SCUOLA/ Valutazione, ecco perché l’Invalsi fa paura a Bertoldo

- Gianni Bocchieri

Viene oggi presentato il IV rapporto della Fondazione Giovanni Agnelli "La valutazione della scuola. A che cosa serve e perché è necessaria all'Italia" (Laterza). GIANNI BOCCHIERI

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Viene oggi presentato il quarto rapporto della Fondazione Giovanni Agnelli dedicato alla valutazione del sistema di istruzione e formazione italiano (La valutazione della scuola. A che cosa serve e perché è necessaria all’Italia, Editori Laterza). Si tratta di una bella ricerca, intelligente, completa e soprattutto utile per l’avanzamento della cultura della valutazione nel nostro Paese. 

Con uno stile chiaro e scorrevole, il lavoro della Fondazione non si perde in tecnicismi e contribuisce a chiarire, con estrema lucidità, i punti cardine da affrontare – perché, chi, come e cosa valutare – sgombrando il terreno dai falsi problemi, dalle resistenze e dalle trappole che fino ad oggi si sono frapposti alla nascita di un completo sistema nazionale di valutazione della scuola. Arricchisce la ricerca un esauriente richiamo della più interessante letteratura nazionale ed internazionale in tema di valutazione e l’utile benchmark di comparazione delle più svariate esperienze positive e negative degli altri Paesi. 

In altre parole, la Fondazione Agnelli ci consegna un lavoro esaustivo per comprendere quanto sia necessario per il nostro sistema educativo disporre di un sistema nazionale di valutazione e per ricostruire anche la storia della valutazione in Italia, depurandola dal furore ideologico che l’ha accompagnata e restituendole quella giusta dimensione storiografica necessaria ad una lettura più serena dei fatti. 

Nella ricchezza di contenuti, due sono gli elementi del rapporto che possono essere rilevati con maggiore evidenza.

In primo luogo, il riconoscimento che non esiste in astratto un unico o il giusto modello della valutazione. Al contrario, la scelta del modello di valutazione dipende dall’idea sottostante di scuola. Per questo, il rapporto rappresenta il monito per i decisori politici di esplicitare innanzitutto la loro idea di scuola.

In secondo luogo, il rapporto costituisce una difesa delle prove Invalsi perché chiarisce che le prove standardizzate sono corrette per valutare gli apprendimenti, mentre potrebbero non essere adeguate per valutare gli insegnanti o la qualità dei processi interni delle scuole. In tal senso, è giusta l’affermazione che non bisogna retrocedere dall’utilizzo della valutazione standardizzata degli apprendimenti, sebbene sia necessario che a queste si affianchino visite periodiche di valutatori esperti, sul modello di quelle realizzate dall’Ofsted nel Regno Unito.

Nonostante il ritardo accumulato dall’Italia nella realizzazione del sistema di valutazione, il lavoro della Fondazione Agnelli riconosce che non siamo al punto zero. Molto è stato fatto: le numerose sperimentazioni realizzate hanno fornito esperienza preziosa, le prove standardizzate degli apprendimenti di Invalsi hanno raggiunto un buon grado di maturità e, soprattutto, con il regolamento 80/2013 vi è ora un quadro normativo adeguato.

Infatti, il Regolamento del 2013 ha sancito le coordinate di un Sistema Nazionale di Valutazione che, grazie al coordinamento tra l’azione di Invalsi, Indire e il corpo ispettivo, consente di comporre in un disegno organico esigenze di sistema sino ad oggi rimaste tra loro slegate, quali la valutazione esterna, la valutazione interna, i piani di miglioramento delle scuole. 

Giungere al risultato di un sistema di valutazione compiuto non è un’impresa impossibile.

Certo, la resistenza alla valutazione da parte del mondo della scuola è ancora molto forte. Per questo è comprensibile l’auspicio degli autori sulla necessità di maggior coinvolgimento dei docenti nella definizione del sistema di valutazione. Però, è bene ricordare che quando gli insegnanti sono stati coinvolti direttamente, ad esempio nella sperimentazione “Valorizza”, che aveva lo scopo di individuare chi premiare con una mensilità di stipendio aggiuntiva, la partecipazione è stata scarsissima. Solo 33 scuole in tutta Italia hanno dato la propria adesione volontaria. Un risultato che legittima il sospetto che gli insegnanti vogliano fare come Bertoldo, accettando sì di essere impiccati, ma all’albero che preferiscono.

In conclusione, la ricerca della Fondazione Agnelli è un brillante stimolo a continuare velocemente il percorso di costruzione di un sistema di valutazione nazionale. Dopo tanti ritardi e false partenze, con l’approvazione del Regolamento del Sistema nazionale di valutazione, avvenuta nella primavera del 2013, si era diffusa la speranza di una rapida attuazione, mentre a distanza di quasi un anno poco o nulla è stato fatto.

Per tutte queste ragioni, se i possibili destinatari della ricerca sono tutti coloro che hanno a che fare con il mondo della scuola, dalle famiglie, ai docenti, ai dirigenti scolastici, è auspicabile che l’ottimo lavoro della Fondazione Agnelli sia tra le prime letture del prossimo ministro dell’Istruzione.





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