SCUOLA/ Promossi & bocciati, cosa nascondono i dati del Miur?

- Dario Nicoli

I dati sul successo scolastico sono migliorati, +0,6% alle scuole medie, +0,3% alle superiori rispetto al 2011/12. Eppure a far notizia sono i dati che mancano. DARIO NICOLI

scuola_scrutinio_pagella_votiR400 Infophoto

I dati sul successo scolastico (studenti promossi alle classi successive) tendono a migliorare leggermente di anno in anno, +0,6% alle scuole medie, +0,3% alle superiori, ma il giudizio su questa tendenza dipende decisamente dalla prospettiva da cui lo si guarda. Chi interpreta il rigore come il segnale di una ripresa di serietà, ritiene di poter migliorare la scuola agendo esclusivamente sul lato della valutazione, specie le prove finali. In tal modo, si sostiene, il tenore degli studi generale ne risentirebbe positivamente. Da qui l’idea di introdurre una prova esterna nazionale cui attribuire una parte consistente del punteggio, specie con lo scopo di eliminare le differenze territoriali e settoriali che oggi risultano piuttosto consistenti. 

In realtà i dati presentati dal ministero non consentono di giustificare una lettura così semplicistica. È vero che la scuola media sta procedendo passo passo verso un tasso da “promozione garantita”, visto che in un anno si passa dal 95,7 al 96,3% dei successi: in questo caso sarebbe utile agire maggiormente sul rigore delle prove finali così da indurre una maggiore serietà in questo che da più parti viene visto come il segmento più critico del sistema educativo. Passando alla secondaria di secondo grado, vediamo una leggera crescita dei promossi dal 63,2 al 63,5%, mentre rimane stabile il tasso delle sospensioni dei giudizi (26,5%) e calano gli insuccessi a giugno (dal 10,3 al 10%). 

Ma le differenze tra i diversi indirizzi mostrano uno scenario più inquietante: mentre i licei, ovvero le scuole considerate più difficili, presentano un tasso di insuccesso minimo, che passa dal 5,4 al 5%, i tecnici ed ancor di più i professionali indicano dati molto critici, pur migliorando nell’ultimo anno: se i primi vedono una riduzione di bocciature dal 13,6 al 12,7%, i secondi, pur passando dal 18,6 al 16,3%, segnalano la persistenza di un grave problema, specie se lo accostiamo a quello più generale della dispersione scolastica che rimane ad un livello inaccettabile, di oltre 10 punti superiore alla media europea, segno di una situazione patologica che rimane tale nonostante le numerose azioni messe in atto per combatterla. 

Si tratta del processo di liceizzazione strisciante di questi istituti, che negli ultimi 20 anni ha prodotto una moltiplicazione delle discipline insegnate ed una riduzione progressiva dell’area tecnico-professionale rispetto a quella degli assi culturali, ovvero il contrario di ciò che la commissione per i nuovi ordinamenti aveva suggerito. Occorre intervenire decisamente sulle pratiche didattiche, in modo da motivare e coinvolgere maggiormente i giovani, potenziare  i laboratori tecnico professionali, introdurre prove di realtà ed arricchire le esperienze di alternanza scuola-lavoro

Inoltre, è da segnalare la mancata diffusione della formazione professionale in tutte le aree del Paese, un segmento strettamente correlato con il tasso di successo degli studi. Infatti nel Centro-Sud, dove è meno presente, il livello della dispersione assume i valori più elevati, segno che l’utenza potenzialmente orientata verso percorsi di qualifica e diploma professionale finisce per iscriversi ad indirizzi diversi, e più impegnativi, per mancanza di un’offerta corrispondente. 

L’assenza del dato statistico nelle tabelle pubblicate dal Miur è estremamente indicativo della grave sottovalutazione dell’importanza di questo settore, a differenza di ciò che accade nei paesi europei con sistemi educativi più produttivi. Una parte rilevante del mondo giovanile troverebbe maggiore stimolo se la scuola puntasse decisamente sull’azione reale – e non sull’insegnamento inerte − come occasione di apprendimento, in quanto l’attività stimola la curiosità, la messa in gioco e l’orgoglio di ciò che si è saputo realizzare con la propria testa e le proprie mani. Qualcosa si sta muovendo in questa direzione, ma non sembra che i decisori politici e ministeriali siano ancora consapevoli dell’importanza educativa e culturale del lavoro tecnico e professionale come via per riscattare una parte del mondo giovanile intrappolata tra protezione familiare e parcheggio scolastico.     







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