SPILLO/ Il “partito Vinavil” pronto a far saltare Draghi dopo il voto sul Quirinale

- Sergio Luciano

Il voto su Rousseau e è il primo di tanti finti ostacoli al Governo Draghi. Che rischia solo dopo che si sarà votato il successore di Mattarella

beppe grillo Beppe Grillo (LaPresse)

Immaginatevi per un momento se al posto di Vito Crimi (viene da ridere solo a scriverlo) e dei Cinquestelle, in questo finale di partita tragicomico delle consultazioni di Draghi, ci fossero stati Silvio Berlusconi con la sua Forza Italia. Immaginatevi se per incontrare Draghi il Crimi-Berlusconi si fosse fatto accompagnare dal suo “garante”, poniamo Gerry Scotti; e se poi, prima di decidere se votare o no la fiducia, Crimi-Berlusconi avesse lanciato un televoto su Italia 1, portando a casa il 60% del consenso con 45 mila voti sì. Che avrebbe detto Nicola Zingaretti, che avrebbe scritto Travaglio, e quanto si sarebbe indignato il Senato giornalistico del gruppo Gedi?

Perché gliele facciamo passare tutte ai Cinquegatti e al loro Capocomico? La riapparizione di Grillo non era, purtroppo, opponibile perché la democrazia è una cosa bella e nobile, molto più nobile di tanti ignobili, e quindi se un gruppo di liberi cittadini decide di seguire un signore che suona un piffero rotto non è una favola ma una brutta faccenda che le regole alle quali ci aggrappiamo non permettono di proibire: ma resta una vergogna morale e intellettuale che un arruffapopolo bugiardo e in malafede possa, on-demand, tornare alle sue scorrerie nella politica del Paese senza che nessun gli chieda conto della sua inconsistenza ideologica e delle sue giravolte da mulino a vento.

E la piattaforma Rousseau? Un vilipendio alla Costituzione, che all’articolo 67 esclude in vincolo di mandato e quindi impone agli eletti di non sentirsi vincolati ad altro che alla propria coscienza. Però la Costituzione non proibisce agli eletti di rifugiarsi nel bagno di Montecitorio per telefonare a casa piagnucolando: “Mammina, cosa devo fare? Aiutami tu!” e quindi questa pagliacciata schifosa di una consultazione on-line alla quale ha risposto lo 0,4% degli sprovveduti votanti grillini su una piattaforma privata dall’ignota certificazione è pur sempre servita ad autorizzare il sì.

Insomma. Da una parte l’Italia migliore, quella che oggi sicuramente Draghi – pur senza mitizzare nessuno, manco lui – evoca, se non incarna: un’Italia che innanzitutto lavora, e non tre ore alla domenica sugli spalti di uno stadio; che studia e sa farsi valere per quello; che conosce il mondo e lo attraversa da pari a pari. E che si prende delle responsabilità per migliorare sul serio la vita al prossimo. Dall’altra la cialtroneria più assoluta, le parole in libertà, la presunzione dei ciucci – come da classico modo di dire – l’opportunismo più cinico.

Come Dio volle, dall’accrocchio di questi opportunisti, unicamente accomunati dal Vinavil con cui cosparsero le proprie terga tre anni fa, al primo sedersi sugli scranni di Montecitorio e di Palazzo Madama, nascerà un Governo di salvezza nazionale: per continuare a combattere la pandemia, possibilmente un poco meglio; e scrivere in italiano un Pnrr capace di meritarsi i soldi europei. Mario Draghi lo saprà guidare. E il suo percorso – diciamolo oggi, una volta per tutte – sarà sostanzialmente molto più stabile di quello che noi, noi dei media, pervicacemente perseverando nei nostri errori, racconteremo.

Già: perché quelli del Vinavil, indifferenti al fatto che le chiazze di colla bianca dietro di loro sono state viste da tutti, ostenteranno ancora il diritto-dovere di sindacare le scelte del Governo, e ogni volta fingeranno di impancarsi, severi e perfino seriosi, a discutere se sia più giusto chiamare il ministero dell’Ambiente col nome nuovo di transizione ecologica o energetica, ma in realtà domani nelle aule parlamentari – come tra un mese e poi giorno per giorno – non penseranno al merito di quel che voteranno ma alla diaria in arrivo il 27, mentre noi li prenderemo sul serio e scriveremo di loro, e daremo conto delle loro finzioni come critici cinematografici convinti che 007 vive davvero due volte.

In realtà, fino al voto per il rinnovo del Quirinale, il primo stadio del razzo-Draghi volerà alto. Tra un anno, a Recovery avviato e, se Dio vuole, pandemia domata, la scalmana riprenderà, e il vero traguardo per questo Parlamento di peones sarà il primo giorno del settimo mese dell’ultimo semestre del quinquennio, allorquando decorrerà anche il merito pensionistico della legislatura e il Vinavil si staccherà come per incanto dai pantaloni e dalle poltrone.

La buona notizia è che il ridicolo di questi giorni di recite da oratorio non si sarà ancora cancellato e le prossime urne sicuramente ridimensioneranno i Cinquestelle a Cinquegatti, col resto di due: Di Battista e la sua motocicletta a capeggiare un partiticchio duro e puro.

Ma il resto, tutto attorno? Una destra di voltagabbana monetari, Europa sì-Europa no, intanto che scaldo il motore della ruspa e mi vado ad arare il giardino dietro casa? Un centrodestra-Tutankamen, perennemente in attesa della convocazione notarile per la lettura di un testamento politico che chi-di-dovere non ha mai voluto scrivere? Un manipolo di camicie nere lavate a secco, coerenti con la linea del voto e incoerenti con la coalizione cui pure avevano aderito? Oppure un partitone-ameba che anche stavolta non ha detto né qualcosa di sinistra, né qualcosa di destra né niente?

Questi del Vinavil riflettono l’Italia peggiore, ma a incollarsi su quelle poltrone ce li abbiamo mandati noi. Il Recovery dovrebbe servire a far maturare la nostra democrazia eternamente bambina, ma non funziona così, purtroppo. Due anni passano in un lampo, e ci ritroveremo a votare con una pessima legge, una pessima classe politica e 2.900 miliardi di debito pubblico, una roba come il 165% del Pil. A quel punto, la cessione di sovranità non sarà più una disquisizione tra costituzionalisti. Sarà la firma sotto un contratto: voi ci obbedite, noi vi teniamo in vita. A meno di un miracolo, a meno che nel frattempo l’Italia migliore non prevalga, non maturi ma sul serio, e faccia piazza pulita dei cialtroni.







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