Sanremo rischia di non essere più esclusiva Rai: il Consiglio di Stato respinge il ricorso, ora si apre la sfida sul futuro del Festival

Il Consiglio di Stato rigetta la richiesta di sospensiva della Rai e il Festival di Sanremo, simbolo emblematico del folklore e della cultura popolare italiana, potrebbe presto non essere più nel controllo esclusivo della TV di Stato: una battaglia legale che solleva domande scomode su trasparenza, concorrenza e gestione del patrimonio culturale.



Sanremo, la città dei fiori, del mare, delle canzoni che fanno storia e scandalo, potrebbe presto perdere, in modo desolante, la sua storica esclusiva annuale con la Rai: il Consiglio di Stato ha deciso di respingere la richiesta della rete pubblica statale di bloccare gli effetti della clamorosa sentenza del TAR Liguria, che pochi mesi fa aveva messo in discussione un monopolio che pareva intoccabile e senza rivali: l’assegnazione senza gara – secondo un modo poco chiaro e non trasparente – del marchio “Festival della Canzone Italiana”.



Un vero e proprio terremoto giuridico e culturale che, possibilmente, potrebbe modificare radicalmente le sorti di un evento che, al di là dei riflettori e delle paillettes, rappresenta da oltre settant’anni uno specchio – talvolta impietoso – dell’identità nazionale, dei suoi umori, delle sue contraddizioni.

La Rai, che da decenni considera Sanremo il suo vanto principale, ha fatto ricorso chiedendo di sospendere la decisione del TAR, ma i giudici hanno risposto fermamente, dichiarando che non sussistono i necessari motivi d’urgenza per giustificare una deroga ai principi fondamentali del diritto pubblico. Il risultato? Un limbo giuridico in cui, fino al 22 maggio – data fissata per la sentenza finale – tutto sarà sul filo del rasoio, e, fino a quel momento, il futuro del Festival sarà avvolto da una fitta nebbia di incertezze e dubbi.



Rai sotto assedio, Consiglio di Stato irremovibile: quale sarà il futuro di Sanremo?

Il Consiglio di Stato, con la sua drastica presa di posizione, che si configura come una sentenza temporanea ma politicamente pesantissima, ha messo la Rai di fronte a qualcosa di quasi scontato che, però, è stato a lungo ignorato: Sanremo non è un giocattolo esclusivo della TV di Stato, ma un bene culturale, simbolico ed economico che appartiene all’intera Italia e, in quanto tale, deve essere amministrato e gestito secondo criteri di trasparenza, imparzialità e concorrenza legittima.

L’idea che il Comune di Sanremo debba valutare più offerte per concedere l’utilizzo di un marchio di tale valore appare non solo legittima, ma sacrosanta: è come se improvvisamente si riscoprisse che anche Sanremo, con tutta la sua aura pop e tutto il suo clamore mediatico, sia un patrimonio collettivo, e che la sua gestione non possa essere nelle mani di chi vive di rendita.

Le implicazioni sulla questione sono tante e potenzialmente rivoluzionarie: se il Consiglio di Stato dovesse confermare la sentenza del TAR, la Rai non avrebbe più il diritto esclusivo sul marchio e potrebbe vedersi costretta a competere con altri colossi mediatici per mantenerlo in suo possesso.

Potrebbero aprirsi scenari inediti, come una gara pubblica che attiri l’interesse di altri soggetti televisivi o multimediali – da Mediaset a Netflix, da Amazon a Sky – con proposte alternative, forse più moderne, magari più rischiose, ma che potrebbero rivelarsi avanguardistiche. Ma siamo pronti a un Sanremo senza la Rai? E, soprattutto, siamo disposti ad ammettere che il cambiamento, per quanto destabilizzante, possa servire a restituire dignità pubblica a ciò che è stato per troppo tempo gestito come un feudo privato?