SCENARI/ Enrico Letta (Pd): c’è spazio per riforme condivise. Non ripetiamo gli errori del passato

- int. Enrico Letta

Dopo lo scivolone del governo sui precari e l’appello al dialogo del capo dello Stato, Fini e D’Alema cercano un terreno comune. Intervistato dal sussidiario.net, ENRICO LETTA (Pd) interviene su principali temi dell’agenda politica: dal nuovo welfare al federalismo, dalla legge elettorale per le Europee al ruolo dell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà. «Nel 2001 e nel 2004 prima una maggioranza di centrosinistra poi una di centrodestra hanno modificato la Costituzione a colpi di maggioranza. È stato un grave errore»

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On. Enrico Letta, qual è il suo giudizio sul Libro verde presentato la scorsa settimana dal ministro Sacconi?

Il metodo è certamente interessante: un Libro verde che dà il via a tre mesi di dibattito pubblico, con una serie di domande che invitano al confronto e aprono alla discussione, rappresenta un invito che vogliamo cogliere. Nel Libro c’è poi una visione integrata dei problemi. Si tratta di un approccio originale per l’Italia, dove i temi sono stati sempre concepiti e affrontati in modo disorganico. Condividiamo questo aspetto: proprio un anno fa abbiamo siglato con i sindacati il protocollo sul welfare, scegliendo di tenere uniti i vari strumenti dello stato sociale, e tentando di affrontarli in un’ottica complessiva. Certo, è quantomeno singolare che il Libro sia stato presentato in concomitanza con una serie di interventi in materia di lavoro che si muovono in controtendenza rispetto alle premesse: pasticci del governo, che non a caso ha fatto una mezza retromarcia. Ciò ha certamente “oscurato” la positività del metodo proposto con il Libro verde. Perché, se questi sono i fatti, è difficile poi dare piena credibilità a una prospettiva di lungo periodo.

Sui precari lei ha firmato con Ichino una presa di posizione molto netta sul Corriere. Alla luce degli ultimi avvenimenti come le pare che si sia evoluta la situazione?

È il frutto di un metodo legislativo sbagliato. Quando si procede a forza di maxi-emendamenti e voti di fiducia, il rischio è che nemmeno il ministro competente sappia davvero cosa ci sia dentro i testi. Lo abbiamo verificato nell’ultima settimana. E questo ci è parso contraddittorio rispetto alla volontà di impostare una discussione ampia e condivisa. Chiediamo che il governo e il ministro facciano un passo indietro rispetto al metodo adottato e tornino a quello auspicato nel Libro verde. Detto questo, rimane netta la nostra condanna su quanto è accaduto in Parlamento negli ultimi giorni.

In settembre ci sarà un confronto vero sul federalismo. Intanto si è aperto un dialogo Fini-D’Alema. Che ne pensa?

Penso che il dialogo sui grandi temi istituzionali sia fondamentale. Il federalismo fiscale è senza dubbio uno di questi. Sul punto, peraltro, il dialogo è reso obbligatorio dal fatto che da un lato ci sono un governo e una maggioranza parlamentare di centrodestra, dall’altro 15 Regioni su 20 sono amministrate dal centrosinistra. Dal momento che il federalismo fiscale investe proprio le competenze costituzionali delle Regioni, ritengo necessario affrontare il tema con un approccio il più possibile condiviso. La nostra disponibilità c’è. Aspettiamo le mosse del governo.

Cosa abbiamo il diritto di attenderci da questo dialogo, anche alla luce dell’appello rivolto dal presidente Napolitano?

Che si riesca a uscire dalla logica perversa del 2001 e del 2004. La logica, per intenderci, in base alla quale prima una maggioranza di centrosinistra poi una di centrodestra hanno modificato la Costituzione appunto a colpi di maggioranza. È stato un grave errore, sia nostro che loro. Penso – e spero – che lo si sia capito da entrambe le parti. Le riforme della Costituzione devono essere fatte in modo condiviso. È un confronto che va portato avanti senza fretta: se c’è una questione sulla quale sarebbe sbagliato “buttar via tutto” per avere tutto e subito, è proprio quella del federalismo fiscale.

C’è una proposta di Calderoli che intende riformare la legge elettorale delle Europee. Cosa ne pensa?

La proposta di Calderoli mantiene una preferenza, colloca lo sbarramento al 4% e riduce le dimensioni delle circoscrizioni. Il Pd è d’accordo su una proposta con 10 circoscrizioni, una preferenza e lo sbarramento al 3%. Tutto sommato non siamo così lontani. Purché si mantenga il voto di preferenza: è un elemento che restituisce potere al cittadino, umiliato dalle liste bloccate, da un sistema che sta letteralmente abbassando la qualità della nostra democrazia.

Che ruolo può avere l’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, nella fase che ci attende?

Sono sempre stato un grande supporter dell’Intergruppo e continuo a ritenerlo un luogo importante, un specie di “free zone” nella quale poter discutere liberamente. Per tornare al tema del federalismo, l’Intergruppo può giocare un ruolo fondamentale per facilitare il dibattito e offrire un ambito privilegiato di confronto. In autunno, anzi, il federalismo potrebbe essere uno dei temi più interessanti dell’agenda dell’Intergruppo.

Cosa pensa del caso Eluana e in particolare del conflitto di attribuzione?

Credo che la strada giudiziaria non sia quella più opportuna per affrontare temi come questi. Non siamo in grado di affrontare in Parlamento una discussione su temi per i quali i tempi, nel nostro Paese, non sono ancora maturi.







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