Una prova olistica! In questo modo si potrebbe definire l’insieme delle tracce di italiano proposte agli studenti nostrani in occasione dell’inizio della maturità 2024. Nel senso che una traccia non sta senza le altre, per cui le singole tracce si comprendono nella globalità del presupposto che le regge (effetto forse non previsto dagli estensori ministeriali, ma chissà!).
A leggerle attentamente c’è un filo che le lega e che attiene profondamente al tempo presente, segnato dai contrasti internazionali e dalle sfide della “realtà parallela”. Il senso complessivo, e che può essere stato colto solo parzialmente dai ragazzi concentrati sull’argomento più alla loro portata, non ci spalanca immediatamente davanti agli occhi l’abisso delle nostre contraddizioni, bensì quello del cuore umano dilaniato dalla perdita di significato.
L’impalcatura sulla quale si regge l’insieme delle tracce di questa maturità sembra infatti essere il (noto) brano dai Quaderni di Serafino Gubbio operatore di Luigi Pirandello (traccia A2). In esso troviamo esplicitato lo svuotamento dello scopo dell’esistenza, per cui l’uomo, buttati via i sentimenti, si è messo a fabbricare nuove divinità che hanno la forma delle macchine. La macchina ha finito per ingoiare l’anima. “Servo la mia macchinetta, in quanto la giro perché possa mangiare. Ma l’anima, a me, non mi serve. Mi serve la mano; cioè serve alla macchina”.
Questo spunto sembrerebbe moralistico, frutto della mentalità retrograda che non accetta il progresso, ma non lo è quando si osservi che buttare via l’anima, cioè il nucleo irriducibile della personalità, è la premessa dell’alienazione dell’individuo. Dunque c’è alienazione nel mondo di oggi, c’è spersonalizzazione, troppo affidamento alle macchine (tra le quali possiamo annoverare anche i risultati della rivoluzione informatica: dagli smartphone all’intelligenza artificiale).
Come tuttavia sottolinea Pirandello, il problema non sono gli strumenti, ma chi li usa. Proseguendo su questo sentiero, per non farsi risucchiare dalle macchine, occorrerebbe avere sempre presente che l’uomo è corpo e anima, due realtà diverse, irriducibili l’una all’altra ma che devono essere accordate.
In fondo la guerra, che è il secondo grande nucleo di queste prove di italiano della maurità, è l’esito di una disarmonia totale (il rifiuto degli accordi) che si riflette sul singolo uomo, diventato, a causa della guerra e delle sue conseguenze, nient’altro che “una carcassa che strascica nel fango” come ricorda Giuseppe Ungaretti (traccia A1). Ungaretti si riferiva alla prima guerra mondiale, dalla quale trasse una poetica di valore universale. Durante la prima guerra mondiale tanti poeti fecero cantare la propria anima, da Drieu La Rochelle a Siegfried Sassoon, da Wilfred Owen a Gabriele d’Annunzio. La guerra sembrava ancora poter essere motivo di esaltazione collettiva. Poi è arrivata la seconda guerra mondiale e lo scontro tra democrazie e totalitarismi. I poeti hanno cantato di meno, abbandonando lo spazio della parola che è stata occupata dai politici.
Ecco che nella traccia B1 della maturità, che offre alla riflessione una bella pagina di Giuseppe Galasso, tratta dalla sua Storia d’Europa, la guerra diventa minacciosa, trasformandosi al termine delle operazioni militari in un “conflitto ben più consistente”, denominato “guerra fredda”, ossia guerra-non-guerreggiata tra blocchi geopolitici contrapposti che hanno dominato il mondo dal 1945 al 1989-1991. Il tema è ancora quello delle macchine che governano il mondo e alle quali l’uomo affida la propria sopravvivenza. In questo caso non si tratta di manovelle, di aerei, di computer, ma di armi atomiche.
Il brano di Galasso è inquietante, ma realistico se letto nella prospettiva dell’attualità. L’equilibrio del terrore (la corsa agli armamenti che ha dissuaso fino ad ora l’uomo dall’intraprendere un percorso di distruzione del pianeta) sembra oggi essere frantumato da una collettiva irresponsabilità che mette in mano ai “fanatici” le sorti dell’umanità. Il brano dello storico napoletano si presta a numerose altre riflessioni. Per esempio questa: il mondo della guerra fredda ha “tenuto” perché l’uomo aveva ancora un’anima, o meglio nutriva una responsabilità, come politico ma anche come uomo della strada, per le sorti proprie e altrui. Si potrebbe dire che si fidava del proprio nemico (“La responsabilità gravante sugli uomini politici superava qualsiasi altro tipo di responsabilità che fino ad allora si fosse potuto contemplare nell’esercizio del potere”).
In effetti, durante la guerra fredda il mondo non è rimasto fermo e in qualche modo le società sono cresciute, ma non è valso il consumismo di una parte ad avere ragione dell’ideologia imperialistica di un’altra parte. Il problema del mondo, sembra suggerire Galasso, non è diverso da quello del singolo essere: occorre tenere desto il senso di un’autorità morale che orienti il cammino degli uomini. Quale autorità?
La domanda ci porta a considerare con attenzione le tracce B3 (Riscoprire il silenzio) e C2 (Profili, selfie e blog) che a loro modo contengono una risposta. Ci arriviamo non senza avere gettato uno sguardo non distratto sulla bella traccia B2 di questa maturità, dedicata al rischio che l’immenso patrimonio naturale e culturale del nostro Paese sia dimenticato oppure offeso da un altro tipo di guerra, non meno pericolosa di quella calda: la guerra contro la bellezza decretata da forme varie di “cancel culture” che identificano, erroneamente, il bello con il bene di lusso, o l’effimero, di cui sarebbe esclusivo beneficiario il capitalista che si arricchisce, o si è arricchito, a danno del proletariato. Ma anche il proletariato ha bisogno di bellezza, dato che essa costruisce l’identità e la memoria di un popolo. I poveri nella storia talvolta hanno distrutto le macchine, ma costruito le cattedrali.
Ma veniamo per concludere alle due tracce ricordate (B3; C2). Il silenzio è un’ottima disciplina per chi vuole individuare una strada che porti fuori della guerra. È il silenzio della mediazione, che ascolta l’altro prima di intervenire sull’altro, che lavora sulla parola e sul suo significato. Nel silenzio si costruisce il dialogo. Nel silenzio interiore si costruisce il diario della propria vita che prima di diventare pubblico è approfondimento della propria interiorità. Non c’è dubbio che oggi manchi questo tipo di silenzio: nei dialoghi fra persone, nei rapporti quotidiani, nei talk show televisivi, nelle grandi istituzioni mondiali dove nessuno più ascolta se non la propria parte. È nel silenzio, si potrebbe dire, che si costruisce la pace, non perché il silenzio sia sinonimo di resa al sopruso, ma perché smonta le armi dell’oppressore e rafforza la propria coscienza e responsabilità. Nel silenzio della mediazione anche l’altra parte, quella avversaria, può essere compresa e smontata della sua asprezza. Almeno questo è ciò che sembra suggerirci la realtà.
E comunque occorre ricordare, in ultimo, che “l’imperfezione nell’eseguire il compito che ci siamo prefissi o ci è stato assegnato [è] più consona alla natura umana così imperfetta che non la perfezione” (Levi Montalcini dixit, traccia C1). E qui il cerchio di queste tracce della maturità 2024 si chiude.
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