QUOTAZIONE FERRARI/ Fca, la strategia di Marchionne dopo il ‘divorzio’

- Paolo Annoni

La quotazione di Ferrari in Borsa è stata un successo, con le azioni balzate subito in rialzo. Ora per Marchionne e Fca le sfide non sono finite. Di PAOLO ANNONI

Marchionne_PensierosoR439 Sergio Marchionne (Infophoto)

La quotazione di Ferrari è stata, come da copione, un successo: un rialzo del 15% immediatamente dopo l’inizio delle contrattazioni già partite dal massimo della forchetta di 52 dollari per azione; la performance è continuata, anche se con un rialzo a singola cifra, per coronare la giornata borsistica perfetta. Non capita tutti i giorni di poter mettere in portafoglio un’azione di una sorta di mito del lusso fatto di tecnologia e design che danno al prodotto caratteristiche uniche. Il cavallino rampante su sfondo rosso che campeggia sulla facciata della borsa di New York con le Ferrari in bella mostra sul piazzale antistante sono un gran bel vedere e il simbolo scelto per la quotazione “RACE” aggiunge ulteriore “magia” in un mondo che di solito non è facile a particolari sentimentalismi. È vero che tutte le attese pronosticavano una giornata da ricordare, ma registrare i fatti è sempre molto meglio di qualsiasi previsione.

Nel giorno del successo borsistico di Ferrari, FCA, che ancora possiede l’80% della società del cavallino, ha chiuso con un calo di oltre il 5%. La diversità di segno è sicuramente strana e contro intuitiva e forse persino spiegabile con qualche imprecisata ragione “tecnica”, ma aiuta comunque a inquadrare quanto sta succedendo dalle parti di Fiat Chrysler. Negli ultimi mesi, e forse ancora fino al giorno dello spin-off previsto fino a gennaio, FCA è stata sotto i riflettori finanziari per la quotazione di Ferrari, ma già da ieri, in un certo senso, chi compra l’azione Fiat compra il gruppo senza Ferrari, un gruppo auto “normale” alle prese con alcune sfide industriali particolarmente complicate. Lo spin-off di Ferrari rende ancora più evidente e visibile il business dell’auto “normale” del gruppo; il business “normale” del gruppo è quello che Marchionne non ritiene strutturalmente in grado di creare valore per gli azionisti e di reggere alle sfide competitive che il settore pone. La visione di Marchionne è stata spiegata chiaramente e ripetuta e contempla un ulteriore saldo dimensionale. La sua strategia ha già prodotto una lettera all’amministratore delegato di General Motors in cui si illustravano i vantaggi di una fusione.

Oggi Marchionne può presentarsi al mercato, tra cui ci sono gli azionisti di General Motors, forte di una storia di successi e creazione di valore finanziario che non ha paragoni nel settore auto. Da ieri la storia si è arricchita di un altro capitolo con il successo della quotazione di Ferrari, ma l’operazione di separazione da Fiat industrial/Cnh, e soprattutto l’acquisizione a prezzo di saldo di Chrysler, sono state fondamentali per il gruppo. Oggi, per esempio, ci si potrebbe chiedere cosa sarebbe successo alla vecchia Fiat, prima del contributo del mercato americano, con il tracollo del mercato sudamericano, e in particolare del Brasile degli ultimi mesi. Finita l’Ipo di Ferrari e completato lo spin-off, le sfide industriali di Fiat saranno ancora più evidenti e pressanti.

Ieri Marchionne ha dichiarato di attendersi un ulteriore consolidamento del settore nei prossimi 24 mesi e che in questo contesto FCA “proverà a svolgere un ruolo”. Le opzioni sul tavolo non sembrano moltissime; sappiamo di General Motors il cui ad però ha respinto l’offerta di Marchionne e che ieri ha presentato una trimestrale di successo. Sarebbe un’altra operazione complicata a cui con ogni probabilità si interesserebbe la politica americana; il presidente sotto cui è stata possibile l’acquisizione di Chrysler terminerà il proprio mandato a novembre 2016. Una fusione con General Motors non dipende dalla sola volontà dell’ad di FCA e necessita di un allineamento di diversi astri e pianeti; le difficoltà del settore auto, i costi di sviluppo e i richiami oltre che le indagini sulle emissioni aumentano le possibilità di un consolidamento.

Se General Motors non dovesse convincersi diventerebbe inevitabile riaccorgersi che una fusione tra FCA e Volkswagen ha ogni senso industriale possibile e immaginabile a partire, per esempio, dall’assenza del gruppo tedesco nel mercato americano. Il tempo indicato ieri da Marchionne, due anni, lascia, forse, sei/nove mesi di pausa dallo spin-off di Ferrari, gennaio, prima che si entri nel vivo delle discussioni. Per i tempi dell’industria auto è probabilmente il brevissimo termine.





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