Roby Facchinetti reinventa Parsifal in un'opera prog spirituale, esplorando fede, coscienza e il vero significato del Graal
Roby Facchinetti dimostra nuovamente il suo essere profondo e poliedrico, questa volta indossando i panni di Parsifal in una veste rivisitata: nella sua nuova opera, l’eroe non è più quello armato con in braccio la spada, ma uomo fragile e vulnerabile che trova il coraggio nella coscienza interiore, nella virtù, nel dialogo diretto con Dio, in cui il ritrovamento della fede diviene la scoperta più preziosa.
Roby Facchinetti, che vanta decenni di carriera, si è gettato con passione e intraprendenza in questa nuova sfida, dando forma a un progetto che non si rivela esclusivamente un’evoluzione artistica, ma anche un omaggio sentito agli amici di una vita, Stefano D’Orazio e Valerio Negrini: l’opera-prog “Parsifal, l’uomo delle stelle” rappresenta, infatti, la chiusura di un cerchio, il coronamento di un desiderio coltivato dal 1973, quando i Pooh avevano pubblicato il celebre album “Parsifal”, opera iconica del progressive rock italiano, ma il sogno di trasformarlo in qualcosa di più grande non si è mai spento, rimanendo sempre latente nel cuore del cantante.
L’opera, pubblicata in CD in attesa della sua trasposizione teatrale nel 2027, si compone di ben 44 brani e promette di immergere lo spettatore in un viaggio dalle molteplici sfaccettature, sia epico che spirituale, dove la figura di Parsifal viene restituita in tutta la sua complessità umana e simbolica, accompagnata dalla musica, scritta dallo stesso Roby Facchinetti, che si intreccia con i testi ispirati di Negrini e D’Orazio, dando vita a un racconto che trascende il tempo e parla direttamente ai cuori e alle coscienze.
In questa nuova versione, Parsifal non è solo il cavaliere puro e valoroso della tradizione medievale, ma un uomo che si confronta con il proprio destino, con l’amore e con il senso ultimo della propria missione: “La nostra storia racconta un Parsifal che, dopo aver combattuto nelle Crociate, capisce che la vera forza non sta nella spada, ma nella verità interiore”, spiega Roby Facchinetti, svelando una verità che si fa rivelazione nel momento più drammatico della narrazione, cioè quando il protagonista, ferito a morte, riceve la visita in sogno del padre caduto in battaglia, che gli svela che il Santo Graal non è un oggetto fisico, ma la consapevolezza interiore di ciò che è giusto e vero.
“Il Graal è la coscienza che ognuno di noi si porta dentro”, scriveva D’Orazio, sottolineando il messaggio profondamente spirituale dell’opera.
Roby Facchinetti e la fede: la musica come dialogo con il divino
Se c’è un filo conduttore che attraversa tutta la carriera di Roby Facchinetti è proprio la sua costante ricerca di significati alti e profondi, fortemente connessi alla spiritualità interiore: nato e cresciuto in una famiglia cattolica, immerso fin dall’infanzia in un ambiente di preghiera e sacralità, il musicista bergamasco ha sempre percepito la musica come un linguaggio capace di avvicinare l’uomo a Dio.
“Sono stato chierichetto da bambino, in una chiesa che mio padre aiutava a gestire, e questo ha lasciato un segno indelebile in me”, racconta con una punta di nostalgia, rimarcando l’idea di come l’arte possa essere un mezzo per connettersi con il divino, sensazione che non lo ha mai abbandonato, e in Parsifal questa dimensione emerge con ancor più prepotenza.
L’opera non si limita a raccontare la vicenda del cavaliere della Tavola Rotonda, ma si interroga sul senso della guerra, sulla strumentalizzazione della fede e sulla necessità di un risveglio interiore, che ci metta a tu per tu con la complessità del nostro animo: “La musica ha in sé qualcosa di divino, un potere che va al di là di ciò che è umano. Fare musica è un po’ parlare con Dio”, afferma con convinzione.
Non sorprende, quindi, che nei testi di Negrini e D’Orazio, Dio sia una presenza costante ma mai invadente; basti pensare a “Uomini soli”, in cui si canta “Dio delle città e dell’immensità”, una frase che ha lasciato il segno in più di una generazione e proprio su questo Roby Facchinetti si interroga, chiedendosi cosa credessero realmente i suoi compagni di viaggio: “Una volta chiesi a un amico gesuita se Stefano e Valerio fossero credenti e lui mi rispose: ‘Non c’è miglior credente di uno che dice di non esserlo’”.
Un’osservazione che sembra calzare a pennello con la loro poetica, così intrisa di domande, di dubbi e di un desiderio mai sopito di infinito, ponendo l’accento su una particolare concezione dell’arte, che per Roby Facchinetti si manifesta in una via di comunicazione con il mistero, un modo per cercare risposte laddove la ragione non basta.
Parsifal, in questa chiave, non è solo un’opera musicale, ma una sorta di preghiera laica, un viaggio nell’anima di un uomo che sceglie di rinunciare alla violenza per abbracciare una verità più alta: “Il vero Graal non è un oggetto, ma ciò che portiamo dentro”, ripete il protagonista dell’opera, quasi fosse un mantra, ed è forse proprio qui, in questa consapevolezza, che risiede la più autentica eredità di questo progetto, l’invito a riscoprire il sacro, non fuori di noi, ma nel nostro cuore.