GOVERNO(?)/ Il fallimento di Bersani spiana la strada a Beppe Grillo & Grasso

- int. Fabrizio Rondolino

Per FABRIZIO RONDOLINO, dopo l’esito delle consultazioni con l’M5S Bersani non può fare altro che dimettersi e consentire a Napolitano di dare l’incarico ad una figura istituzionale

grasso_R439 Piero Grasso, presidente del Senato (Infophoto)

E’ come se negli ultimi 31 giorni non si fosse mossa una foglia. Era il 25 febbraio, non avevamo un governo, il Pd non aveva i numeri per governare, l’M5S si rifiutava di darglieli, quelli del Pdl venivano rifiutati dal Pd. Non è cambiato nulla. Nel frattempo, a dire il vero, Napolitano ha conferito l’incarico a Bersani, subordinandone la conferma allo sblocco dell’impasse. Una parentesi. Siamo agli sgoccioli, e Bersani non ha ancora dimostrato di poter godere di una maggioranza solida sia alla Camera che al Senato. Soprattutto al Senato, dove mancano all’appello per formare il magic number (158) almeno una ventina di senatori. L’M5S ieri ha confermato il suo “no” a tutto. Tranne a un governo grillino. «Se il presidente Napolitano non dovesse infatti assegnare a Bersani l’incarico di formare un nuovo governo, il percorso delle consultazioni riprenderebbe il suo iter, nel quale, come già puntualizzato, il Movimento Cinque Stelle si assumerà la sua responsabilità politica, proponendosi direttamente per l’incarico di formare una squadra» ha dichiarato ieri il capogruppo al Senato Vito Crimi per smentire le agenzie che, in precedenza, avevano battuto: «Crimi: “Se Napolitano fa un altro nome, è un’altra storia”». Il commento di Fabrizio Rondolino, giornalista a scrittore.

Cosa è emerso, sostanzialmente, dalle consultazioni di ieri?

Alla fine del negoziato, il Movimento 5 Stelle presumibilmente ipotizza di stare all’opposizione o di andare a elezioni anticipate. Sta di fatto che se prendiamo per buono quello che hanno detto, se dopo una settimana di consultazioni surreali il principale interlocutore del Pd chiede a Bersani di fare un passo indietro, e se consideriamo che ogni altro tentativo è fallito, non possiamo che trarne una conseguenza: il premier incaricato dovrebbe salire al Colle e dimettersi. Indipendentemente dalle reali intenzioni di Grillo.

Secondo lei cosa intendeva dire realmente Crimi?

Probabilmente, pensa ad una sorta di governo di indipendenti vicini all’M5S. I ministri non sarebbero reclutati tra i parlamentari del partito, ma tra personalità gradite. Le parole di Crimi vanno intese, altresì, come un messaggio interno al movimento stesso. I grillini sanno bene che non possono accollarsi interamente, di fronte ai propri elettori, la responsabilità dell’ingovernabilità e dell’irrilevanza. Rilanciando una proposta di governo, sperano di convincerli del fatto che loro ce l’hanno messa tutta, ma sono gli altri che hanno posto dei veti.

Cosa farà Bersani?

Insisto: dovrebbe rassegnare le dimissioni subito. Basta scherzare: siamo ancora in una democrazia parlamentare. Nessun gruppo, salvo Pd e Sel, intende votargli la fiducia. Non ha la maggioranza. In queste condizioni, normalmente si rinuncia all’incarico. 

Dal Pdl, però, hanno fatto sapere che se si trova l’accordo sul capo dello Stato sono disposti a consentire la nascita di un governo targato Pd.

Sì, ma Bersani ieri, per l’ennesima volta, ha ribadito che con il Pdl non farà mai alcun tipo di accordo.

 

Per tener fede alla parola data potrebbe essere disposto a rinunciare alla presidenza del Consiglio?

Dovrebbe cambiare idea radicalmente. A quel punto, potrebbe prendersi ancora un paio di giorni per valutare quali margini di azione ci siano con Berlusconi.

 

L’esito potrebbe essere il governo della non-sfiducia?

La non-sfiducia non sarebbe una semplice tecnicalità, ma una grande svolta politica, alla base della quale ci dovrebbe essere un vero e proprio accordo politico. In ogni caso, sarebbe praticamente impossibile immaginare Bersani a capo di un’opzione del genere. Si è bruciato, ormai, tutti i rapporti. Fino a ieri ha sostenuto che mai e poi mai avrebbe accettato un’intesa con il Pdl e ora non può fare marcia indietro. Ribadisco, può e deve dimettersi.

 

E a quel punto cosa succede?

Il candidato naturale alla successione è Pietro Grasso.

 

Anche dopo la sua chiamata in diretta durante Servizio Pubblico e la sua polemica con Travaglio-Caselli?

Accreditarsi come nemico giurato di Travaglio e Caselli lo rende ulteriormente gradito al centrodestra. E al Pd va ben per forza, essendo il suo presidente del Senato. 

 

Sarà sufficiente un premier istituzionale per far dire al Pd: “Abbiamo scherzato, a noi l’accordo con il Pdl va benissimo, era solo Bersani che non lo voleva”?

Troveranno un modo elegante per dire qualcosa del genere.

 

(Paolo Nessi)





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