Il primo vero banco di prova sarà la formazione del nuovo governo provvisorio di Al Bashir: se i moderati saranno presenti anche lì, si potrà cominciare a credere che le assicurazioni date dal capo di Hayat Tahrir al Sham, Al Jawlani, sul rispetto delle libertà di tutti siano vere. Il leader dei ribelli, osserva Vincenzo Giallongo, generale dei Carabinieri in congedo, con al suo attivo missioni in Iraq, Albania, Kuwait e Kosovo, dovrà guardarsi prima di tutto dai suoi, perché intorno a lui si è coagulata una coalizione di cui fanno parte gruppi fondamentalisti che potrebbero non avere tanta voglia di seguire le sue indicazioni. Inoltre, bisognerà tener conto dell’influenza della Turchia e di altre componenti della comunità siriana, come i curdi, senza disdegnare gli ex del regime di Assad, almeno quelli che non si sono macchiati di grandi crimini, e degli USA, che non vogliono sia messa in pericolo la sicurezza di Israele.
Generale, che quadro politico ci si presenta in questo momento in Siria?
Al Jawlani, capo di Hayat Tahrir al Sham, viene dal terrorismo islamico integralista. È stato colpito, è il caso di dirlo, sulla via di Damasco? Sta facendo il liberale, dicendo che le donne non sono obbligate a portare il velo e che bisogna rispettare tutte le religioni, ma, per quanto mi riguarda, tengo fede ai proverbi dei nostri avi e dico che “chi nasce quadro non muore tondo”. Spero di sbagliarmi, ma ho paura che alla fine prevalga il suo innato integralismo, anche perché è il capo di una sorta di coalizione di gruppi terroristici, alcuni più o meno controllabili, altri decisamente fondamentalisti, che non so quanto potranno accettare di buon grado gli input democratici che il leader vorrà imporre.
Al Jawlani, quindi, ammesso che sia sincero, deve guardarsi prima di tutto dai suoi?
Il vero problema è questo. Anche se il suo nuovo atteggiamento fosse sincero, ho paura che alcuni gruppi non accetteranno tanto a cuor leggero certi suoi diktat.
Ma chi sono in questo momento gli altri protagonisti della scena interna? I curdi siriani, per esempio, dicono di sentirsi parte integrante del nuovo corso iniziato dopo la caduta di Assad. C’è posto anche per loro?
I curdi, schierati con gli americani, fanno proclami sulla Siria unita, ma stanno studiando con chi hanno a che fare. La realtà, però, è che, come dietro Assad c’erano russi e iraniani, dietro HTS c’è la Turchia, che notoriamente i curdi non li ama. Poi può anche darsi che la realpolitik porti curdi e turchi a un “patteggiamento”, che prevede magari di creare un’enclave in Siria. Tutto è possibile, ma comunque è una strada in salita.
I ribelli hanno contattato anche persone dell’establishment di Assad, che volenti o nolenti hanno amministrato lo Stato finora. Bisognerà fare i conti anche con loro?
L’ex presidente del Consiglio è stato arrestato e poi liberato. Si stanno facendo accordi con lui. Un’intesa con chi è rimasto è necessaria: per le forze armate è stata disposta un’amnistia, tranne che per i torturatori, che verranno perseguiti. Occorre patteggiare qualcosa con gli sconfitti, prendersela con loro non paga.
Prima Russia e Iran, ora Turchia: la Siria rimarrà un Paese a sovranità limitata?
Diventerà sicuramente uno Stato islamico, quanto integralista lo vedremo con il tempo. Il primo partner sarà la Turchia.
Sono stati annunciati aumenti del 300% degli stipendi dei dipendenti pubblici, ma c’è stato anche un gruppo di jihadisti che ha saccheggiato la cattedrale di Damasco. Ci sono dei segnali in questi primi giorni che ci possono far capire qual è il vero orientamento di HTS?
I primi giorni sono quelli in cui non bisogna fare affidamento sulle promesse: troppi proclami. Potrebbero essere fumo negli occhi. Quanto al saccheggio della cattedrale, anche se Al Jawlani è diventato moderato non è detto che altri gruppi abbiano seguito la stessa strada. Non so se il leader sarà in grado di controllare i gruppi estremisti che si sono alleati con lui. Sconfitto Assad, ognuno vorrà il suo pezzo di territorio. Bisogna vedere quanto la Turchia di Erdogan voglia appoggiarlo per fare in modo che la Siria diventi un suo stato satellite, non eccessivamente integralista.
Il segretario di Stato americano Anthony Blinken ha detto che Al Jawlani ha promesso moderazione e rispetto di tutti, ma che occorrerà attenderlo alla prova dei fatti. Gli USA mantengono un piede in Siria?
In questo momento Donald Trump sta guardando quello che sta succedendo. Ha mosso le sue pedine, che sono israeliane, perché ora il legame con Israele è sempre più stretto. Non per niente l’IDF è entrata nel Golan. Gli USA, se vogliono, possono “ricattare” la Turchia.
Quale sarà il primo banco di prova per vedere di che pasta è fatto il nuovo potere siriano?
Sarà la formazione del governo provvisorio di Mohammed al Bashir: dovremo vedere da chi sarà composto l’esecutivo, se vi parteciperanno persone presentabili al consesso internazionale oppure integralisti. Se tutto andrà bene, il governo provvisorio diventerà quello definitivo. Al Bashir annuncerà libere elezioni invitando i rifugiati siriani a rientrare in Paese e assicurandosi così il loro voto. Secondo me, rimarrà presidente del Consiglio. Il problema sarà con chi e se gli imporranno le due figure più importanti, il ministro degli Interni e quello della Difesa, quest’ultimo per vedere quale sarà il suo orientamento, che penso sarà filoturco.
La Turchia non dovrebbe vedere di buon occhio un governo di “tagliagole”. Basta per rassicurarci?
Se Ankara avallasse un governo di “tagliagole”, gli americani la mollerebbero, perché per loro prima di tutto c’è Israele e la sua sicurezza. Il punto è se la Turchia avrà la forza di imporre un certo corso.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.