Grazia ad una decisione dell’Aifa presto potrebbe cambiare drasticamente la lotta contro il tumore alla prostata che ora può avvalersi di una nuova importante ‘arma’ come il farmaco Parp inibitore olaparib che fino ad oggi si è dimostrato particolarmente efficace per i pazienti la cui causa della malattia e riconducibile ad una mutazione dei geni Brca 1 o 2 che si dimostrano particolarmente resistenti alle varie terapie attualmente in uso: per volere dell’Aifa – infatti – al nuovo farmaco contro il tumore alla prostata è stata garantita la rimborsabilità da parte del Sistema sanitario nazionale rendendolo il principale composto da usare nella cosiddetta ‘prima linea’.
Prima di arrivare agli studi su olaparib, vale la pena ricordare che il tumore alla prostata si stima che in Italia abbia colpito – solamente lo scorso anno – più di 40mila pazienti in larga parte (ma non esclusivamente) uomini: complessivamente la sua insorgenza è piuttosto complessa da monitorare, mentre i principali sintomi – che vanno dal semplice dolore, fino alla presenza di sangue nelle urine e nel liquido seminale – si manifestano solamente ad uno stadio piuttosto avanzato della malattia; ma un possibile specchietto dell’insorgenza è dato dalla presenza (quasi sempre ereditaria) di una mutazione dei già citati geni Brca 1 e 2.
Gli studi su olaparib: abbinato agli ormoni riduce il rischio di morte per tumore alla prostata dal 71%
Complessivamente – e questa è certamente una buona notizia – la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi del tumore alla prostata supera il 90% dei pazienti, ma tra questi un numero compreso tra il 10 e il 20 per cento potrebbe sviluppare anche la forma resistente alla castrazione e alla chemioterapia, rendendo di fatto inutili le attuali terapie farmacologiche interamente incentrate sul solo uso di ormoni: proprio in questo contesto entrerebbe in gioco l’ora rimborsabile olaparib che sembra essere particolarmente efficiente per chi presenta la mutazione ed è ormai resistente alla castrazione.
Dagli studi in fase 3 svolti con l’uso di olaparib – infatti – in assenza di altre terapie precedenti e con la presenza della mutazione ai due geni ‘responsabili’ del tumore alla prostata, la sopravvivenza dei pazienti senza progressione è cresciuta di oltre il 30%, così come in abbinamento alla terapia ormonale (spesso svolta con abiraterone, già in uso nelle terapie) il rischio di morte si è ridotto addirittura del 71% con una sopravvivenza mediana globale incrementata di oltre 7 mesi