DIETRO LE QUINTE/ Braccio di ferro Mattarella-Pd e la carta nascosta del Colle

- int. Luciano Ghelfi

"O due dei tre poli trovano un'intesa, oppure la legislatura non parte. Qualcuno dovrà sacrificarsi. E il partito più sotto pressione è il Pd, spiega dal Quirinale LUCIANO GHELFI (Tg2)

sergio_mattarella_3_folla_lapresse_2017 Sergio Mattarella (LaPresse)

Si attribuiscono a Mattarella disegni oscuri per costruire un asse Pd-M5s, ma il capo dello Stato, spiega Luciano Ghelfi, quirinalista del Tg2, vuole realmente fare l’arbitro, e non intende usare questo ruolo per sostituirsi ai partiti. Tutto il resto è nelle sue prerogative. Resta vero, però, che “o due dei tre poli trovano un’intesa, oppure la legislatura non parte. E qualcuno dovrà sacrificarsi”.

Quali sono i fronti che preoccupano di più il Capo dello Stato?

Mattarella è naturalmente preoccupato della difficoltà di dare un governo al paese, ma anche della necessità di dare vita a un governo che abbia un minimo di solidità, non un esecutivo purchessia. Serve un governo coeso dal punto di vista programmatico: c’è il fronte europeo da presidiare, il Def da presentare entro la prima decade di aprile, e tante altre emergenze sul tappeto. 

Per il Pd il problema è rialzarsi dopo la batosta. La via più breve per la governabilità è quella di un patto fra i dem ed M5s, bisogna ammetterlo.

Credo sia un errore attribuire a Mattarella precisi disegni politici. Non a caso nel giorno della Festa della Donna, ha fatto un appello a tutti i partiti al senso di responsabilità nell’interesse dei paese. Appello che significa che qualcuno dovrà sacrificarsi. Del resto, o due dei tre poli trovano un’intesa, oppure la legislatura non parte. E il partito più sotto pressione è indubbiamente il Pd.

La via è quella di fare appello al senso dello Stato per facilitare altre soluzioni dentro il partito, alternative all’Aventino renziano?

Se il Pd si schierasse, tutto sarebbe più facile, e il Capo dello Stato certo ne è consapevole, così come è consapevole delle difficoltà che i democratici incontrerebbero se decidessero, ad esempio, di sostenere dall’esterno un tentativo di Di Maio. Molto dipenderà dall’esito del dibattito interno al Pd, aperto dalle dimissioni di Renzi.

Come si comincia?

Difficile immaginare che Mattarella dia un incarico pieno in assenza di numeri certi. Può assegnare un pre-incarico, come fu per Bersani nel 2013, oppure ricorrere al vecchio strumento del mandato esplorativo per affidare a una personalità esterna il compito di provare ad avvicinare le posizioni dei partiti. Per quanto riguarda il primo incarico (o pre-incarico) i criteri possibili sono due, coalizione più numerosa o singolo gruppo parlamentare più grande. Non c’è una regola consolidata, molto dipenderà da quello che i partiti gli diranno durante le consultazioni.

L’ipotesi di un governo che traghetti il paese nuovamente alle urne, dopo avere cambiato la legge elettorale, è contemplata?

Realisticamente questa del governo di scopo sarebbe la extrema ratio. Ci si potrebbe arrivare solo al termine di un percorso che escluda la possibilità di dar vita a un governo politico. Dopo un paio di tentativi politici e un mandato esplorativo, ad esempio. Dovrebbero però essere i partiti a chiederlo, sollecitando il Capo dello Stato a fare una designazione autorevole. Per come Mattarella intende il suo ruolo di arbitro appare difficile ipotizzare che il presidente possa prendere un’iniziativa del genere senza prima aver avuto l’assenso dei partiti.

L’elezione dei presidenti delle camere potrebbe imprimere una svolta?

Potrebbe certificare l’inizio di una convergenza fra i partiti, orientando le scelte di Mattarella, ma potrebbero anche non servire. Ricordiamo quel che accadde nel 2013: furono eletti la Boldrini e Grasso perché ancora reggeva l’intesa fra Pd e Sel, che subito dopo andò in frantumi. E in più non si può dimenticare che al Senato la quarta votazione è un ballottaggio, dove si passa con un voto più dell’avversario. Alla Camera invece dal terzo scrutinio serve la maggioranza assoluta, e la quota non scende. Vista questa differenza fra i due regolamenti, è da Montecitorio che possono arrivare più indicazioni.

Si può escludere per l’incarico il ricorso a una figura “terza”, ad esempio Giuliano Amato?

Non si può escludere nulla, visto che l’incertezza regna sovrana. Amato potrebbe avere il profilo giusto, per esperienza e per sufficiente distacco dall’attuale fase politica. Ma di nomi se ne possono fare diversi altri. E Mattarella certo per ora tiene le carte ben coperte.





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