Le Iene torneranno ad occuparsi di Fausta Bonino: tutto il caso dell'infermiera killer di Piombino, cosa non torna nell'accusa e la richiesta di grazia
Chi è Fausta Bonino: l’approfondimento del Le Iene
La diretta serale del programma Le Iene tornerà ad occuparsi ancora una volta (forse l’ultima) del caso di Fausta Bonino accusata – e condannata in via definitiva, ma ci torneremo – di essere l’infermiera killer di Piombino che causò volontariamente la morte di almeno quattro pazienti all’interno dell’ospedale di Villamarina nel quale lavorava: i dicessi in sé risalgono al periodo tra gennaio a luglio del 2015, mentre all’arresto di Fausta Bonino si arrivò solamente nel marzo del 2016 aprendo ad una lunghissima vicenda processuale che si è conclusa solamente una manciata di giorni fa con una piena condanna per l’ex infermiera ormai 64enne.
Partendo proprio da qui, vale le pena ricordare che l’intero processo a carico di Fausta Bonino fu del tutto di tipo indiziario guidato solamente da alcuni elementi che non rappresentano delle vere e proprie prove: dopo essere stata condanna all’ergastolo per 14 decessi in primo grado venne completamente assolta nel primo processo d’Appello, ma ci pensò la Cassazione a rispedire il fascicolo al secondo grado di giudizio ritenendo che in almeno 4 casi ci potesse essere una qualche responsabilità da parte della donna.
Dopo una condanna d’Appello bis a quattro ergastoli, anche la stessa Cassazione ha recentemente confermato la medesima condanna e seppur Fausta Bonino abbia deciso di costituirsi dopo la lettura del dispositivo, seguita nelle sue ultimissime ore di libertà dalle telecamere del programma Le Iene ci ha tenuto a professarsi (come ha sempre fatto nell’arco degli ultimi nove anni) completamente innocente, appellandosi al Presidente della Repubblica affinché interceda con la grazia ed eviti di farle trascorrere in carcere il resto della vita “da innocente”.
Cosa non torna nel caso di Fausta Bonino: tutti i punti poco chiari della pesantissima accusa indiziaria a suo carico
Al di là di come la si voglia personalmente pensare sul caso di Fausta Bonino, è interessante ripercorrere brevemente i pochi (e forse labili) indizi che hanno portato ad una così pesante condanna senza nessuna concreta e reale prova: l’intero caso ruota attorno all’ipotesi che qualcuno abbia somministrato a Franca Morganti, Mario Coppola, Angelo Ceccanti e Bruno Carletti ingenti quantità di eparina – farmaco ovviamente non previsto nel loro piano terapeutico – tali da causarne un gravissimo sanguinamento e il conseguente decesso; sostenendo – forti dei cartellini timbrati – che Fausta Bonino fosse l’unica persona costantemente presente nel reparto in occasione delle somministrazioni.
Il primo dubbio sull’impianto accusatorio – però – riguarda il fatto che il reparto dell’ospedale si stato ritenuto “blindato”, quando in realtà diversi testimoni a processo (ed anche la stessa trasmissione Le Iene qualche settimana fa) hanno raccontato che le porte rimanevano quasi sempre aperte senza nessuna sorveglianza, né ovviamente telecamere; mentre il secondo – e ben più grave – dubbio sulla colpevolezza di Fausta Bonino riguarda la via di somministrazione del farmaco ipotizzata per via endovenosa con iniezione in virtù di un flacone trovato nel cestino di una delle vittime.
Se così fosse – ed anche questo è stato ampiamente dimostrato a processo – non si spiegherebbe come Fausta Bonino abbia fatto ad uccidere Coppola dato che entrò in reparto alle 20:10 e provò i primi effetti dell’eparina 10 minuti dopo, rimanendo costantemente circondato da medici che non hanno mai visto l’infermiera; oppure anche Ceccanti che entrò in sala operatoria senza tracce di eparina nel sangue e morì sotto i ferri senza che la Bonino fosse presente in sala; senza dimenticare neppure che anche per la morte di Carletti nessuno dei sei sanitari al suo fianco vide l’infermiera entrarvi in contatto dopo l’intervento.
