VISTO DA SINISTRA/ La talpa Schlein e il líder Maximo: l’attesa scade a primavera 2024

- Paolo Torricella

Come una talpa nel giardino dell’Ulivo, Elly Schlein scava i suoi tunnel. Facendo un partito a propria immagine. Una strategia che preoccupa alcuni ex

sondaggi politici Elly Schlein (LaPresse)

Come una talpa nel giardino dell’Ulivo, Elly scava i suoi tunnel sempre più in profondità. Lentamente le caverne si allargano e le piante del fu centro-sinistra iniziano a pendere sempre più a sinistra. Erose le radici centriste e riconosciuto ruoli a minoranze identitarie, seppur pregiate, ogni tanto riemerge con un’intervista, una dichiarazione, una presa di posizione con la quale ribadisce sempre più che non tornerà indietro. Invece che tenere tutto assieme come un abile contadino, preferisce seccare le avverse radici per restare solitaria ad ammirare la rinascita di una sinistra senza se e senza ma.

Profondamente convinta che i temi siano ambiente, diritti, emergenza democratica e immigrazione, sugli altri e più prosaici temi latita. Niente sul Pnrr, che sta per diventare un ricordo, niente su riforma fiscale e imprese. Le uniche sortite sono contro il precariato e i bassi salari. Problemi certo, ma senza che le soluzioni siano urlate chiare.

Il tutto mentre la disoccupazione scende ed il Pil sale, ed un inatteso primato può essere rivendicato dopo anni di record negativi. E andrebbe detto che il merito è delle politiche di Draghi che ora producono, come previsto, effetti importanti sull’economia. Le scelte della Meloni, infatti, poco o nulla incidono e rischiano, anzi, di rallentare una marcia che poteva essere trionfale.

Insomma Elly non ha una contro-narrazione dei fatti che metta il Governo in difficoltà. Continua a raccontare la sua storia. Tutta sua, per ora, e seguita dagli entusiasti che vedono la rinascita del sol dell’avvenire come un faro a cui le masse guarderanno non appena i primi raggi di alba saranno visibili.

Nel mentre lei scava, però, scorda anche di dire due parole, bastavano due, sui fatti che hanno interessato il líder Máximo. Un avviso di garanzia che racconta dell’ennesima sortita della magistratura su temi ad essa ostici. Il commercio internazionale, il rapporto tra la prima azienda tecnologica italiana e governi lontani. D’Alema non è mai stato uomo da queste cose. È persona densa e complessa, specchiata e spigolosa come un pezzo di marmo freddo e solido. Il suo coinvolgimento, bastava dire, è cosa che, seppur nel rispetto della magistratura, appare del tutto da escludere per storia, profilo personale, correttezza. Così Massimo avrebbe detto, come in tanti altri casi in cui esponenti del suo partito, poi usciti intonsi dalle indagini, hanno avuto la sorte di un’inchiesta.

E, soprattutto, avrebbe molto da dire Massimo, e ascoltare Elly, sul come tenere la sinistra alla guida di una coalizione in grado di opporsi al governo, dialogando con il centro. Non avrebbe, D’Alema, perso l’occasione di rammentare che i risultati in economia hanno un ciclo che va oltre i 12 mesi e che quello che arriva oggi nelle tasche di imprese e cittadini è frutto, anche, del “sacrificio” del Pd di Letta di sostenere Draghi e le sue scelte e che se SuperMario avesse concluso la legislatura, senza essere silurato da Conte, oggi il Pnrr sarebbe in piena esecuzione e della ipotesi di spacchettare il Paese con l’autonomia differenziata neppure se ne parlerebbe.

E lo farebbe, Massimo, con l’intendimento di ricordare agli italiani che la governabilità garantita dal suo partito, forse, non è proprio una brutta cosa. E lo farebbe pur se detestasse Draghi, Letta e tanti altri. Per far passare il principio che il Governo è l’obiettivo e lo strumento con cui chi fa politica deve misurarsi.

Ma Massimo è lontano, come è lontana la sua scuola di bravo contadino della politica che è passato da far crescere l’Ulivo (che pur non ha mai davvero amato) nel parlamento a piantare vigne in Umbria. Ora Elly deve solo sperare che il percorso sotterraneo, meditato, voluto che trancia con casuale precisione le radici meno gradite non finisca, a lungo andare, per dare la sensazione che tutto il giardino si secchi e finisca per lasciare un mausoleo di alberi secchi e senza foglie.

Se questo dovesse essere, se questa fosse l’impressione, a qualcuno potrebbe venirne in mente di stanare la talpa con un bel gruppo di bassotti o di jack russell e provare a far rifiorire quello che si sta seccando. Per ora l’unico sintomo è che le piante non producono rigogliosi frutti elettorali nella stagione estiva; se così fosse anche nella prossima primavera, la talpa avrebbe vita breve. In fondo i contadini come Massimo sanno che fare contro le talpe. O almeno lo hanno insegnato.

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