Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 12 anni, ma il Tribunale di Torino ha condannato a 16 anni di carcere Sara, una dei giovani accusati di aver lanciato nel gennaio 2023 una bicicletta elettrica dalla balconata dei Murazzi del Po ferendo gravemente un ragazzo rimasto invalido e costretto su una sedia a rotelle. Il reato contestato era di tentato omicidio aggravato dai futili motivi e dalla minorata difesa. La pena è certamente alta, ma in realtà non si discosta da quelle comminate agli altri protagonisti della vicenda, che avevano chiesto tutti di essere processati con il giudizio abbreviato. È questo un rito che, in cambio della rinuncia all’istruttoria dibattimentale, consente di avere uno sconto di pena di un terzo e, dopo la riforma Cartabia, dell’ulteriore bonus di un sesto in caso di rinuncia all’appello. Inoltre la legge garantisce un ulteriore diminuzione di un terzo per gli imputati minorenni. Nonostante tutti questi benefici agli autori del reato più giovani erano state inflitte condanne assai rilevanti, tra i 9 anni e 8 mesi e i 6 anni e 10 mesi.
L’altro imputato maggiorenne, processato anch’egli con il giudizio abbreviato, era invece stato condannato, pur con lo sconto di un terzo garantito dal rito, a 10 anni e otto mesi di carcere, ma la Corte di cassazione ha annullato la sentenza ritenendo immotivata la concessione delle attenuanti generiche e così dovrà essere celebrato un nuovo processo con possibile aggravamento della pena. Non sorprende, quindi, la condanna di Sara a 16 anni di reclusione, sia perché ha scelto il rito ordinario, che non prevede sconti di pena, sia perché alla giovane sarebbero state negate le attenuanti generiche.
Ciò che lascia perplessi è però un altro aspetto della decisione del Tribunale.
Sara non ha partecipato attivamente al lancio della bicicletta, ma le viene contestato di non aver impedito agli altri giovane di compiere il folle gesto e, dopo i fatti, di non aver denunciato gli autori materiali del reato. Questa tesi è stata contestata dalla difesa che ha tentato, scegliendo il rito ordinario e quindi interrogando i testimoni e i periti, di dimostrare l’assoluta estraneità della ragazza rispetto alle condotte poste in essere dagli altri giovani. Il Tribunale ha però verosimilmente ritenuto che la giovane dovesse rispondere del reato a titolo di concorso morale nella commissione del reato, concorso che sarebbe consistito nell’aver rafforzato con la sua sola presenza il proposito criminale degli altri giovani di lanciare il motorino dalla terrazza. Occorrerà leggere le motivazioni della sentenza, ma se così fosse, la pena inflitta appare essere davvero eccessiva, come testimonia anche il fatto che lo stesso Pm aveva chiesto una condanna più mite e le aspettative manifestate dal difensore di ottenere una riforma della sentenza in appello sarebbero giustificate.
Resta il dramma di una vicenda incomprensibile, da cui emerge il grande vuoto che caratterizza l’esistenza di tanti giovani che, pur di vincere la noia, compiono gesti insensati senza neppure rendersi conto della gravità del loro agire, se è vero che dopo il lancio della bicicletta dalla balconata i cinque ragazzi hanno continuato la serata come se nulla fosse, inconsapevoli di aver rovinato la vita non solo della vittima, ma anche la propria.
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