FINANZA/ 1. Campiglio: un nuovo “nodo” lega Europa (e Italia) alla crisi

- int. Luigi Campiglio

LUIGI CAMPIGLIO spiega perché, nonostante il via libera preliminare al Fondo anti-spread e il taglio dei tassi da parte della Bce, le prospettive di crescita rimangano allarmanti

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La tempesta finanziaria non si placa. Si pensava che lo scudo anti-spread strappato da Italia e Spagna al vertice europeo del 28 giugno avrebbe rappresentato la panacea di tutti i mali. Meglio ancora – si credeva – se accompagnato da un ulteriore taglio dei tassi da parte della Bce. Che, effettivamente, c’è stato. Giovedì, infatti, l’Eurotower li ha ridotti dello 0,25% portandoli, per la prima volta, al di sotto dell’1%, allo 0,75%. Ma non è servito assolutamente a niente. Ieri, le principali borse europee hanno chiuso in rosso, mentre lo spread tra i nostri Btp decennali e gli omologhi titoli di stato tedeschi ha sfiorato quota 470 punti base. Certo, le dichiarazioni di Christine Lagarde non hanno contribuito a infondere ottimismo nei mercati. Il numero uno del Fmi, infatti, ha spiegato che le stime contenute nella revisione del World Economic Outlook, in uscita lunedì 16 luglio, saranno peggiori delle precedenti; e che il ribasso riguarderà anche i Paesi emergenti. Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, ci aiuta a fare il punto della situazione.

Da cosa è determinata l’insistenza di questa fase recessiva?

Si sta continuando a lasciare irrisolti i nodi di fondo della finanza internazionale. Basti vedere i recenti casi di manipolazione del Libor. Non si è ancora dato vita, cioè, a una seria regolamentazione della finanza derivata e dello shadow banking. Di sistemi che viaggiano su cifre che sono multipli del Pil mondiale. In sostanza, la situazione sta sfuggendo di mano. A questo, si aggiunge il fatto che non è stato fatto nulla, in Europa, per rilanciare la crescita, mentre il fisiologico rallentamento di quella dei paesi emergenti contribuirà a creare non pochi problemi all’Unione.

Cosa intende?

Fino a oggi, i Paesi europei che hanno resistito meglio degli altri hanno potuto farlo esclusivamente in virtù del fatto che le difficoltà venivano compensate dai paesi emergenti. Tutte le imprese dell’Unione cha vanno bene, a partire da quelle tedesche, infatti, hanno bilanciato l’assenza della domanda interna con le esportazioni in nazioni quali India, Cina e Brasile. L’arresto di questi paesi, quindi, si rivelerà dannoso per tutti.  

Se le cose stanno così, i processi economici sembrano destinati a esaurirsi…

Difficile fare previsioni di questo genere. Il problema è che il grado di interconnessione delle posizioni debitorie e creditorie del sistema finanziario mondiale sono sconosciute.

 

Com’è possibile, in ogni caso, che lo scudo anti-spread e il taglio della Bce non siano serviti a niente?

Che il taglio non avrebbe sortito effetti, in realtà, considerando l’ingestibilità della situazione, era prevedibile. Per quanto riguarda l’Esm (cui dovrebbe essere attribuito il compito di acquisire titoli di Stato sui mercati secondari laddove gli spread superassero le soglie d’allarme), nessuno lo dice, ma i mercati temono che si trasformerà in nient’altro che una sorta di bad bank.

 

Lunedì, l’Eurogruppo definirà con precisione i connotati del Fondo. Possiamo sperare che la sua messa a punto sarà tale da calmare i mercati?

 

Se Olanda e Finlandia insistessero sul porre il proprio veto, la misura non andrà in porto. Un meccanismo del genere necessità di ingenti risorse. E i due paesi hanno un grandissimo peso economico. Il Fondo potrebbe funzionare se, nonostante il venir meno di risorse così ingenti, la Bce sarà il fulcro del meccanismo.

 

Nel vertice europeo si è stabilito che dovrebbe agire come agente del Fondo

 

Dipende dalla potenza di fuoco di cui potrà disporre. Che, in sostanza, dovrà essere illimitata. Dovrebbe potersi comportare come un’autentica banca centrale di un’area federata, con la capacità di prestare indefinitamente. L’ideale sarebbe che operasse direttamente, invece che attraverso il Fondo. Ma i trattati lo impediscono e, in tal caso, la Germania porrebbe il veto alla sua modifica.

 

Questo sarebbe sufficiente per invertire il trend recessivo?

Purtroppo no. Ci siamo infilati in una recessione tale per cui si tratterebbe di una condizione necessaria ma non sufficiente.

 

Cos’altro servirebbe?

 

L’Europa potrebbe ispirarsi agli Usa che, seppur in ritardo, stanno varando massicci interventi di spesa pubblica per rilanciare la crescita e i consumi. In questa prospettiva, una delle misure più intelligenti da assumere sarebbe la “regola aurea” proposta da Monti, che consisterebbe nel sottrarre le spese relative agli investimenti dal computo del disavanzo in modo da dare un minimo di ossigeno alle economie più disastrate, come la nostra.

 

(Paolo Nessi)





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