Quarto Grado è tornato ad occuparsi ieri sera di un vero e proprio cold case, il delitto di via Poma, la morte di Simonetta Cesaroni, un giallo che dura da più di 30 anni: chi ha ucciso la povera ragazza? Gli inquirenti continuano ad indagare, visto che la famiglia chiede giustamente verità e giustizia: “Ci aspettiamo che ricomincino le indagini da capo come se fosse veramente un foglio bianco da scrivere tutto”, a parlare è Paola Cesaroni, la sorella di Simonetta, colei che ha scoperto nel suo ufficio il 7 agosto del 1980 il corpo martoriato dalle coltellate. La procura di Roma ha stabilito che l’indagine non deve essere archiviata ed ha ordinato di ascoltare 29 testimoni che speriamo possano dare elementi utili per stabilire l’identità dell’assassino.
Chi ha ucciso Simonetta Cesaroni, lasciandola nuda sul pavimento, per poi far sparire alcuni indumenti e ripulire la stanza? Igor Patruno, consulente della famiglia della vittima, ha spiegato: “Con la famiglia e gli altri consulenti abbiamo a lungo lavorato sulle carte dell’inchiesta e abbiamo presentato ben 5 esposti, la Gip nell’ordinanza ha riconosciuto che quanto abbiamo individuato è degno di essere approfondito”. Nell’ordinanza viene citato il lavoro della famiglia e anche di Quarto Grado, in merito ad una figura centrale, quella dell’avvocato Caracciolo dell’ostello della gioventù, che ha sempre negato di conoscere Simonetta Cesaroni nonostante fosse stato proprio lui ad assumerla: “Non l’ho conosciuta – ha detto in aula – non l’ho mai vista”.
SIMONETTA CESARONI, IL RUOLO DI CARACCIOLO E LA SUPERTESTIMONE
Nelle carte ci si concentra anche su un supertestimone scoperto sempre da Quarto Grado, che punta il dito nei confronti dell’avvocato Caracciolo: “Mia sorella mi disse – raccontava – che l’avvocato Caracciolo le avrebbe messo le mani addosso”. Quest’uomo è stato chiamato in procura assieme alla sorella, che all’epoca aveva la stessa età di Simonetta Cesarone (classe ’70), e tra l’altro le assomigliava.
La sorella ha confermato le molestie ai carabinieri, dicendo che quando era ragazzina lui la palpeggiava, infilandole le mani sotto la maglietta: “Ero piccola e non riuscivo a dare un significativo ma mi disturbavano molto”. L’avvocato è morto nel 2016 ma per fare un quadro più ampio la gip vuole sentire la vittima: è solo una pista e tutte portano a via Poma. “Simonetta è stata trovata lì e quello che è successo lì ha le radici”, precisa la sorella. Quarto Grado è tornato nel palazzo di via Poma dove fu trovata morta Simonetta Cesaroni. Dove venne uccisa oggi c’è un bed & breakfast, quindi le telecamere si accendono sul luogo del delitto, che è decisamente cambiato rispetto a 45 anni fa. La sala delle riunioni è diventata una camera da letto, mentre la stanza di Simonetta Cesaroni è un’altra camera dove c’è un grande cuore rosso, esattamente proprio dove è stato trovato il cadavere della povera ragazza. Giulia Arcieri, la Gip, ha chiesto che quella stanza venga nuovamente esaminata.
SIMONETTA CESARONI, APPARTAMENTO DEL DELITTO ACQUISTATO DA UN NOTAIO
L’appartamento è stato acquistato da un notaio nel 1991, un anno dopo il delitto, che ha raccontato a Quarto Grado: “Non l’avevo mai visto ma credo che nessuno l’avesse mai vista dello studio dove lavoravo. Questa ragazza non l’avevo mai vista, mai conosciuta”, racconta lo stesso notaio, ma la gip vorrebbe comunque risentirlo “Io quel giorno ero a Chieti, giurando per diventare notaio, esattamente quel giorno. Ho giurato in mattinata e poi sono andato a pranzo”. Nel pomeriggio, quando Simonetta Cesaronivenne uccisa, l’uomo era dalla madre a Roccaraso, in Abruzzo, anche se dalle carte dell’inchiesta non risulta che fu mai verificato. La giudice per le indagini preliminari vuole anche verificare se il notaio avesse uno spadino in dotazione ai cadetti dell’accademia militare di Napoli, arma perfettamente compatibile con le ferite trovate sul cadavere di Simonetta Cesaroni.
“Lo spadino è qualcosa di meno affilato ed appuntito di un tagliacarte, è veramente ridicolo pensare che possa essere uno strumento di morte, ce l’ho ancora ma non so che fine ha fatto”, precisa il notaio, rimandando quindi al mittente un eventuale sospetto. Poi c’è la questione dell’impronta con sangue A positivo trovata in via Poma, ma il notaio non risponde a riguardo: “Saranno fatti miei qual è il mio gruppo sanguigno”. Il collega e amico, Luigi Mannucci, sentito sempre da Quarto Grado, precisa: “Per lui il delitto non fu un motivo psicologico per non acquistare l’appartamento. La sua stanza era proprio quella”, aggiunge, riferendosi alla stanza del cuore dove è stata trovata appunto Simonetta Cesaroni. Insomma, dopo 45 anni, la verità non è ancora emersa: la gip Arcieri riuscirà a fare finalmente chiarezza? La speranza è che da questa sorta di nuova inchiesta possa emergere la verità.