SPY FINANZA/ La fine dell’euro “firmata” Germania

- Giovanni Passali

La Grecia rimane nell'euro, ma le condizioni poste dall'Europa sono impossibili da rispettare. Per questo, dice GIOVANNI PASSALI, il destino dell'euro è già segnato

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Ormai mi pare un fatto conclamato: Varoufakis faceva sul serio, mentre Tsipras era un bluff giocato sulla pelle dei cittadini greci. Ma questo è solo un aspetto di una vicenda che pian piano diventa sempre più chiara. E ora è chiaro che il gioco delle parti è impazzito e i due contendenti, Grecia e Germania, sono entrati nelle dinamiche del comportamento irrazionale.

Quello che avevo ipotizzato nel mio ultimo articolo oggi mi pare del tutto evidente: Tsipras ha ideato e voluto il referendum per tentare di uscire da quello che politicamente era diventato un vicolo cieco. Alla fine si è convinto (o è stato convinto) di dover accettare un qualsiasi piano Ue, anche quando era troppo tardi e il referendum era stato indetto. L’ultima proposta del governo greco prima del referendum era di fatto una totale capitolazione del partito Syriza rispetto alle proprie promesse elettorali. Ma ormai i canali diplomatici si erano chiusi e il referendum si doveva tenere. Un referendum indetto nella convinzione di perderlo, a causa dell’atavico attaccamento del popolo greco a qualsiasi cosa che abbia l’aggettivo europeo.

Ma sappiamo come sono andate le cose, il referendum ha visto il prevalere dei NO e in barba alle intenzioni popolari Tsipras si è mosso per trovare un accordo. Simultaneamente, quando Varoufakis ha saputo che comunque Tsipras avrebbe accettato qualsiasi piano Ue, si è dimesso e ha reso una serie di dichiarazioni con le quali ha illustrato la difficoltà di ottenere un compromesso praticabile e sostenibile per il popolo a causa del continuo ostruzionismo della parte tedesca, in particolare di Schaeuble, all’interno di un organismo, quello dell’Eurogruppo, che non è definito istituzionalmente e quindi non ha alcun valore legale. Un paradosso che mostra quanto le strutture dell’Unione europea siano distanti da qualsiasi dimensione democratica.

Ora c’è stato anche il rimpasto di governo a sancire la nuova situazione. Molti infatti avevano protestato e votato contro l’accordo Ue, considerato un capestro immorale e inaccettabile per il popolo greco. E i dissidenti sono stati epurati dal governo, il quale è arrivato a nominare un noto attore per il delicato ministero che si troverà a gestire la patata bollente della riforma delle pensioni. Insomma, si farà di tutto pur di far accettare il piano Ue. 

Ma qui c’è l’altro aspetto irrazionale della situazione. La prima opzione del ministro tedesco Schaeuble era l’uscita della Grecia dall’euro, seppure per un periodo definito. Messo alle strette per dare un’alternativa, ha tirato fuori una serie di richieste inaccettabili, per ottenere il successo della prima proposta. Invece, siccome ormai i comportamenti irrazionali sono nella norma, Tsipras ha accettato il piano irrazionale. In questo modo il Premier greco ha salvato la faccia con il suo elettorato perché è rimasto nell’euro, ma in caso di (certo) fallimento potrà scaricare la colpa sui tedeschi. 

Il piano dell’Ue, come ha subito dichiarato Varoufakis, non ha alcuna speranza di riuscire: probabilmente provocherà una caduta del Pil del 2%. Lo stesso Fmi ha dichiarato che qualsiasi piano non può riuscire se non prevede un taglio del debito impagabile. Ma tale soluzione non è accettabile per i tedeschi perché costituirebbe un pericoloso precedente. Poi ci sarebbero Portogallo, Spagna e Irlanda a richiedere un trattamento simile. Per non parlare dell’incubo dell’Europa, l’enorme debito italiano.

Ora bisogna riconoscere che alla fine la partita diplomatica l’ha vinta Tsipras, poiché non esiste la possibilità per un Paese di essere cacciato dall’Ue e dalla moneta unica. Il rilievo da fare però è che il conto salato di questa vittoria la pagherà il popolo greco. Ma le cose, a mio modesto parere, non andranno come previsto da Tsipras. Le cose sbagliate non possono funzionare. Il governo tedesco non si può permettere politicamente di continuare a pagare il conto di un Paese che non riesce a uscire dalla crisi, anche se i tedeschi hanno una buona parte di responsabilità. E siccome non è possibile far uscire la Grecia, siccome non è possibile cacciare la Grecia, allora sarà la Germania a uscire dall’euro. Faranno quello che, in modo molto miope, hanno sempre fatto: i loro interessi. 

Ora che c’è il conto salato della Grecia, stare nell’euro non conviene più. Hanno fatto i loro interessi guadagnando con surplus di bilancio (contro le regole europee) e impoverendo le periferie europee, ora però ci sarebbe da pagare il conto. La Grecia non è e non sarà in grado di pagare il suo debito: questo è un fatto oggettivo che solo la politica si rifiuta di riconoscere. Quando questo fatto oggettivo diventerà inesorabile, a questo si aggiungerà il debito impagabile di Portogallo, Spagna, Italia, Francia, ecc.

La fine dell’euro è quindi nelle cose. Meglio uscirne prima secondo un piano ben preparato, piuttosto che uscirne poi subendo dinamiche che non si possono controllare. La Germania quindi uscirà dall’euro e non sarà la sola; è facile prevedere che l’accompagneranno molti paesi del nord Europa. Tutto questo porterà a ulteriori attriti internazionali e a nuove sofferenze. Niente di buono per i popoli.





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