Mario Occhiuto, senatore di Forza Italia, racconta il dolore per la morte del figlio Francesco, 30 anni, e l'importanza di affrontare la malattia mentale
Mario Occhiuto, senatore di Forza Italia, ha raccontato in un’intervista a “Il Giornale” il dolore lacerante per la morte di suo figlio Francesco, avvenuta lo scorso febbraio. Francesco, un ragazzo di soli 30 anni, ha scelto di porre fine alla sua vita nel modo più tragico e che nessun genitore vorrebbe mai immaginare, decidendo di gettarsi dalla finestra di un palazzo di Cosenza, lasciando un senso di vuoto incolmabile nella vita di suo padre e di tutti i suoi cari.
Il racconto, pieno di amore e, allo stesso tempo, di un profondo dolore, narra di una storia fatta di angoscia, di affetto e di una battaglia contro un male invisibile, spesso ignorato, minimizzato e stigmatizzato. Sorprende la sofferenza di un padre, il lacerante dolore di un uomo che, pur essendo un punto di riferimento per molti nella comunità, non è riuscito a impedire la tragedia più prossima a lui, un dramma non calcolabile, che ha segnato la sua esistenza in modo irreversibile.
Il senatore racconta, con tono visibilmente provato dal dolore, che lo sconforto che ha provato non è solo quello di un genitore che perde un figlio – già di per sé un avvenimento innaturale –, ma di un uomo che ha dovuto lottare contro un invisibile e potente nemico: la malattia mentale, che ha progressivamente consumato il giovane Francesco, fino a spegnerlo lentamente. Francesco era un giovane brillante, dai molteplici interessi: dalla lettura, alla filosofia, passando per la psicologia. Ma, pur perfettamente conscio delle sue vulnerabilità, ha scelto di affrontare in solitaria una lotta interiore che, evidentemente, era troppo grande da sostenere.
Mario Occhiuto, che ha sempre cercato di essere vicino a Francesco durante le sue crisi, divenute sempre più pesanti e frequenti, parla di un ragazzo riservato, introverso, ma, allo stesso tempo, straordinariamente profondo e riflessivo, che per mesi ha combattuto la sua solitudine interiore senza mai riuscire a trovare la via d’uscita. Il senatore non cela il suo più grande rimpianto: “Avrei dovuto fare di più, forse dovevo costringerlo a farsi curare”, ammette, con un dolore indefinibile che pervade ogni parte del suo corpo.
Mario Occhiuto: la morte di un figlio è un dolore che non trova pace
Nel racconto straziante di Mario Occhiuto emerge un’umanità profondamente colpita, ma anche la consapevolezza di come la nostra società, troppo spesso, ignori il peso enorme della malattia mentale, rinchiudendola in un tabù da evitare piuttosto che affrontare a tu per tu. Il senatore, che si è occupato personalmente del figlio durante gli anni più difficili della sua malattia, ribadisce che, anche se la preoccupazione e il senso di allerta fossero sempre presenti, la diagnosi medica per Francesco è sempre stata incerta e dubbiosa.
La malattia mentale, racconta Mario Occhiuto, rimane un enigma per la medicina, una condizione che non viene mai del tutto compresa e analizzata a dovere e che, di conseguenza, non viene mai affrontata nel modo adeguato. Questo è un aspetto che il senatore ha promesso di approfondire con maggiore serietà nei prossimi mesi, accennando anche alla possibilità di creare una fondazione in memoria del figlio, un modo per onorarlo e, al tempo stesso, sensibilizzare la società sul dramma del disturbo mentale.
La forza con cui Mario Occhiuto cerca di combattere questo dolore insopportabile è meritevole di stima, ma è anche un invito alla necessità di un cambiamento netto nelle modalità in cui la società moderna e la medicina trattano il tema delle malattie psicologiche. Occhiuto stesso non nasconde un’amara consapevolezza: la sua vita non sarà più la stessa e non potrà mai fare a meno di pensare perennemente a Francesco, come se fosse ancora presente con lui.
La sua speranza, nonostante lo strazio che non conosce cura, è che il ricordo del figlio non svanisca mai, ma che resti come un amore eterno e senza limiti, un amore che, purtroppo, è stato travolto dal dramma più nero: “Il dolore è costante, ma non voglio che svanisca. Lo difendo, lo porto con me, perché è pieno di amore”. Queste poche parole, struggenti e sincere, mostrano quanto profonda e pervasiva fosse la relazione tra il padre e il figlio, una connessione viscerale che nemmeno la morte potrà spezzare.