FINANZA/ Campiglio: famiglie, un “disastro” consumato in 15 anni

- int. Luigi Campiglio

Nell’arco di circa quindici anni, spiega LUIGI CAMPIGLIO, il reddito medio e la capacità di risparmio degli italiani hanno subito una caduta, complicando la situazione attuale

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Dopo aver guardato e studiato i dati, dopo averli confrontati e averli approfonditi, il professor Luigi Campiglio, docente di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, lancia un allarme, molto secco, ma anche ben motivato: «Abbiamo disperatamente bisogno di una classe dirigente. Abbiamo bisogno di un comandante che sappia pilotare una nave, di ufficiali competenti, di una plancia che sappia eseguire gli ordini. Così, in questo modo, non si può più andare avanti. Non siamo ancora finiti contro gli scogli, ma così non si va avanti e si comincia a rischiare grosso». Riflette ancora Luigi Campiglio e poi aggiunge: «Guardi, non dico tutto questo perché penso in negativo, perché vedo in arrivo l’Apocalisse. Per carità. Dico questo, perché quello che ho letto mi fa pensare che stiamo finendo nelle sabbie mobili. E non posso quindi dire che stiamo invece nuotando nel mare della Costa Azzurra. Credo che da questa situazione dobbiamo tirare fuori la testa, penso che ce la possiamo fare ancora. Ritengo che si possano trovare delle regole condivise. Ma con l’attuale classe dirigente, riemergere è difficile, perché adesso la situazione è diventata grave».

Quali sono questi dati che l’hanno portata a una simile considerazione?

Gliene offro alcuni che riguardano le famiglie italiane, in un arco di tempo che va dal 1995 al 2011. È vero, questo periodo è caratterizzato dalla nascita e dalla gestione della “seconda repubblica”, ma non voglio entrare in giudizi su questo aspetto della questione politica nazionale. Faccio l’economista e mi limito a osservare con attenzione il reddito medio delle famiglie italiane, al netto dell’inflazione. Nel 1995 queste famiglie potevano contare su un reddito medio di 46mila euro. Il dato del 2011 dice che le famiglie italiane hanno un reddito medio di 41mila euro. Hanno perso 5mila euro, il loro potere d’acquisto è sceso più del 10%. Questo risultato mi ha veramente fatto impressione.

Questo spiega l’incertezza, quasi una muta rassegnazione che si percepisce un po’ ovunque, anche davanti alla cosiddetta svolta del nuovo “governo dei tecnici”?

Ritorniamo ai dati, a un altro dato. Nel 1995 c’era un rapporto tra debito pubblico e Pil a quota 120%. Eppure gli italiani, le famiglie italiane erano considerate come delle “formichine”, con una capacità di risparmio che batteva tanti paesi europei. Per l’esattezza in quel 1995, la capacità di risparmio degli italiani e delle famiglie italiane raggiungeva il 20%. Si poteva affermare senza ombra di dubbio che gli italiani erano un popolo di risparmiatori. Vuole che le dica il dato attuale? Nel 2011 la capacità di risparmio è stata dell’8,9%. Il ruolo delle “formichine”, il Paese dei bot-people che poteva permettersi alcune cose, risparmiando, non c’è più, non esiste più. Questa è l’immagine di un disastro, per lo meno nella gestione economica del Paese.

Anche nel confronto con gli altri paesi?

Sì, abbiamo perso terreno nei confronti di Paesi come la Germania, che resta al 16% circa, ma anche della Francia, pur con tutti i suoi problemi. Tutto questo ha un riflesso importante sul piano sociale: tutto quello che gli italiani si potevano permettere nel 1995, oggi non se lo possono permettere più. Nell’arco di quindici anni le famiglie italiane si sono prese delle bastonate che sono incredibili.

 

Un autentico arretramento, un impoverimento generale nell’arco di quindici anni è quasi inquietante. Pare quasi inevitabile pensare ai rischi dell’antipolitica, ai dibattiti surreali sui complotti, che poi non esistono.

 

Sull’antipolitica le risponderò dopo. Sui complotti sono d’accordo con lei: non esistono. Qui emerge solamente cecità, incapacità, irresponsabilità, assoluta assenza di una classe dirigente, non mi interessa se giovane o vecchia, non è questo il problema. E sto parlando di assenza di classe dirigente in generale. Tutto quello che l’Italia doveva fare in questi anni non lo ha fatto, lo ha lasciato perdere, lo ha trascurato. Il quadro attuale è quello di conti pubblici che sono quelli che sono ed è inutile stare a ripeterci. Vanno un po’ meglio alcune imprese, anche se sono in difficoltà. Sono crollate in un disastro le famiglie, che oggi sono indebitate, hanno meno capacità di risparmio e devono affrontare con questa crisi un numero enorme di problemi. Questo è il quadro.

 

Il “governo dei tecnici” non sembra rendersi perfettamente conto di questa situazione, di questa realtà.

 

A volte ragiono da solo, mi domando se ho ragione o ho torto. A volte penso che probabilmente il professor Mario Monti abbia ragione e che sia necessario prima il rigore e poi la crescita. Ma devo dire che quando osservo i dati, penso di non avere proprio del tutto torto. Mi stupiscono in più alcune “cadute di stile” di questo governo, “cadute di stile” che mi lasciano anche perplesso, per non dire sgomento. Ma che bisogno c’era di dire che in Italia non arriveremo ai 1700 o ai 1800 suicidi della Grecia? Che sarebbe un bel risultato se arrivassimo “solo” a 1600?

 

Che cosa dovrebbe fare una classe dirigente capace, attenta alla realtà in questo momento?

Come le dicevo non siamo ancora finiti sugli scogli, ma qui per riemergere bisognerà pure trovare delle regole condivise e colmare il vuoto che si è creato in questi quindici anni. Il nostro è un Paese che non ha voluto una politica industriale. Ora stiamo raccogliendo i cocci di tutto queste cose non fatte. Guardando la realtà ci dovrebbe pur essere qualcuno che avverta la necessità di una politica dei redditi e di una politica di equità. Questo è uno dei compiti di una classe dirigente di un Paese.

 

Quali contraccolpi sociali ci potrebbero essere?

 

Al momento c’è una muta rassegnazione, non so in che cosa si possa trasformare. Poi credo che qualcuno comincerà a valutare questi dati che emergono dalle ricerche. Pensi che se lei considera il risparmio lordo e lo confronta tra il 1995 e il 2010 ottiene questo risultato: 1995, 131 miliardi di euro; 2011, 95 miliardi. Come le dicevo, non voglio fare considerazioni sulla “seconda repubblica”, mi limito a osservare, continuando a citare questi dati che, quanto meno, la gestione economica del Paese si è rivelata sbagliata. E voglio solo usare degli eufemismi.

 

Di fronte a tutto questo c’è il timore dell’antipolitica. Mi deve ancora una risposta, professore.

 

Ma che cosa dire di fronte a una situazione come questa. Scusi il paradosso, ma in questo momento, e visto come vanno le cose, l’antipolitica appare come l’unico valore, l’unico valore contro.

 

(Gianluigi Da Rold)





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