Come è andato lo sciopero dei magistrati ANM contro la riforma Nordio e cosa può succedere ora: il "trucco", i contenuti e lo spazio per trattare
SCIOPERO MAGISTRATI, I RISULTATI ANM (E COSA CHIEDEVANO)
La riforma della giustizia targata Nordio-Meloni ha smosso per la giornata di giovedì 27 febbraio 2025 uno sciopero nazionale dei magistrati indetto dall’ANM, il “sindacato” dei giudici che più di tutti vive lo scontro aperto con la maggioranza di Governo anche dopo il cambio al vertice tra Santalucia e l’attuale nuovo n.1 Parodi.
Sebbene lo spazio per una trattativa con il nuovo corso in Associazione Nazionale Magistrati v’è stato con Palazzo Chigi (l’incontro dovrebbe avvenire il prossimo 4 marzo tra Meloni e Cesare Parodi, ndr), lo sciopero magistrati di ieri serviva probabilmente ad accendere i riflettori dell’opinione pubblica così da andare al tavolo con il Governo in posizione di “vantaggio” per ottenere cambiamenti radicali alla riforma sulla separazione delle carriere.
Secondo l’ANM i risultati dello sciopero magistrati sono esaltanti: 80% di adesione, flash mob in molti tribunali d’Italia con tanto di Costituzione in mano, a difesa «non della casta ma della Carta, di tutti i cittadini». Un potere dello Stato che incrocia le braccia quasi interamente per un giorno è comunque una notizia, anche se come vedremo a breve con un possibile “trucco” che ridimensiona e non poco l’azione dimostrativa dei giudici.
Resta comunque lo stato di accusa lanciato dal capo dell’ANM Parodi all’ANSA, con direzione netta il Guardasigilli Nordio e la Presidente Meloni: con lo sciopero del 27 febbraio si è voluto informare i cittadini che la riforma della giustizia è stata redatta distorcendo l’immagine della magistratura, «non corrisponde però a realtà, si è narrato un mondo delle toghe negativo». Milano e Genova le sedi con maggiore adesione allo sciopero, picchi oltre il 90% nei tribunali: più basso invece nel Lazio e a Roma Capitale (sotto il 70%), così come in Sicilia e in Puglia.
La politica in casa Centrodestra guarda allo sciopero ANM come un tentativo addirittura “eversivo” di voler attaccare il potere politico, mentre da sinistra si appoggia in pieno la rivendicazione dell’Associazione Nazionale Magistrati contro la riforma Nordio: tutto scontato e prevedibile, se non fosse che non è monolitica la posizione dei giudici italiani contro una riforma che prova a far funzionare un organo, quello della magistratura, che in questi anni ha dimostrato – non solo nello scontro con la politica – ma nel proprio specifico lavoro quotidiano, che è ricca di problematiche e mancanze.
E così le voci “solitarie” fuori dall’ANM in realtà emergono in queste ore, contribuendo a fornire un risultato complessivo dello sciopero magistrati non così “monodirezionale” come si è fatto credere anche a livello mediatico nei vari resoconti sulla giornata di ieri.
LO SCONTRO SULLA RIFORMA NORDIO E IL “TRUCCO” SULL’ADESIONE
Sebbene dall’ANM spinge la voce del segretario generale Maruotti che parla di trattativa quasi impossibile con il Governo per modificare la riforma, la scelta di Parodi di organizzare uno sciopero del genere riflette invece la possibilità che qualcosa possa anche essere concesso dal Centrodestra, anche per chiudere un lungo periodo di scontro a distanza che non fa bene a nessuno, né politica né magistratura, né tantomeno cittadini.
Ecco, il popolo, serve non dimenticare mai che il giudizio ultimo e sovrano della cittadinanza alle Elezioni giudica se le riforme, le leggi e i fatti di 5 anni di Governo sono da premiare o bocciare: non è la magistratura a dover svolgere quel ruolo – come spesso abbiamo ripetuto nei nostri speciali qui al “Sussidiario” pur evidenziando critiche o elogi di una riforma complessa come quella sulla giustizia.
E soprattutto, vedere un popolo di magistrati in piazza con la Costituzione in braccio come fossero gli unici depositari della democrazia, senza la gente attorno di normali cittadini rischia di far prendere una direzione “elitaria” ad uno sciopero che potremmo a questo punto chiamare più propriamente protesta.
Come ha spiegato bene Paolo Torricella in questo editoriale sul “Sussidiario”, vi è come un “trucco” nel difendere i risultati di adesione dello sciopero ANM: bastava un modulo da firmare per poter dire di aver “scioperato”, ma tra la lentezza media dei processi e delle varie udienze, la gente normale non ha sentito distintamente la “stop” di quasi l’80% dei giudici italiani, come invece potrebbe avvenire con uno sciopero dei mezzi o degli uffici pubblici.
La protesta serviva dunque per far porre il tema a livello mediatico: la riforma Nordio è “sbagliata e va cambiata”, altrimenti è a rischio “la difesa della Costituzione”. Questo il messaggio, legittimo, dei giudici ANM che hanno scioperato ieri: una trattativa però, sebbene difficilissima con questo scontro ideologico alla base, è comunque in corso, come rileva “Il Dubbio”. Il Governo Meloni vorrebbe smorzare i toni presentando un possibile cambiamento alla riforma, ovvero il sorteggio “temperato” al CSM e non completamente aperto: questo emergerebbe, secondo le varie fonti di Governo, nel vertice di maggioranza riunitosi ieri nel giorno dello sciopero, presenti Meloni, Salvini, Tajani, Lupi con il sottosegretario Mantovano e il Ministro della Giustizia Nordio.
L’IRA DEI MAGISTRATI CHE NON SCIOPERANO E CHE RILANCIANO CONTRO L’ANM
Il confronto del 4 marzo prossimo potrebbe dunque vedere una modifica sul sorteggio “puro” previsto dalla riforma Nordio sui due CSM (uno per i giudici giudicanti, l’altro per i pm) che si vanno a creare secondo la proposta del Governo: un sorteggio “temperato” che significa la possibilità di sorteggiare i giudici per il Consiglio Superiore di Magistratura, da scegliere però in una platea di magistrati eleggibili che renderebbe le correnti ancora un minimo incidenti nella “partita”. Si tira invece dritto sulla separazione delle carriere ed è su questo che lo scontro a distanza tra ANM e Governo rischia di farsi enormemente “rigido” e senza sbocchi diplomatici.
Resta però la protesta nella protesta, quella di chi nella magistratura non accetta l’impianto dello sciopero proprio a livello di contenuti: come ha spiegato ieri al “Foglio” il magistrato napoletano Giuseppe Cioffi, non ha alcun senso scioperare perché si contesta una legge ancora in via di approvazione e che nel caso dovrebbe essere applicata alla magistratura, perché questo è il suo compito.
Quello di cui si lamenta l’ANM «non è reale», sbotta Cioffi spiegando che la riforma Nordio non prevede affatto la maggior parte delle critiche rimbalzate da mesi tra i vari esponenti dell’Associazione Nazionale Magistrati: «nessuna sottoposizione del pubblico ministero al Govenro», nessuna libertà diminuita per i giudici, nessun pericolo di democrazia o peggio “attentati contro la Costituzione”. Secondo il giudice Cioffi, e con lui diversi altri che ieri non hanno aderito allo sciopero ANM, il tema delle carriere separate è una conseguenza diretta del nuovo codice penale entrato in vigore nel 1989.
Semmai è una riforma che arriva in pieno ritardo appunto: ma l’opposizione dei magistrati è pura “propaganda”, denuncia ancora il giudice al “Foglio”, «di separazione delle carriere si parlò già durante i lavori della Costituente, persino nelle discussioni sindacali della magistratura negli anni Quaranta».