L’attualità di don Giussani

- Giorgio Chiosso

Sei anni fa si spegneva a Milano don Luigi Giussani. Le sue riflessioni e la sua proposta restano però più che mai attuali, specie nel campo dell’educazione

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Don Giussani con alcuni studenti (Foto Ansa)

Ai crescenti dubbi che il cosiddetto “pensiero debole” sia in grado di sopportare le sfide dei cambiamenti in corso, si oppongono, sempre più numerosi, quanti pensano che ai processi decostruttivi frutto della razionalità nichilista occorra opporre il richiamo alla virtù e al bene comune esito dell’esercizio razionale capace di misurarsi con la realtà.

Il campo dell’educazione può essere assunto come caso paradigmatico dell’urgenza di un cambiamento di rotta. Troppi giovani crescono nel libertarismo e quasi dell’anarchia morale, troppi cattivi maestri vivono rinchiusi nel narcisismo quotidiano, troppe parole sono scomparse – o quasi – dal vocabolario educativo quotidiano come impegno, rigore, esempio, maestro, interiorità, bene. Per contro genitori, insegnanti, educatori chiedono aiuto e moltiplicano gli sforzi per rispondere al bisogno educativo sempre più diffuso e incalzante.

La rilettura del Rischio educativo e delle tante pagine ricche di profondità pedagogica che si trovano nelle opere di Luigi Giussani forniscono importanti apporti, utili a riproporre alcune significative riflessioni della cultura educativa cristiana del secolo scorso, svolgendosi nel solco tracciato da Maritain e Guardini, da Ricoeur e Ratzinger.

L’architrave della proposta pedagogica giussaniana sta nella concezione “piena” dell’educazione: un evento che coinvolge la persona nella sua globalità fatta di intelligenza, affettività, comunione con gli altri, apertura al trascendente e un’esperienza realizzata tra persone vive e non solo affidata a “esperti” (formatori, istruttori, operatori, terapeuti, ecc.) che di volta in volta si preoccupano dell’altro come una persona da “plasmare” o da “curare” e non da far crescere nella sua libertà. Contro ogni riduzionismo antropologico, Giussani alza forte l’avvertimento che l’uomo non è un semplice prodotto della natura o della società.

Perché l’educazione sia “piena” c’è bisogno che essa sia libera. L’introduzione nella “realtà totale” (come Giussani definisce l’educazione) si compie, infatti, attraverso la prova di sé, con l’ineluttabile “rischio” che essa comporta, perché la prova dell’umano coinvolge e talvolta sconvolge ogni nostra fibra. Ma solo attraverso questa prova si conquista la dignità di persone libere e capaci di volere.

 

Contro l’assurda idea della libertà che trova se stessa nella rottura di ogni legame, nel vuoto delle infinite possibilità del Nulla, Giussani ci parla invece di una libertà che per crescere ha bisogno di “qualcuno” e di “qualcosa” e cioè di una testimonianza personale e di una storia da vivere. L’educazione si compie quando si manifesta “il desiderio di rivivere l’esperienza della persona che si è fatta carico di te”, non per diventare come “quella persona nella sua concretezza piena di limiti”, ma “come quella persona per quello che ti ha amato”. Detto in altro modo, e sempre con le parole di Giussani, “educare è proporre una risposta”.

 

Nessuno si “fa da sé”. Oggi siamo poveri di educazione perché scarseggiano gli adulti capaci di testimoniare e di amare, di accompagnare e sostenere, adulti credibili che non dicono “fai così”, ma “fai con me”, adulti disposti a intraprendere il cammino con figli e allievi con pazienza e speranza, due parole “pedagogiche” per eccellenza. La vita ha le sue lentezze e l’uomo lentamente si libera adagio dai suoi impulsi e dalla sua naturale spontaneità. Senza la speranza si cede all’assurdo: tutto si distrugge perché nulla può essere raggiunto.

 

A chi pensa di migliorare le scuole aumentando i test e a chi si illude di vincere la solitudine dei giovani con gli “sportelli psicologici”, Giussani risponde che l’educazione è qualcosa di ben più profondo: è l’incontro tra persone vere che amano, aspirano al bello, soffrono e gioiscono, sono aperte al Mistero. In questo sta l’attualità del suo insegnamento: l’educazione come esperienza viva, non una tecnica.

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