INAIL, FONDO PERDUTO, DPI/ I trucchi per limitare liquidità e rimborsi alle aziende

- Fabio Ghinelli

Non solo problemi con il decreto liquidità: ci sono altre norme per cui le imprese possono dire di non essere aiutate, ma persino ostacolate dallo Stato

Gualtieri Roberto Gualtieri, ministro dell'Economia (LaPresse)

Caro direttore,
non vorrei entrare nel merito analitico di molte delle cose sempre interessanti lette sul suo giornale in questi giorni (non ne avrei nemmeno la competenza), ma solo sinteticamente proporre la descrizione esemplificativa dell’impatto di alcuni provvedimenti sulla vita quotidiana dell’imprenditore.

Quando quasi un mese fa le scrissi sul decreto liquidità descrivendo i continui rinvii con il paragone delle fasi (arrivai all’epoca un pò sconsolato alla fase 3), leggendo la mia lettera un amico mi scrisse subito scommettendo una pizza che saremmo arrivati alla fase 8 senza alcun risultato; ero certo che avrebbe vinto e infatti non ho accettato saggiamente la sfida. Da allora non so quanti passaggi potrei descrivere in argomento, ma consideri che solo due giorni fa sono riuscito a inviare il modulo di ben 21 pagine inerente esclusivamente la richiesta di accesso alla garanzia statale. Peraltro mentre un pò titubante chiedevo conferma al mio riferente in banca di alcuni dati da inserire sono stato “rassicurato” di come questo passaggio fosse del tutto preliminare e quindi non così fiscale; i dettagli importanti sarebbero arrivati dopo al momento di chiedere effettivamente i soldi, però chiaramente a oggi senza alcun elemento temporale certo (dell’erogazione ovviamente nemmeno si può immaginare quando). Per fortuna, perché mi stavo quasi illudendo che forse avrei potuto accettare la scommessa sulla pizza.

Forse sempre meglio di alcuni amici e colleghi che ancora dopo un mese non hanno ricevuto quella che avrebbe dovuto essere l’erogazione praticamente automatica di 25.000 euro e a cui in un caso pure sono state chieste le garanzie personali…

Quindi potremmo affrontare il tema Inail cui generosamente lo Stato ha posto in carico il sostegno per i lavoratori affetti da Covid-19 con infiniti distinguo tra infortunio o meno, responsabilità del datore di lavoro, esclusione o meno dell’incremento dei premi… e ora circolari interpretative di vario tipo; tutti problemi artificiosi solo dettati da una scelta incauta del governante? Ma dunque perché proprio a Inail porre in carico questo onere? Perché questo è un ente “ricco” a cui da anni ormai lo Stato scarica problemi di fiscalità generale e possiede svariate strutture in uso pubblico che ha dovuto comprare (quindi immettendo liquidità nelle casse dello Stato) e poi gestire onerosamente (come i famosi adeguamenti sismici delle scuole). E chi paga dunque? I costi ricadono sulle imprese da cui Inail riscuote premi assicurativi obbligatori riuscendo ad avere margini interessanti. Quindi un ente virtuoso? Forse, però è certo che il premio pagato dall’azienda per un potenziale infortunio sul lavoro è 3/4 volte superiore al premio richiesto da un’assicurazione privata a copertura della responsabilità civile per danni a terzi e ai prestatori d’opera, peraltro con massimali ben più importanti di quanto potrebbe risarcire Inail; potete immaginare come si possa sentirsi sostenuto da tale provvedimento l’imprenditore che forse avrebbe preferito uno sconto sul premio e meno problemi interpretativi.

Ma vorrei sottoporle anche il tema del criterio economico utilizzato per l’erogazione dei sostegni a fondo perduto, come peraltro per le sospensioni dei pagamenti delle tasse nel mese di aprile e maggio, ovvero il parametro del decremento di fatturazione. Non ho mai amato, e me ne pento spesso, lo studio approfondito della contabilità aziendale, ma non credo sia necessario un master in una prestigiosa università per comprendere che lo stato di “salute” di un’impresa non si possa desumere dalla sola fatturazione, ma soprattutto dall’effettiva marginalità o se vogliamo semplificare al massimo, dal rapporto costi/ricavi. Non credo sia un caso o una svista, ma piuttosto un ben congegnato sistema valutativo per limitare la platea dei beneficiari. Potremmo paragonarlo, e in questo senso c’è una coerenza ultima del nostro Governo, all’esposizione del valore assoluto di infetti e guariti che tanto ha assorbito le nostre attenzioni in questi mesi, senza mai proporzionarlo ai tamponi effettuali o alla popolazione residente nell’area considerata; e infatti anche stasera Ansa titola “Coronavirus, contagi in altalena, il doppio di ieri” a grandi caratteri per poi annotare nell’articolo in caratteri molto meno evidenti “da notare però che i tamponi effettuati sono circa il doppio di ieri“!

Sembra peraltro che sia in arrivo una circolare, così mi informava poco fa il consulente del lavoro, che prevede per il vantato credito fiscale relativo all’acquisto di DPI la certificabilità degli stessi riportata in fattura; così chi ha dovuto reperire i DPI indispensabili per lavorare (mascherine, tute monouso, guanti in lattice, ecc.) del tutto introvabili specie nei mesi scorsi comprandoli un po’ ovunque a prezzi esorbitanti non potrebbe nemmeno avere questo ristoro (peraltro si badi: credito d’imposta al 50% del valore) a fronte di oneri che ben difficilmente troveranno altra modalità di essere ripagati.







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