Martina è il dopo-Renzi/ Direzione Pd, video: “Lega e M5s governino”. Cuperlo, “meglio governo di scopo”

- Niccolò Magnani

Dopo la Direzione Pd e verso l'Assemblea Nazionale, Martina è il post-Renzi: "Mai con Lega e M5s, guiderò partito con collegialità". Ok voto al documento finale, Cuperlo "governo di scopo"

martina_renzi_orfini_Pd_lapresse_2017 Pd, Martina e Renzi (Foto: LaPresse)

Maurizio Martina incarna il “post-Renzi” nel difficile compito di traghettare il partito sempre più spaccato all’interno verso i prossimi mesi congressuali: ieri ha ottenuto la prima “vittoria” con il documento finale della Direzione Pd votato senza contrari e con solo 7 astenuti, dimostrando come sia possibile per ora portare avanti un progetto comune alla maggioranza renziana con l’apporto delle varie correnti di minoranza che senza Renzi, per ora, provano a dialogare. Ieri Martina ha spiegato anche con chiarezza come il prossimo governo che dovrà nascere non avrà membri dem a sostegno: «governino Lega e M5s, se sono in grado di trovare i numeri». Sulla falsa riga di Martina è oggi Gianni Cuperlo, tra i maggiori anti-renziani nel Pd, intervistato da Massimo Giannini su Radio Capitale: «Evitare accordo Lega-M5s per cambiare la legge elettorale. Vedo più un governo di scopo davanti». In particolare, il leader della minoranza precisa nell’intervista a Circo Massimo: «Tornare alle urne per noi sarebbe un errore drammatico, anche per il Paese. L’ipotesi e l’eventualità che ci sia una iniziativa del capo dello Stato rivolta a tutte le forze politiche per dar vita a un governo di scopo, con pochi obiettivi come la legge elettorale, io questo scenario lo vedo».

VOTATO DOCUMENTO FINALE SENZA VOTI CONTRARI

È stato votato dalla maggioranza della Direzione Pd (con soli 7 astenuti) il documento finale che fissa Maurizio Martina come “segretario a tempo” del Partito Democratico, la convocazione il prossimo 5 aprile dell’Assemblea Nazionale (dove interverrà anche Matteo Renzi spiegando i motivi delle sue dimissioni e le prossime scelte future, ndr), ma soprattutto il rimando a “data da destinarsi” per Congresso e Primarie (forse in autunno). Secondo la minoranza di Cuperlo ed Emiliano, la Direzione di oggi non vede una linea molto diversa da quella di Renzi – resta infatti la sfida a Lega e M5s e la volontà di rimanere all’opposizione – mentre secondo i renziani, con le scelte lanciate oggi si avvia una fase di “caminetti”, quella stessa che l’ex segretario voleva tenere assai lontana. «Guiderò il partito con il massimo della collegialità e con il pieno coinvolgimento di tutti, maggioranza e minoranze, individuando subito insieme un luogo di coordinamento condiviso»; questa è stata la promessa di Martina che si ritrova a dover reggere l’intera “baracca” fino all’Assemblea quando probabilmente i dem voteranno un segretario traghettatore fino al prossimo Congresso. Il ministro della Giustizia Orlando, che non ha risparmiato critiche nette a Renzi, ha spiegato nel suo intervento (erano in tutto 58 con la Direzione finita dopo 5 ore fiume di interventi, ndr) come c’è bisogno ora di collegialità, «pur mantenendo il senso di responsabilità anche sulle dimissioni della segreteria: Martina deve avere il nostro sostegno ma non guardateci male se chiediamo qualche garanzia. L’ultima direzione ha creato un vulnus nei rapporti, chiedo come primo atto al reggente di chiamare quelli che non sono stati candidati senza sapere neanche il perché». 

CONGRESSO NON SUBITO: PRONTO IN AUTUNNO?

La relazione del neo reggente Pd Maurizio Martina durante la Direzione ha convinto la maggioranza post-renziana ma non la base della minoranza, ancora arenata ad un nome “troppo vicino a Renzi”, avrebbero detto i fedelissimi di Cuperlo ed Emiliano a commento della Direzione di oggi. Ha ribadito che il Pd dovrà stare all’opposizione, ha allontanato l’accordo con i Cinque Stelle e soprattutto ha posto un freno al Congresso (e alle Primarie): «l’Assemblea nazionale di aprile anziché avviare il congresso e le primarie dovrebbe dar vita a una Commissione di progetto per una fase costituente e riorganizzativa», che tradotto significa Martina segretario reggente fino a che dall’Assemblea non esca un nome (Gentiloni? Delrio? Minuti?) che possa ricostituire il Pd prima di un Congresso forse in autunno. Chiudendo il suo intervento, ancora Martina annuncia «abbiamo seimila circoli, realizziamo seimila assemblee aperte tra venerdì, sabato e domenica. Io inizierò dal circolo Pd di Fuorigrotta a Napoli. Ripartiamo con umiltà e unità. Solo noi possiamo essere l’alternativa popolare ai populisti. In ballo non ci sono i destini personali, ma la prospettiva e il futuro della sinistra italiana ed europea. Mettiamo in prima fila la nostra comunità e lasciamo in ultima fila le correnti. Proviamo tutti a fare qualche intervista in meno e qualche assemblea in più. Apriamo subito le nostre sezioni, ascoltiamo iscritti ed elettori, chiamiamoli a raccolta, riflettiamo con loro. Ripartiamo dal basso e dal nostro popolo». Per quanto riguarda l’analisi sul voto, il giudizio è netto: «Non cerchiamo scorciatoie o capri espiatori a una sconfitta netta e inequivocabile che ci riguarda tutti, ciascuno per la propria responsabilità, e da cui tutti dobbiamo imparare molto». 

MARTINA: “GUIDERÒ PARTITO CON MASSIMA COLLEGIALITÀ”

Come confermato Matteo Renzi non è presente alla Direzione Pd iniziata in orario alle ore 15: è stata letta all’inizio la lettera di dimissioni ufficiale dell’ormai ex segretario, in cui si vede scritto «Caro presidente, preso atto dei risultati elettorali rassegno le mie dimissioni da segretario del Pd». Durante l’Assemblea Nazionale convocata per il prossimo 5 aprile Renzi spiegherà i motivi delle dimissioni e le ragioni di questa delicata fase congressuale aperta dopo la sconfitta alle Elezioni e l’uscita di scena dell’ex premier fiorentino. A quel punto ha preso parola Maurizio Martina, vicesegretario e di fatto nuovo traghettatore in pectore del Partito Democratico: «Sento innanzitutto il bisogno di riconoscere la scelta che il segretario ha compiuto dopo il voto, con le sue dimissioni, e voglio ringraziarlo per questo atto forte e difficile ma soprattutto per il lavoro e l’impegno enorme di questi anni». Poi il passaggio più interessante, quello in cui appunto annuncia il suo posto in prima fila nei prossimi mesi: «La segreteria si presenta dimissionaria a questo appuntamento. Ma io credo sia importante che continui a lavorare insieme a me in queste settimane che ci separano dall’Assemblea. Con il vostro contributo cercherò di guidare il partito nei delicati passaggi interni e istituzionali a cui sarà chiamato. Lo farò con il massimo della collegialità e con il pieno coinvolgimento di tutti, maggioranza e minoranze, individuando subito insieme un luogo di coordinamento condiviso. Chiedo unità. Consapevoli che fuori di qui c’è un’intera comunità che ci guarda, ci ascolta e ci chiede di essere all’altezza della situazione».

La lunga relazione di Martina ha poi riaffermato come non vi sono spazi o volontà per un’alleanza con M5s e Lega, e anzi le invita a prendersi le proprie responsabilità: «Alle forze che hanno vinto diciamo una cosa sola: ora non avete più alibi. Ora il tempo della propaganda è finito. Lo dico in particolare a Lega e Cinque Stelle: i cittadini vi hanno votato per governare, ora fatelo. Cari Di Maio e Salvini prendetevi le vostre responsabilità. Misureremo insieme ai cittadini le vostre coerenze, giorno per giorno, rispetto a quello che avete promesso facilmente e raccontato in mesi e mesi di propaganda senza limiti». 

EMILIANO, “ORFINI VUOLE CAMBIARE LE REGOLE”

La resa dei conti nel Pd è cominciata: al 15 al Nazareno è partita la Direzione con all’ordine del giorno le dimissioni ufficiali del segretario Matteo Renzi. Sotto la sede del Partito democratico ha fatto la sua comparsa la “Iena” Enrico Lucci travestito da grillino con felpa, guanti, ombrello con simbolo M5s. Ha salutato con un «Allora ciaone» Ernesto Carbone, che si è limitato a sorridere per poi infilarsi nell’ingresso della sede. Pochi secondi dopo è entrata Debora Serracchiani, senza proferire parola. Sotto la pioggia un passante ha urlato «Tutti a casa». Anche Michele Emiliano è arrivato e in merito all’opportunità di non fare le primarie ed eleggere il nuovo segretario, magari pro tempore, direttamente in assemblea come suggerito dal presidente Matteo Orfini, ha dichiarato: «Senza si avrebbe un segretario di serie B, le primarie vanno fatte come previsto dallo Statuto. Orfini è un artista del cambiare le regole a seconda dell’opportunità di vittoria per la sua parte». (agg. di Silvana Palazzo)

MATTEO RENZI: “DIMISSIONI MA NON MOLLO”

Nella sua ultima Enews, la prima da segretario dimissionario, Matteo Renzi fa sapere a circa un’ora dall’inizio della Direzione Pd (dovrebbe scattare dalle ore 15, senza lo sconfitto n.1 delle ultime Elezioni Politiche) che lascia la segreteria ma non il Partito Democratico. Per farlo, sceglie di pubblicare la lettera che un giovane malato di SLA gli ha scritto in questi giorni, dove gli chiedeva di non farsi da parte e di combattere ancora i Cinque Stelle: Renzi replica così, « io non mollo. Mi dimetto da segretario del PD come è giusto fare dopo una sconfitta. Ma non molliamo, non lasceremo mai il futuro agli altri. E quando penso che in Italia ci sono persone come te, innamorate della vita e talmente coraggiose da non aver paura di sfidare malattie devastanti, ti dico che sono orgoglioso di averti conosciuto. E di lottare insieme a te. Abbiamo perso una battaglia, caro Paolo, ma non abbiamo perso la voglia di lottare per un mondo più giusto. Lo faremo insieme, con il nostro sorriso e con la nostra libertà. Io non mollo, ma soprattutto non mollare tu!».

Intanto proseguono i dibattiti interni sui numeri che ci saranno in Direzione: le correnti fanno i conti in tasca a Renzi e alla sua compagine, con circa 120 “renziani” su 214, il 56% di tutta la Direzione. Questo significa che non vi è ancora la maggioranza per gli anti-Renzi, anche se sperano in una reggenza di Maurizio Martina per fare diminuire il peso renziano a aumentare la prossima classe dirigente dem. Secondo quanto spiega l’Ansa, «Sarebbero 88 gli esponenti non più in linea con l’ex segretario, se si sommano i componenti delle minoranze (Orlando, Emiliano, Cuperlo) a quelli che fanno riferimento a Dario Franceschini, Paolo Gentiloni, Marco Minniti. A costoro si dovrebbero sommare una parte dei venti Millennials (quindici, secondo questo calcolo) delusi dall’esclusione dalle candidature. E i singoli rimasti esclusi dalle liste o non eletti». Ora è davvero tutto pronto alla “resa dei conti”..

MARTINA O DELRIO AL NAZARENO?

Martina, Delirio o lo stesso Orfini per traghettare il Pd nella prima era post- Matteo Renzi: nella direzione di oggi i piani e le correnti inizieranno a prendere forma in attesa dell’Assemblea Nazionale che già potrebbe decretare il nuovo segretario-traghettatore, rimandando Primarie e Congresso tra qualche mese. Se per Orfini pesa il fallimento nella gestione Roma e una base che non lo ha mai troppo amato, nelle ultime ore il ministro delle Infrastrutture avrebbe superato Martina nella scala di gradimento dell’intero Pd, al netto del suo buon rapporto con Renzi e la “passata” ormai segreteria. La minoranza dem ha fatto sapere a Martina di non voler un leader “unico” come in passato ma di aprire una fase più collegiale (dove cioè i vari Cuperlo, Orlando, Emiliano possano avere nuova voce in capitolo) per i prossimi mesi. Sono in realtà un po’ tutti in accordo con il Ministro della Giustizia che ieri ha detto, «Non ci propongano, come hanno provato a fare, un leader eletto in Assemblea che resta in carica fino al 2021. Primarie in autunno». Tanto da Renzi quanto da Orfini e dalla maggioranza del Pd arriva poi un secco no alle alleanze con Lega e Cinque Stelle: «mai con gli estremisti» diceva ieri il Presidente Pd, mentre stamani sul CorSera Renzi ha ribadito «Noi purtroppo siamo il quarto gruppo parlamentare, non più il primo: gli appelli alla responsabilità sono sempre utili, ma si rivolgono soprattutto ai gruppi più grandi». Il segretario dimissionario ha poi allontanato, per ora, l’idea di lanciare un nuovo partito – «Ho visto piaggeria e viltà ma non lascio il Pd» – ma fonti all’Ansa lo danno in costruzione per un progetto futuro fuori dai dem e vicino agli ambienti milanesi. 

RENZI: “MAI CON LEGA E M5S”

Oggi la relazione principale che indicherà i lavori alla Direzione Pd la farà Maurizio Martina e Matteo Renzi, salvo sorprese, non dovrebbe esserci al Nazareno nella prima riunione post-sconfitta elettorale. In una intervista al Corriere della Sera, il segretario dimissionario si toglie ancora qualche sassolino: «il mio ciclo alla guida del partito è finito. Non ho rimpianti, non ho rancori. Le mie dimissioni non sono un fake. Ho seguito le indicazioni dello Statuto e dunque sul nuovo segretario deciderà l’assemblea», spiega il segretario dem che lancia stoccata alla minoranza quando dice, «Io non parlo male di loro; li rispetto, li difendo. E se qualcuno ha cambiato idea su di me, è libero di farlo. Vedo in giro qualche fenomeno spiegare che abbiamo sbagliato tutto; però non riescono a dirci perché, nelle regioni che governano loro, il Pd è andato peggio della media», con riferimento pare evidente ad Emiliano. Mentre lo stesso Renzi conferma che la grossa responsabilità resta a lui nel non essere riuscito a comunicare tutta la bontà del voto moderato rispetto agli estremisti, ribadisce di non voler per nessun motivo lasciare il Pd in mano al M5s:

«Non esiste governo guidato dai 5 Stelle che possa ottenere il via libera del Pd. Non è un problema di odio che i grillini hanno seminato. E non è solo un problema di matematica, visto che i numeri non ci sono o sarebbero risicatissimi. I grillini sono un’esperienza politica radicalmente diversa da noi. Lo sono sui valori, sulla democrazia interna, sui vaccini, sull’Europa, sul concetto di lavoro e assistenzialismo, di giustizia e giustizialismo. Abbiamo detto che non avremmo mai fatto il governo con gli estremisti, e per noi sono estremisti sia i 5 Stelle che la Lega. L’unico modo che hanno per fare un governo è mettersi insieme, se vogliono». E poi aggiunge ancora, come un fiume in piena, «Facciano il loro governo, se ci riescono. Altrimenti dichiarino il loro fallimento. Noi non faremo da stampella a nessuno e staremo dove ci hanno messo i cittadini: all’opposizione». Qualcuno parla già di un’idea di nuovo partito fondato da Renzi nella Milano che ancora lo stima (magari con Sala e Calenda?), ma per ora è solo fantapolitica: da oggi non sarà più segretario e i nomi nel Pd cominciano già a girare. Delrio su tutti potrebbe essere il possibile “pontiere” verso un nuovo leader, oppure già lo stesso Martina.  

LA DIREZIONE E LA RESA DEI CONTI

Alle ore 15, salvo ritardi, scatterà oggi l’attesa Direzione del Pd: quante volte, dopo il 4 dicembre 2016, abbiamo scritto su queste stesse pagine della “resa dei conti” interna al Partito Democratico, con le minoranze contro Renzi che sembravano ogni volta sull’orlo della scissione? Qualche mese fa una vera frattura c’è stata – è nato Liberi e Uguali – e soprattutto alle Elezioni del 4 marzo si è consumato il momento più basso della carriera politica del segretario. Il giorno dopo i risultati, Renzi si è dimesso aprendo la nuova fase congressuale che dovrà portare a nuova Assemblea, indizione di Congresso e Primarie, il tutto con un dubbio. Il segretario sconfitto ha infatti premesso che tutto quanto avverrà quando si sarà insediato il nuovo Parlamento, per evitare alle frange interne di minoranza di “traghettare” il nuovo Pd verso un’asse di alleanza con il Movimento 5 Stelle per poter formare un governo anti-Salvini. Renzi per questa scelta è stato attaccato e non poco e probabilmente oggi non si presenterà alla Direzione, come detto ieri dal presidente dem Matteo Orfini: «le dimissioni di Renzi sono effettive e da statuto, e per questo non si presenterà al Colle per le consultazioni (seguiranno le consultazioni i 2 capigruppo, il vicesegretario e il presidente del partito), e domani (oggi, ndr) è difficile che ci sarà alla Direzione».

DIREZIONE PD, LA CONTA DELLE CORRENTI

Lo stesso Orfini ha poi spiegato meglio cosa starebbe succedendo proprio in questo momento in un Pd spaccato tra pro-Renzi e anti-Renzi: «a divisione tra renzismo e anti-renzismo non ha molto senso. Renzi era il segretario del nostro partito perché così scelsero i nostri iscritti ed elettori e quindi era giusto sostenere e dare una mano a Renzi. Io non penso che oggi ce la possiamo cavare dando tutte le responsabilità a Renzi. Perché chi ha presieduto il partito ha le sue responsabilità. Chi ha fatto il ministro o ha governato il Paese, prima, durante e dopo, ha il suo pezzo di responsabilità». Già, ma la conta delle “correnti” è già partita: l’ala di Emiliano vuole l’accordo con M5s e la cacciata di Renzi, mentre Franceschini, Orlando (e forse anche Gentiloni) punterebbe su un traghettatore come Martina (vice-segretario) per rilanciare il Pd nei primi mesi di nuova legislatura e convocare Congresso e Primarie forse dopo l’estate. E poi ovviamene ci sono i fedelissimi del segretario, sul banco degli imputati per la gestione e le sconfitte del referendum e sopratutto delle Elezioni 4 marzo. «Tornerò all’assemblea, e li spiegherò le mie ragioni», spiega Renzi ai suoi vicinissimi, con Orfini che ieri ha annunciato il prossimo 5 aprile la convocazione dell’Assemblea Nazionale, «compatibilmente con le consultazioni del Quirinale. Meglio elezione segretario in assemblea o primarie?

Penso che convocare le primarie fra tre mesi non sia la soluzione migliore». Se già oggi usciranno i candidati per il prossimo Congresso non ci è certezza, quello che è sicuro è che i nomi già iniziano a circolare e oggi saranno resi noti: Zingaretti raccoglie consensi (ma è appena stato rieletto Presidente della Regione Lazio), il neo-iscritto Calenda assieme a Delrio garantirebbe l’ala renziana mentre Emiliano resta ancora il capofila dei “ribelli” a metà tra LeU e l’accordo con M5s.







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