Lo sfaldamento di M5s “è il principale problema politico che c’è oggi in Italia”, dice Stefano Folli, editorialista di Repubblica. Un fatto senza precedenti che condiziona a cascata tutto il resto, da Conte alla crisi dell’Ilva, fino alle prossime regionali e ai rapporti interni al Pd. Se il governo dovesse inciampare, o se si arrivasse a una resa dei conti dopo il voto in Emilia, stavolta Mattarella non potrebbe fare altro che mettere fine alla legislatura.
Partiamo dalla linea del governo sull’Ilva, che sembra ridursi alla battaglia legale di Conte.
Siamo davanti al fallimento di un’intera classe politica, che ha dimostrato di non sapere cosa sia un orizzonte strategico. Un giorno si fa la voce grossa con Arcelor Mittal, il giorno dopo si ripresenta lo scudo penale. Le stesse dichiarazioni sono piene di cose dette e contraddette. E il vero tema scompare.
Quale sarebbe?
La gestione e il futuro dell’acciaio in Italia, che per via della battaglia legale rischia di essere trasformato in un caso burocratico. L’aspetto legale c’è, ma non è il cuore del problema.
Possiamo permetterci di rinunciare a un punto e mezzo di Pil?
Sarebbe una catastrofe. Per non parlare delle ricadute sociali. E poi abbiamo trasmesso all’estero l’immagine di un paese senza certezza del diritto e questo è ancora più grave delle sorti dell’acciaio.
Il governo ce la farà?
Al momento non vedo come. Se si rivolge a un altro compratore estero, Mittal potrebbe chiedere danni per una cifra enorme. Se intende nazionalizzare per salvaguardare l’occupazione, non ha i soldi per farlo.
Cosa rischiamo?
Di ripetere in piccolo la vicenda Alitalia: rinvii continui e iniezioni di denaro pubblico in attesa di una soluzione.
Ha parlato di fallimento di un’intera classe politica. A chi pensa?
A tutti. Siamo ben oltre il Conte bis. Nessuno può scagliare la prima pietra, dire “io sono innocente”. Forse si salva solo Calenda.
Perché Salvini non si è ancora presentato a Taranto dicendo di avere una soluzione?
Forse non ce l’ha, o forse anche la Lega ha degli scheletri nell’armadio. Non saprei.
L’Ilva rischia di dare il colpo di grazia a M5s. Conte può ancora intestarsi la leadership del Movimento?
Ma i 5 Stelle si stanno sfarinando, e non sono un partitino, sono un partito con il 33 per cento dei seggi del Parlamento. La loro crisi è un fatto senza precedenti nel panorama di tutte le forze politiche europee moderne. Nemmeno le vicende di Tangentopoli, con la distruzione del Psi e della Dc sono paragonabili. Come potrebbe Conte fare il punto di riferimento di una forza inesistente?
Dunque i 5 Stelle sono destinati a finire?
Io penso che sia un fatto inevitabile: sentir dire che non si presenteranno alle regionali, in Emilia e altrove, per evitare una batosta micidiale è una cosa che non si era mai vista. E non lascia immaginare grandi sviluppi.
Si parla di una nuova forza centrista che si starebbe organizzando per dare un partito a Conte, sottraendolo alla fine di M5s e ai ricatti di Renzi. Che ne pensa?
Sarebbe una manovra di palazzo, di poca sostanza. Chi se ne è assunto l’iniziativa farà in modo che Salvini e Meloni aumentino ancora.
La strategia di Salvini è guadagnare terreno con le regionali? Non sembra volere il voto.
Invece dovrebbe tenersi pronto a tutto, anche a che il governo inciampi.
Èd è attrezzato per questo?
Diciamo che è più pronto oggi di quanto non lo fosse l’estate scorsa. È più prudente e sta cercando di evitare i molti errori commessi allora: eccesso di sicurezza, arroganza, perfino idolatria.
Sta rassicurando l’Europa. Ci riuscirà?
L’establishment europeo in questo momento è abbastanza perplesso, non tanto da Salvini quanto dalla situazione istituzionale che si è venuta a creare, perché la Commissione von der Leyen ancora non c’è. Ma senza la nuova Commissione e un programma ben definito, le forze nazionaliste non sono nemmeno indotte a rafforzare il loro profilo europeo. Salvini ha bisogno di un establishment europeo forte, non debole. Altrimenti rischia di non fare il suo percorso.
Intanto con Draghi ha sorpreso tutti.
Mancano due anni e passa all’elezione del presidente della Repubblica. Non poteva dire una cosa diversa.
Ieri Conte ha visto Angela Merkel. Si è parlato di Libia, di acciaio e probabilmente anche di unione bancaria. Temi sui quali la Merkel vorrebbe smarcarsi dall’iniziativa ingombrante di Macron.
Per noi è politicamente più opportuno cercare un rapporto con la Germania, sia perché è nella tradizione della politica europea dell’Italia, sia perché ultimamente il legame si era allentato a favore di una relazione privilegiata con Macron. Se tutto questo non è casuale ma obbedisce a un disegno, è positivo.
Qual è, in questa fase apparentemente così incerta per il governo, il ruolo del Quirinale?
Mattarella è consapevole che la tela politica si è molto lacerata. Se per un incidente parlamentare o per una resa dei conti dopo le regionali in Emilia si aprisse una crisi, sarebbe difficile immaginare un altro governo in questa legislatura e a quel punto resterebbero solo le urne.
Zingaretti e Franceschini: chi comanda nel Pd?
Direi Franceschini, che però difende una linea che fa acqua da tutte le parti. Rafforzare il rapporto tra Pd e 5 Stelle per blindare i due anni restanti di legislatura ha una logica politica che tiene fintanto che regge M5s. Ma se M5s si spappola, va in crisi anche questa strategia. Zingaretti lo ha capito e infatti mostra scetticismo.
Per questo si è recato negli Stati Uniti prima dell’appuntamento programmatico di Bologna?
Direi di sì. Se ci fosse una crisi, la linea di Franceschini si svelerebbe per quello che è, usurata, e Zingaretti con il voto potrebbe avere la sua rivincita.
(Federico Ferraù)
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