Ieri è scomparso Pippo Baudo (1936-2025), monumento della tv italiana. Seppe reinventare l'intrattenimento e ne fu padrone assoluto

Il mondo dello spettacolo e quello della cultura ricordano oggi la figura di Pippo Baudo, scomparso ieri all’età di 89 anni. È stato un protagonista della televisione italiana e soprattutto della storia della Rai, alla quale il presentatore ha dedicato quasi tutta la sua lunga carriera.

Pippo Baudo, uomo colto, autorevole, estremamente serio e rigoroso nel suo mestiere, era un carattere deciso. Nato nel catanese, diceva di sé di avere “l’Etna dentro”. A Monica Mondo, che lo intervistò nella sua rubrica Soul su Tv2000, confessò di essere nato e vissuto sempre da democristiano. E la sua immagine pubblica era davvero quella di un uomo di “centro”, che sapeva considerare la moderazione, persino il compromesso come qualità positive, sempre necessarie.



Pippo Baudo ha incarnato la grande stagione del Varietà televisivo. Gli uomini della cosiddetta tv generalista, quella cioè che si rivolge al pubblico più vasto e indifferenziato, sono soliti dividere la programmazione in tre grandi aree: la fiction, l’informazione e l’intrattenimento. Senza nulla togliere all’importanza dei primi due generi, che assicurano continuità e profondità di ascolto il primo ed economicità di prodotto il secondo, è l’intrattenimento il vero cuore della tv generalista contemporanea.



Pippo Baudo riceve un premio durante la presentazione dell’offerta 2021/2022 di Rai Radio (Foto ANSA/FABIO FRUSTACI)

Pippo Baudo ne è stato uno dei protagonisti, soprattutto perché ha saputo interpretarlo e reinventarlo, dai primi programmi degli anni sessanta, quelli dei grandi varietà appunto, fino agli ultimi impegni di anni più recenti, nei quali sono nati format ibridi che mescolano gli altri generi e formati nuovi, come i cosiddetti “contenitori”. Ma sempre ricercando una sintesi tra qualità e necessità di parlare a tutti: in una parola, in modo “popolare”.

Il grande ruolo dell’intrattenimento televisivo è stato sempre ben presente ai leader della tv, sia commerciale, sia pubblica. Così, per citare alcuni nomi, Ettore Bernabei per la Rai e ovviamente Silvio Berlusconi per la tv commerciale.



Per questo motivo i professionisti di valore, in grado di realizzare prodotti di intrattenimento efficaci e ben confezionati, come Pippo Baudo, sono stati sempre al centro della loro attenzione. Ma l’importanza di questo genere di programmi è oggi chiara anche ai politici, sempre alla ricerca delle strade più brevi per la formazione del consenso.

Non fu però sempre così, almeno per una parte di intellettuali. Vale la pena ricordare che Karl Popper, intuendo lo straordinario potenziale di certa programmazione televisiva, propose addirittura l’introduzione di una patente per coloro che fanno tv, eventualmente da ritirare a vita a chi agisca in contrasto con certi principi. “Una democrazia – scriveva – non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione”.

Oggi, per fortuna, tutto si può dire ma non che non ci sia libertà nelle televisioni e nelle loro programmazioni. Pippo Baudo di sicuro non era tipo da farsi mettere sotto controllo.

Ed è singolare anche ricordare che nell’ambito della cultura laico-borghese ci furono accesi avversari addirittura all’introduzione della tv a colori. Ugo La Malfa si oppose a quello che considerava un “mezzo luccicante e seducente” che avrebbe portato alla crescita disordinata di una società dei consumi individuali.

La televisione di Pippo Baudo potrà piacere o no, ma è stata comunque un pezzo della nostra storia. Alla fine tutti coloro che schifavano la tv dell’intrattenimento popolare hanno finito per farla. O perlomeno, sotto sotto, continuando ad alzare il sopracciglio, a desiderare di farla.

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