PAPA/ 1. Lo scienziato: la ragione di Benedetto ha molto da insegnare agli educatori
PIERO BENVENUTI, astrofisico, commenta dopo mons. Pezzi il Messaggio per la pace di Benedetto XVI, centrato sull’educazione. Anche ieri il Papa, nella sua omelia, è tornato sul tema
«Uno dei messaggi più chiari del discorso del Papa sulla pace e l’educazione è che non si può fare a meno dell’altro. Non possiamo salvarci da soli. I giovani secondo me sono ancora molto sensibili alla relazione con l’altro, che però va indirizzata, educata». Chi parla è Piero Benvenuti, astrofisico dell’Università di Padova, già responsabile scientifico europeo del progetto Hubble.
Benedetto XVI ha dedicato il suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2012 all’educazione, e anche ieri, domenica 8 gennaio, nella sua omelia è ritornato sul tema. Mi colpisce, spiega Benvenuti, la profondità del messaggio del Papa e lo spazio che ha voluto dedicare all’educazione delle generazioni future. Sono spunti che non possono essere lasciati cadere e che devono interrogare anche chi si occupa di scienza.
C’è una responsabilità della scienza, o di un certo modo di fare scienza, nella «crisi culturale e antropologica» di cui ha parlato Benedetto XVI nel suo Messaggio?Siamo in presenza, oggi, di una scia della vecchia posizione positivista, che da un lato fa della scienza il cardine di una visione materialistica della realtà, dall’altro dice che la scienza è l’unico modo di arrivare alla verità. Il Papa non perde occasione per stigmatizzare questa riduzione e per insistere sulla necessità di un allargamento della razionalità. A livello di sentire comune però è una convinzione ancora molto forte.
Con quali esiti?Una separazione molto netta tra il profano, ciò che sta fuori dal tempio, e il sacro. Il prezzo che si paga però è l’alienazione, conoscitiva e dunque anche educativa. Perché la persona, come ha riordato il Papa nel suo discorso richiamando Agostino, vive per il suo anelito alla verità. Ma anche la scienza vuole conoscere la verità: ha un suo metodo – il metodo sperimentale –, con i suoi precisi limiti e i suoi grandi meriti. Ma non può essere separata dalla ricerca della verità in assoluto.
Quali sono le conseguenze, per la scienza, di questa separazione?
Non riuscire più a comunicare ciò che realmente fa e le sue motivazioni. Domina una confusione generalizzata tra scienza e tecnologia; e non ha caso mentre la prima ricerca la verità, alla seconda non è estraneo l’aspetto del business. In questo la scienza si è lasciata ampiamente fuorviare dai media: che cosa deve fare la notizia scientifica, oggi? Stupire. La missione dello scienziato è divenuta collaterale, accessoria. Col risultato paradossale che la conoscenza della realtà – anche se si tratta di una particolare via di conoscenza – riguarda solo un piccolo gruppo di addetti ai lavori.
Benedetto XVI, che ha definito l’educazione «l’avventura più affascinante e difficile della vita», ha detto anche che «si tratta di comunicare ai giovani apprezzamento per il valore positivo della vita». Come questo interpella il suo lavoro di scienziato e docente?
Io insegno ai giovani varie materie scientifiche molto specialistiche, sulle quali per ovvie ragioni ora non posso soffermarmi. Ma cerco sempre di dare una visione più completa e globale, in modo che i miei studenti conoscano il dettaglio, senza mai perdere di vista la prospettiva del senso.
Questo punto di vista «allargato» è proprio necessario alla ragione scientifica? La scienza si occupa della parte, non del tutto…
Se nel vecchio positivismo si usava la scienza per negare il trascendente, può ora la scienza essere luogo di apertura ad esso?
Come può l’uomo di scienza educare alla «dimensione morale e spirituale dell’essere», che è quella alla quale il Papa richiama per lo sviluppo della educazione e della libertà?
Si spieghi, professore.
Lo scienziato vero è attratto a fare scienza dall’aspirazione a conoscere qualcosa di vero, che nel caso della conoscenza scientifica diviene inconfutabile – appunto – attraverso l’esperimento. Io, scienziato, creo un modello di realtà che cerco di falsificare: se ciò non mi riesce, vuol dire che mi avvicino alla realtà più di quanto accadeva nella visione precedente. Cambiare opinione perché si è di fronte ad un’evidenza che impone di assoggettarsi a quello che la natura ci dice, crea una stuazione di grande onestà intelletuale che può essere fonte di ispirazione anche in altri ambiti.
La scienza è pericolosa per la pace?
Morale?
Dove si avverte di più la sfida della scienza nell’educazione dei giovani?
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