FCA RUMORS/ L’addio di Marchionne e i numeri che spingono alla vendita

- Franco Oppedisano

Ieri Fca ha presentato i risultati del primo trimestre 2018: numeri che sembrano adatti a trovare un compratore, anche perché Sergio Marchionne se ne andrà. FRANCO OPPEDISANO

marchionne_microfoni_laprsse Sergio Marchionne (Lapresse)

FCA RUMORS. Prima Morgan Stanley che ipotizza la conferma di Marchionne anche nel 2019. Poi il diretto interessato che filosofeggia e gela gli entusiasmi contando “tra zero e nessuna” le possibilità che rimanga al timone di Fca. Nella giornata della trimestrale della casa automobilistica molto americana e un po’ italiana si è parlato quasi solo di questo. Se ne andrà, non se ne andrà, chi prenderà il suo posto. Personalmente non abbiamo dubbi: Marchionne lascerà il timone il prossimo anno presentando i risultati del 2018. Sul chi prenderà il suo posto si può discutere, ma è fuori discussione che non avrà neanche la metà delle capacità dimostrate in questi anni dal manager di Chieti.

Ma perché Marchionne se ne vuole andare? Oppure, perché vogliono che se ne vada? Ci pare che le domande alle quale bisogna rispondere siano queste. Già sceglierne una delle due non è facile. È Marchionne che ha scelto di lasciare Fca o sono gli azionisti di maggioranza a voler fare a meno di un uomo che ha passato gli ultimi 15 anni a gonfiare i loro portafogli? O si tratta di una decisone condivisa, presa di comune accordo, una specie di unicum nella storia degli uomini di potere?

Si parla di dissidi crescenti tra il manager italocanadese e il presidente di Exor John Elkann e di una convivenza diventata difficile. Si parla di diversità di vedute sul futuro partner (il nipote dell’avvocato guarderebbe ai coreani di Hyundai, mentre Marchionne vorrebbe un matrimonio americano con General Motors o Ford). Si dice che non siano d’accordo sul futuro dei motori diesel e neanche sulle modalità di spin off delle attività di Magneti Marelli. Si dice che questi dissidi tra azionista e manager spiegherebbero ogni cosa. Ma bisogna considerare che Marchionne resterà nel consiglio d’amministrazione di Exor, resterà presidente e amministratore delegato di Ferrari e all’interno del gruppo conserverà decine di cariche. 

Alzi la mano chi vorrebbe mettere alla porta un manager che ha moltiplicato di quasi 20 volte il valore della sua azienda. E la alzi chi pensa che questo manager a 65 anni (due anni prima che l’Inps metta in pensione i suoi impiegati) lasci a cuor leggero una sua creatura che ha salvato, fatto crescere e rilanciato. Né una cosa, né l’altra tra sono possibili. La risposta alla prima domanda è che Exor non vuole far fuori Marchionne e lui non vuole andarsene. È Fca che sta per essere fatta fuori, che sta per andarsene. Chi la prenderà, come e in che tempi lo scopriremo nei prossimi mesi. Magari verrà venduta a pezzi, Fiat e Lancia in Cina, i marchi americani negli Usa e Maserati e Alfa Romeo in Europa. Magari non ci sarà uno spezzatino, magari saranno solo due ampie portate che riusciranno a mettere insieme l’obiettivo di massimizzare il profitto con la soluzione di tutti problemi politici. Ma sarà così. Se non si cambia non c’è futuro, o meglio ce n’è uno estremante duro perché Fca è indietro di almeno 5 anni rispetto ai concorrenti.

Negli ultimi tempi Marchionne ha strizzato l’azienda come un limone tirandogli fuori tutto quello che era possibile tirare fuori. Anche i conti della trimestrale presentati ieri lo dimostrano. Soprattutto l’indebitamento che non è di per sé un male quando serve per fare investimenti necessari per il futuro, ma che diventa fumo negli occhi quando abbassa il valore dell’azienda in fase di vendita perché l’acquirente deve farsene carico. Marchionne aveva promesso di azzerarlo entro la fine di quest’anno e pareva un’impresa impossibile. Nel 2014 era 14,45 miliardi oggi è poco più di 1,3 miliardi. Mentre al palo rimangono le vendite di auto che, secondo il piano industriale di cinque anni fa, dovevano essere 7 milioni mentre rimangono attorno ai 4,7.

L’utile netto ha superato il miliardo di euro, in rialzo del 59% rispetto allo stesso periodo di un anno fa, e per la prima volta ha superato General Motors. Operazione difficile certo, ma non impossibile se si riducono al minimo le spese e gli investimenti in nuovi prodotti e tecnologie. Tutti i numeri presentati al mercato e agli analisti hanno un che di miracoloso con un ebit adjusted che cresce del 19% a cambi omogenei e le consegne di Jeep che aumentano del 37% e coprono abbondantemente le défaillance degli altri marchi. Numeri in regola per presentarsi davanti a uno sposo o agli sposi.





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