Le pagelle di Sanremo 2025 per la serata duetti. Tanto spettacolo con protagonista la musica. Vince Giorgia, ma il mattatore è Topo Gigio
Pagelle Sanremo 2025, la quarta Serata: Cover e Duetti (qui le pagelle delle precedenti serate: la prima, la seconda, la terza). È Giorgia a vincere la quarta serata del Festival di Sanremo 2025, quella dedicata alle cover e ai duetti: lo fa insieme ad Annalisa, con la quale ha cantato Skyfall, la canzone di Adele presente nell’omonimo film di James Bond; al secondo posto, il tenerissimo e lunare duetto tra Lucio Corsi e Topo Gigio con Nel blu dipinto di blu, mentre al terzo posto si piazza Fedez, che assieme a Marco Masini ha rivisitato Bella stronza. In top ten ci sono Olly, Brunori Sas, Irama, Rocco Hunt, Elodie e Achille Lauro, Clara e The Kolors.
La serata conferma di essere quella più libera e, a suo modo, votata allo spettacolo di tutto il festival, migliore rispetto a quelle degli ultimi anni, grazie a oculate scelte artistiche. Non tutto era all’altezza, ma le prove insufficienti o sbagliate sono state ridotte al minimo e si è privilegiata la voglia di musica rispetto al possibile piazzamento in classifica o al posizionamento commerciale, visto che la serata non fa media per la finale di domani.
Insieme a Carlo Conti, costantemente sfottuto per la sua fretta di chiudere, presentano Geppi Cucciari, in gran spolvero con un pugno di battute irresistibili, e Mahmood, che appare un po’ ingessato nel ruolo fin quando non deve cantare: il suo medley è un momento di spettacolo purissimo, internazionale, proiettato al futuro.
Annunciato a sorpresa in conferenza stampa, Roberto Benigni apre la serata con un suo classico monologo, inframmezzato da Carlo Conti, detto a ritmo frenetico e fiato accelerato, tra ironia sui cantanti in gara (“Tony Effe mi ha chiesto se c’aveva una catenina”) e lievissima satira politica (“Elon Musk vede Sanremo dal satellite e ha detto che ha votato per Giorgia”). Ha poi accennato a una versione edulcorata dell’Inno al corpo sciolto, adeguatamente depurata dalle volgarità, e annunciato Il sogno, il nuovo spettacolo in onda su Rai 1 il 19 marzo. Un Benigni in forma, ma con testi blandi e sottotono, che non graffiano mai e deludono.
Altro ospite della serata è stato Paolo Kessisoglu, che si presenta senza Luca Bizzarri ma con la figlia Lunita, in arte Iamollie, per cantare una canzone che parla del rapporto tra genitori e figli adolescenti. Non proprio una canzone imperdibile, ma che aiuta a comprendere una relazione complicata.
E ORA LE NOSTRE PAGELLE DI SANREMO 2025 SUI CANTANTI E I DUETTI IN GARA
ROSE VILLAIN – Assieme a Frah Quintale canta Fiori rosa fiori di pesco. Versione molto fedele della canzone di Lucio Battisti, con il più bel giro d’archi, in progressione, della storia della canzone italiana, con lei in ottima forma vocale e dentro il senso del pezzo, lui invece un pesce fuor d’acqua. 6
MODÀ – Con Francesco Renga canta Angelo, la canzone con cui quest’ultimo vinse Sanremo 20 anni fa, nel 2005. Nelle prove avevamo notato che Renga avesse poca voce, cantasse quasi sussurrato, ma in diretta anche Kekko è decisamente sottotono, impreciso, forse sofferente per i problemi fisici legati alla caduta. Una canzone che avrebbe meritato una prova migliore. 5+
CLARA – Con Il Volo interpreta The Sound of Silence, il classico di Simon & Garfunkel, qui nella versione vocalmente muscolare dei Disturbed. Bel canto, con l’orchestra al servizio delle voci, gli abiti da palco alla Scala, in cui però i tentativi di purezza tenorile risultano quasi ridicoli. Di grande effetto, ma non siamo sicuri della riuscita. 5,5
NOEMI E TONY EFFE – Si alleano per omaggiare Franco Califano con Tutto il resto è noia, un duetto da cui lui avrebbe tutto da guadagnare. E invece rende moscio un pezzo magnifico, perfetto per quel palco: regge tutto lei, lui ondivaga. 5
FRANCESCA MICHIELIN E RKOMI – Anche qui lei trascina tutto e lui è fuori parte, specie perché La nuova stella di Broadway di Cesare Cremonini non è per niente un pezzo facile e lui proprio non ha la capacità di cantarlo. 5,5
LUCIO CORSI – Lui, come un Pierrot al Cabaret Lunare, e Topo Gigio cantano la canzone più importante dell’intera storia del festival. Ne fanno una versione giustamente ad altezza bambini, addolcita e festosa, con Gigio che balla, vola e gioca con Corsi. Un duetto di una dolcezza infinita. 9
SERENA BRANCALE – Torna al soul, alla sua matrice, e con Alessandra Amoroso rende un omaggio quasi perfetto ad Alicia Keys con If I Ain’t Got You. Sono nella loro comfort zone, ma con che sicurezza ci si muovono. 7
IRAMA – Duetta con Arisa, lui tempestato di brillanti, lei nerissima e fasciatissima, al suono di Say Something di A Great Big World e Christina Aguilera, accompagnati da otto violoncelli. Versione un po’ cafona ed esibizionista, come da stile iramesco, la cui melodia è lo spunto da cui il cantante trasse Tu no. Loro vanno benissimo assieme, ma musicalmente restano un po’ grevi. 5,5
GAIA – Bellissima in nero, attinge alle sue origini brasiliane e con Toquinho canta La voglia, la pazzia, che il cantautore scrisse per Ornella Vanoni. Gli viene benissimo, e non è per niente facile, anche per l’orchestra, superando i problemi tecnici che avevano complicato le prove. 7
THE KOLORS – L’anima neomelodica contemporanea di Sal Da Vinci con il dance-funk del gruppo. Discutibile ma coerente, ha un senso e acchiappano il pubblico. 6+
MARCELLA BELLA – Assieme ai Twin Violins, omaggia il fratello Gianni con una delle canzoni più belle da lui scritte, Io non so parlar d’amore di Adriano Celentano. Va di mestiere e sentimento, ma i due violinisti non danno nessun vero plus all’esibizione. 6
ROCCO HUNT – Insieme a Clementino, erano stati ospiti dell’ultimo concerto di Pino Daniele a Napoli. Lo ricordano cantando Yes I Know My Way, il brano che interpretarono in quell’occasione. Bravi, soprattutto Clementino in grande forma. Prova che un omaggio non vuol dire spremere le lacrime. 7-
FRANCESCO GABBANI – Ha scelto Io sono Francesco, canzone toccante vestita da filastrocca, cantata assieme al suo autore Tricarico, che preferisce parlare anziché cantare. Bella versione, con i bambini che danno senso all’interpretazione. 7
GIORGIA – Con Annalisa tenta la scalata a Skyfall di Adele. Ci riesce e le va riconosciuto il merito di aver lasciato spazio ad Annalisa, al suo timbro e a una vocalità naturalmente più affine. 7+
SIMONE CRISTICCHI – Assieme alla compagna con cui ha scritto uno spettacolo su Franco Battiato, dal quale estraggono La cura, con introduzioni di versi in aramaico. Bella atmosfera e sintonia emozionante per uno dei capolavori della canzone italiana di sempre. 7
SARAH TOSCANO – Riveste la dance elettrica degli Ofenbach e della loro Overdrive – mescolata con Be Mine – di vocalizzi da divetta. Magari esageriamo, ma lei è una delle grandi sorprese dell’edizione. 7-
COMA_COSE – L’estate sta finendo è un inno generazionale, Johnson Righeira è sempre un alieno, oggi come 40 anni fa, ed è perfettamente in linea con quello che il duo porta in gara quest’anno. Cuoricini nasce da qui. Nel bene e nel male. 7-
JOAN THIELE – Con Frah Quintale adatta Che cosa c’è in modo super retrò, indugiando sugli archi, sulla melodia delicata, sull’intesa tra i due, sull’impasto delle voci. 7
OLLY – Punta sulla festa, trasforma Il pescatore di De André in un pezzo da circo, coerentemente con Goran Bregović e la sua orchestra. Lui la prende benissimo. 6,5
ACHILLE LAURO ED ELODIE – La bomba di stasera, una prova di carisma, sensualità, sicurezza. Mescolano la malinconia del Cocciante/Gaetano di A mano a mano e la Berté aggressiva di Folle città. Una performance sorprendente, non solo la canzone da cantare al karaoke come per vari dei cantanti in gara. 7,5
MASSIMO RANIERI – Lui e i Neri per Caso ci azzeccano poco l’uno con gli altri e spiace che ne paghino le spese Pino Daniele e la sua delicata Quando, ridotta a un giochino. 5,5
WILLIE PEYOTE – Un tempo piccolo: eccolo il vero grande omaggio a Franco Califano, che il torinese canta con Federico Zampaglione e Ditonellapiaga. Onorano la canzone, la vestono ognuno con la propria sensibilità. Bravi tutti, senza strafare, al servizio della canzone. 8
BRUNORI SAS – Lui, Sinigallia e DiMartino, tre dei più bravi cantautori contemporanei, omaggiano Lucio Dalla con L’anno che verrà. Non rischiano, vanno un po’ di conserva, ma il talento al servizio di una grande canzone può bastare. 7
FEDEZ – È il più atteso della serata, con Bella stronza, ma Fedez è furbissimo e gioca sempre a cavalcare le polemiche per poi smentirle. Della canzone, molto discussa per il testo misogino di Masini, resta solo la prima strofa e i ritornelli, accelerati rispetto alla versione originale, già pronta, curata e pensata per l’incisione discografica, come se Masini cantasse su dei samples su cui Fedez mette le sue barre evidentemente dedicate alla sua vicenda sentimentale personale. Soprattutto, i passaggi più scabrosi dell’originale sono stati tagliati via. Piaceranno, ma la loro prova è un po’ fredda, deludente. Anche sbagliata, volendo. 5,5
BRESH – Secondo omaggio a De André, con uno dei suoi capolavori, Creuza de mä, cantata col figlio Cristiano. Si interrompono per un incidente tecnico al microfono di Bresh, rischiano su un cavo staccato, ripetono l’interpretazione, ma poi trasformano l’Ariston in un antro magico, con la forza del dialetto genovese. E Bresh regge l’impresa in modo sorprendente. 7,5
SHABLO, GUÈ, JOSHUA E TORMENTO – Aspettando il sole è la canzone hip-hop italiana forse più bella di ogni tempo (Amor de mi vida un po’ meno) ed è una colonna, una radice che da Neffa arriva a oggi. Più che un omaggio, è un momento seminale e fondativo. 7
