SCUOLA/ Esame di terza media, prova di italiano: tre cose sono buone e una no

- Raffaela Paggi

È stato da poco pubblicato sul sito del Miur il "Documento di orientamento per la redazione della prova di italiano nell'esame conclusivo del primo ciclo". RAFFAELA PAGGI

scuola_studenti_1_lapresse_2015 (LaPresse)

È di recente pubblicazione sul sito del Miur il “Documento di orientamento per la redazione della prova di italiano nell’esame conclusivo del primo ciclo“, che offre alcuni suggerimenti per la verifica delle competenze di lingua italiana. Leggendo tale documento e il decreto sull’esame si evince quanto sia importante per i nostri giovani imparare nel primo ciclo scolastico a dominare i testi, ovverosia a comprenderli, saperli sintetizzare e analizzare e infine a saperne produrre di coerenti, sensati e comunicativi. La testualità è infatti il luogo principe in cui il pensiero si struttura, il ragionamento si articola, il giudizio e la criticità si esercitano. Privare i giovani della possibilità di leggere, interpretare, creare testi andrebbe a incidere pesantemente sul loro sviluppo cognitivo ed esistenziale. Sappiamo quanto le forme di intrattenimento delle nuove generazioni li portino sempre più velocemente a una proceduralità meccanica e ossessiva, a una frammentarietà emotiva e irrazionale: la scuola invece volentieri si assume il compito decisivo di proporre attività che favoriscano l’arricchirsi del lessico e delle competenze linguistiche, l’articolazione organica del pensiero, lo sviluppo del ragionamento e della capacità critica, attraverso la lettura e la produzione di testi ben strutturati e semanticamente non banali. 

Prendendo in considerazione le tipologie proposte per il nuovo esame di italiano, tre aspetti in particolare sono meritevoli di una nota di plauso. Uno invece richiede una doverosa, e accorata, precisazione.

Innanzitutto è positivo l’aver mantenuto in sede di valutazione finale il tradizionale “tema”, pur avendone sostituito il nome con termini indicativi dell’atteggiamento testuale prevalente richiesto dalla consegna: testo narrativo e descrittivo; testo argomentativo. La richiesta di organizzare in proprio un testo, vincolandolo a un argomento, a un destinatario specifico o universale, a un contesto e una finalità è forse l’occasione scolastica più completa per verificare da una parte la padronanza della lingua italiana, dall’altra la capacità di organizzare il proprio pensiero intorno a un contenuto, più o meno problematico. Se il testo narrativo esperienziale consiste infatti nell’organizzare la propria materia secondo nessi temporali al fine di conquistare e comunicare il senso di un evento vissuto, quello descrittivo nell’organizzare secondo nessi prevalentemente spaziali la propria rappresentazione della realtà, più o meno filtrata dalla soggettività di chi scrive, il testo argomentativo chiede di sostenere con ragioni convincenti una propria tesi a proposito di un contenuto che presenta qualche aspetto problematico, critico, organizzando il discorso attraverso nessi logici di vario tipo (causale, finale, consecutivo, concessivo…). A tali tradizionali tipologie testuali si aggiunge ora la possibilità di proporre in sede d’esame anche testi narrativi d’invenzione, finalizzati a costruire mondi possibili a partire da spunti e suggestioni fornite nella consegna.

Un secondo merito del nuovo esame di italiano è quello di riconoscere al riassunto il suo insostituibile valore: non appena esercizio scolastico, bensì testo vero e proprio che chiede la comprensione approfondita del testo di partenza al fine di poterlo ri-presentare al destinatario in risposta a una precisa consegna. Tale pratica è fondamentale per l’italiano, per tutte le discipline il cui studio preveda la lettura di testi, per la vita tout-court, perché la comprensione implica sempre una parafrasi: “La comprensione di un testo può essere vista come lo stato che il ricevente raggiunge quando forma dentro di sé una rappresentazione mentale corrispondente al senso del testo”, dice la studiosa di pragmatica Marina Sbisà (Detto non detto. Le forme della comunicazione implicita, Laterza 2007, p. 11). Non si può sostenere di aver capito se non si sa ridire, insomma. Certo, rispetto al “tema”, il riassunto presenta l’innegabile vantaggio di partire da un testo dato e dunque facilita il processo dell’inventio, cioè il reperimento di idee e argomenti da organizzare nel discorso.

In terzo luogo non si può non accogliere con soddisfazione l’insistente richiamo al testo letterario, che compare in pressoché tutti gli esempi del Documento di orientamento, o nella consegna degli esempi di prove, o addirittura in prima battuta nella tipologia C: “Comprensione e sintesi di un testo letterario, divulgativo, scientifico, anche attraverso richieste di riformulazione”. Desta infatti in molti docenti una certa preoccupazione l’invadenza del testo funzionale in molte antologie e in molta letteratura didattica: il compito del docente di italiano non può essere ridotto a quello di addestrare esclusivamente gli studenti alla comprensione e alla produzione di testi di immediata fruibilità nella vita quotidiana, sottovalutando così l’importante obiettivo, peraltro esplicito nelle Indicazioni nazionali, di introdurre i giovani nel mondo della letteratura. Il testo letterario è infatti occasione di incontro con la lingua al vertice delle sue possibilità, del totalmente gratuito, della ricerca del senso, dello svelamento delle istanze più profonde dell’umana esistenza. 

Un campanello d’allarme si accende però osservando che testo narrativo, testo descrittivo, testo argomentativo, analisi e sintesi di testi, prove strutturate in più parti (domande di comprensione puntuale, globale, sintesi, riscrittura, produzione libera) sono considerati equipollenti ai fini di una valutazione di fine percorso. Non solo: negli esempi proposti dal Documento di orientamento sono posti sullo stesso piano esercizi evidentemente finalizzati a sviluppare specifiche abilità e richieste di produzione di testi veri e propri, che chiedono di attestare il proprio ragionamento intorno a un problema o di rileggere un evento per comprenderne il senso. Il docente deve invece essere ben consapevole della differenza tra i cosiddetti praeexercitamina, ovverosia gli utilissimi esercizi che servono a impratichirsi di determinate tecniche di scrittura, e i testi veri e propri, che richiedono il dominio di tutte le strutture linguistiche apprese al fine di organizzare in autonomo il proprio ragionamento e di comunicarlo. Recentemente un ragazzo di terza media mi ha comunicato con evidente sorpresa che aver parlato con una persona lo ha aiutato a mettere in ordine le idee e a colmare un vuoto che lo metteva a disagio da tempo: scrivere e parlare per un ragazzo non è un gioco, bensì è la possibilità di formarsi un’identità, di scoprire il bisogno di senso e le domande fondamentali che lo costituiscono, di capire la realtà, di farne davvero esperienza, confrontandosi con l’alterità. 







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