FINANZA E POLITICA/ Le crisi di Merkel e Macron ci consegnano a Bce e mercati

- int. Francesco Forte

Merkel e Macron non vivono un momento facile. Cosa che ha ripercussioni sull'assetto di potere europeo. Per l'Italia si tratta di un problema in più, spiega FRANCESCO FORTE

emmanuel_macron_angela_merkel_2_lapresse_2018 Emmanuel Macron e Angela Merkel (LaPresse)

Emmanuel Macron paga caro il caso Benalla. Il Presidente francese probabilmente supererà indenne la mozione di sfiducia annunciata da Les Republicains, ma ha già dovuto rinviare la riforma costituzionale che aveva messo in cantiere e la sua popolarità è scesa ai minimi. Le cose non vanno certo meglio ad Angela Merkel, il cui Governo, come si è visto recentemente con il caso Csu, può essere messo facilmente in crisi. Cosa comporta per l’Europa questa condizione dei suoi due principali paesi “azionisti”? E l’Italia può trarne vantaggio? Ne abbiamo parlato con Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e delle Politiche comunitarie.

Professore, i leader di Francia e Germania non stanno attraversando un buon momento…

Macron prospettava riforme innovative, anche in Europa, che già non incontravano molto gradimento. Adesso questa linea è completamente svanita, perché il Presidente ha perso popolarità ancora prima del caso Benalla. Non è uscito vincitore né dal confronto con Salvini sui migranti, né da quello con Trump sulla politica estera. Probabilmente resterà all’Eliseo, ma possiamo già considerarlo al tramonto. In Germania l’immigrazione crea problemi non solo in Baviera, ma anche in Bassa Sassonia. La Merkel è debole, ma non si è indebolita la tesi tedesca del rigore fiscale. Anzi, ho l’impressione che si sia rafforzata proprio per l’indebolirsi della Cancelliera.

Cosa significa tutto questo per l’Europa, vista l’importanza di Francia e Germania per i suoi assetti di potere?

Non c’è più l’asse franco-tedesco. La Germania non ha più un rapporto che le consentiva di avere un potere di larga intesa, essendo “maggioranza” in questo duopolio. Berlino non può sostituire Parigi con i paesi nordici, anche per via della debolezza della Merkel. Avremo comunque sempre il rigore di bilancio tedesco a guidare l’azione della Commissione europea e non ci sarà più il giochetto francese di allentare tale rigore in cambio di un aumento del potere industriale francese in Italia o del contenimento di quello italiano in Francia. Ciò che vedo è una situazione caotica.

In che senso Professore?

C’è da chiedersi chi comanderà a Bruxelles, visto che si va incontro al rinnovo del Parlamento e della Commissione Ue. Ci sarà un vuoto che sarà riempito dalla politica monetaria della Bce, dove tra l’altro sta per finire l’era di Draghi, e dai mercati. Considerando anche il cambio al vertice dell’Eurotower è davvero difficile fare delle previsioni politiche.

Per l’Italia cosa cambia?

Aumenta il rischio Italia. Prima c’era l’ipotesi di un commissario europeo che poteva cercare di imporci delle misure minacciando di “esautorare” il Governo italiano. Ora c’è solo l’alternativa tra un’Italia che si rende credibile e una stretta monetaria sull’Italia per renderla credibile per forza. Il che non è mai piacevole, perché vuol dire tassi di interesse in forte crescita e aumento delle interferenze dei controlli europei sulle banche italiane. Quindi mi sembra che la situazione non migliori per le idee dei nostri governanti di fare deficit di bilancio elevato, perché il deficit sarà giudicato in questo modo semi-anarchico.

Un metodo di giudizio che varrà per tutti i paesi europei…

Naturalmente quelli che sono creditori possono anche camparci bene, quelli che sono debitori devono fare attenzione, perché una fine di tipo greco mi sembra così molto più facile. E poi spolpare l’Italia è molto più gradevole che spolpare la Grecia. 

Dunque questa situazione è un problema in più per Lega e M5s.

Mi sembra che questi fatti non avvantaggino loro, ma avvantaggino Tria, che deve tenere una guida prudente per evitare il peggio. Si sta avvicinando la Legge di bilancio e rappresenterà un momento chiave. È probabilissimo che non sarà rispettato lo 0,8% previsto per il parametro deficit/Pil, l’importante però è dare un segnale chiaro sul fatto che il debito pubblico viene contenuto al presente e nel prevedibile futuro. 

(Lorenzo Torrisi)





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