Un pakistano senza casa e lavoro ha donato pochi spiccioli alla Colletta alimentare: non aveva niente, ma si è ricordato di chi sta peggio di lui
Un pakistano a Varese. Giovane, mal messo, “fatto” sin dal mattino. Gli occhi tradiscono un non so che di dolore e di supplica, forse la domanda di poter uscire dalla solitudine, di poter riscattare una vita che non è vita. All’angolo di due vie centrali della città c’è il banchetto della Colletta Alimentare. Il supermercato è di quelli “di prossimità”, poco più di un negozio, come quelli che fino a pochi decenni prima riempivano i centri storici. L’alimentare, il lattaio, il fruttivendolo, il macellaio, la merceria, il ferramenta sotto casa.
Oggi sono pressoché scomparsi, anche il centro di Varese è ridotto ad una fila di uffici, bar, grandi vetrine di abbigliamento e poche abitazioni occupate perlopiù da persone anziane. Per loro il piccolo supermercato è una salvezza. Nel fine settimana la vivibilità della zona è pure peggio, con stuoli di ragazzi che, liberi dalla scuola, invadono i portici in cerca di un motivo qualsiasi con cui riempire il vuoto. Bottiglie di birra abbandonate qua e là, bivacchi improvvisati, cappucci neri tirati sulla testa, giubbotti neri, pantaloni neri. Maschi e femmine senza distinzione.
Il giovane pakistano si aggira solo e senza ombrello, fuori dai portici piove dal giorno prima e l’umidità si taglia col coltello, ogni tanto sembra barcollare. I City Angeles lo conoscono come tipo tranquillo, ma che a causa dell’alcol ha perso il lavoro e quindi la casa. Si avvicina ai volontari della Colletta, sembra ignorarli e invece va e torna più volte, attacca bottone, vuole sapere che ci fanno lì. Alla fine entra nel negozio, acquista una bottiglia e mentre esce già se la sta scolando. Giunto in fondo alla via si volta e torna indietro.
“Vorrei comprare qualcosa per voi” e tira fuori 33 centesimi, presumibilmente il resto che il cassiere gli aveva dato poco prima. Con quella cifra ci si fa poco, ma Marco fa finta di niente, ringrazia, entra, aggiunge qualche euro ed esce con due scatolette di pelati che deposita nell’apposito scatolone. Il ragazzo è contento, non chiede altro, scambia due parole e se ne va.
Ai volontari del Banco Alimentare viene in mente l’episodio evangelico dell’obolo della vedova che rinuncia a tutto quello che aveva. Non un’invenzione o qualcosa accaduto tanto tempo fa. È il fatto di oggi. Il giovane senza fissa dimora arrivato da un Paese povero e lontano in cerca di futuro dignitoso nella ricca cittadina del Nord Italia s’è ricordato di chi sta come lui, forse persino peggio.
“Allora, chiamati a sé i discepoli, Gesù disse loro: ‘In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.
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