L’ultima carta per arrivare alla verità sulla morte di Liliana Resinovich è rappresentata dalla consulenza dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, a cui la Procura di Trieste ha affidato l’incarico dopo che il gip aveva rigettato la richiesta di archiviazione avanzata dai pm all’esito della prima autopsia che depose per il suicidio.
I risultati preliminari del nuovo esame autoptico condotto dalla professionista sembrano portare in tutt’altra direzione. Stando a quanto anticipato dal quotidiano Il Piccolo, Cattaneo avrebbe evidenziato lesioni riconducibili all’azione di terzi aprendo così allo scenario di un omicidio. Tesi, quest’ultima, sostenuta da sempre dal fratello di Liliana Resinovich, Sergio, e dal resto dei parenti eccetto Sebastiano Visintin, vedovo della 63enne che, in prima battuta, escludeva il gesto estremo dall’alveo delle possibilità. Ora, però, si sarebbe ricreduto e pare aver fatto dietrofront rispetto alle convinzioni iniziali: “Non è assolutamente un suicidio, forse un incidente“. Parlare di morte in conseguenza di un evento accidentale, però, secondo i consulenti del fratello della vittima sarebbe non solo illogico, ma anche privo del minimo riscontro.
Il marito di Liliana Resinovich: “Potrebbe essere stato un incidente”
L’ipotesi di Sebastiano Visintin è che sua moglie sia stata vittima di un incidente, circostanza che ad oggi appare comunque assai difficile da sostenere anche alla luce delle condizioni in cui fu rinvenuto il cadavere. Liliana Resinovich scomparve dalla loro casa di Trieste il 14 dicembre 2021 e il suo corpo fu ritrovato il 5 gennaio seguente, in un parco della città, con addosso gli stessi indumenti del giorno della sparizione e senza segni di decomposizione tali da giustificare la permanenza dei resti in un luogo simile.
Ad alimentare il sospetto che sia stata uccisa è soprattutto il fatto che si trovava all’interno di due grandi sacchi della spazzatura, la testa avvolta in due buste di nylon chiuse al collo con un cordino “lasco” in una modalità, quindi, verosimilmente incompatibile con lo scenario di un gesto anticonservativo (anche per la conformazione del nodo, apparentemente non autoprodotto). Secondo i primi consulenti medico legali interpellati dalla Procura di Trieste, Costantinides e Cavalli, Liliana Resinovich potrebbe invece essersi tolta la vita soffocandosi con quei sacchetti dopo essersi infilata volontariamente dentro quei sacchi che coprivano gambe e tronco. Certamente possibile, ma poco probabile per una persona che vuole suicidarsi e non si preoccuperebbe di “coprire” il proprio corpo in quel modo. Secondo Sebastiano Visintin, il decesso della consorte potrebbe essere dovuto a “un incidente o un alterco con qualcuno“. Potrebbe essere proprio la seconda, attesissima autopsia con relativa consulenza Cattaneo a dissipare le ombre che ancora oggi insistono sulla morte della 63enne, dalle cause all’epoca in cui è avvenuta.