliardi e armi. Trump è lunatico, è uno che agisce in base al suo umore, che i repubblicani assecondano.
Il mondo arabo, almeno finora, non avanza grandi dubbi sull’accordo: come è stata accolta l’intesa?
La stampa palestinese e araba tradisce una grande soddisfazione: esaltano la tregua come se fosse una vittoria, come se Israele avesse concesso quello che era stato chiesto, sottostando alle richieste di liberazione e accettando anche di scarcerare palestinesi condannati all’ergastolo. La soddisfazione, chiaramente, dipende dal fatto che almeno cessano i bombardamenti. Ma io non la vedo così.
Bisogna osservare la situazione da un altro punto di vista?
Anche se vengono liberati mille palestinesi, calcolando che ogni giorno muoiono 50-60 palestinesi, in 20-30 giorni si può arrivare alla stessa quota.
La fine dei bombardamenti, per chi li ha subiti continuamente dall’ottobre dell’anno scorso a oggi, non è abbastanza?
Tra una settimana scade la tregua in Libano, ma in un mese e tre settimane gli israeliani non hanno cessato di demolire case, di bombardare, di mandare droni. Non vorrei che anche quella di Gaza fosse una tregua all’israeliana.
Netanyahu ha detto che se la fase 2 della tregua fallisce, la guerra riprenderà. Quando arriveranno a discutere veramente su cosa fare della Striscia nel dopoguerra sarà dura mettersi d’accordo. Il fallimento delle trattative potrebbe essere dietro l’angolo?
Esattamente. Adesso l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) dice che dovrà essere lei a gestire Gaza. Bisogna vedere se l’ANP rimarrà: in Cisgiordania ci sono stati altri morti, a Jenin. Inoltre, tutto il tempo che intercorre da qui all’insediamento di Trump e i giorni successivi può essere decisivo per un eventuale attacco contro l’Iran. Sarebbe cessare la guerra da una parte e cominciarla da un’altra. La realtà è che il Medio Oriente continuerà a ribollire. Il sogno di Netanyahu è ancora di buttare fuori i palestinesi dalla Cisgiordania e controllare questo territorio.
Insomma, gli americani potrebbero aver dato il via libera per la West Bank e, dall’altra parte, quando si arriverà a discutere del futuro della Striscia probabilmente non si troverà un accordo: la tregua comincia con questi auspici?
Questo è il copione. Ed è un copione che si ripete sempre così. L’accordo per la tregua in Libano diceva che qualora Israele avesse scoperto che Hezbollah si riforniva ancora di armi, avrebbe avuto il diritto di intervenire. In effetti, non ha fatto altro che intervenire con altri morti e feriti, con il Libano che non riesce a mandare l’esercito fino al confine e Israele continua ancora a vietare l’entrata in 60 villaggi sul confine. Lì hanno raso al suolo tutto.
L’accordo prevederebbe il passaggio degli aiuti umanitari e la possibilità per i palestinesi di ritornare al Nord di Gaza: c’è il rischio che per colpire eventuali miliziani di Hamas si finisca per colpire anche quelle persone?
È quello che avviene attualmente in Libano: c’è chi è andato a controllare casa sua in abiti civili e gli hanno sparato dicendo che era di Hezbollah, con esercito e Unifil che non fanno niente. Infatti, tutti aspettano di vedere cosa succede dopo il 27, quando scadrà la tregua. Non vorrei che la tregua a Gaza fosse solo un’occasione per tirare il fiato, per fare in modo che Trump possa insediarsi. Non so veramente cosa potrà succedere da qui alle prossime settimane.
Insomma, la possibilità che torni la guerra a Gaza c’è ancora?
La tregua potrebbe essere un inganno, per ottenere la liberazione degli ostaggi e poi riprendere la guerra, come prima. Il Medio Oriente è destinato, anche alla luce di quello che è successo in Siria, ad altre forme di guerra. Da una parte c’è l’asse Turchia-Qatar, dall’altra Emirati Arabi, Arabia Saudita, Giordania e Egitto: già questo non lascia presagire nulla di buono. Anche la Siria non è detto che manterrà la sua unità.
(Paolo Rossetti)
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