Quella gratuità che batte lo spreco

- Giovanni Bruno

Né Stato né Mercato da soli ce la fanno. Servono opere come quelle del Terzo settore. A cominciare dalla lotta all’indigenza e allo spreco

giovanni bruno banco
Giovanni Bruno, presidente del Banco Alimentare

Nel luglio 2023 il Sustainable Development Report osservava che a metà percorso dell’Agenda 2030 tutti gli SDG (obiettivi di sviluppo sostenibile) fossero seriamente fuori strada, ma ”nessuno è irraggiungibile”. Un’Ansa dello scorso 31 gennaio titolava “Sustainable Development Report: al ritmo attuale un terzo degli SDGs non sarà raggiunto”. Secondo il Rapporto “A livello europeo le maggiori sfide sono legate al Goal 12 (Consumo e produzione responsabili), 13 (Lotta contro il cambiamento climatico), 15 (Vita sulla terra) e al Goal 2 (Sconfiggere la fame)… È necessario”, continua il Rapporto, “affrontare le persistenti e crescenti disuguaglianze all’interno e tra i Paesi europei”.

Conclusioni che purtroppo non stupiscono.

Due dei punti indicati come le maggiori sfide sono proprio il Goal 2, sconfiggere la fame e il 12, consumo e produzione responsabile e in particolare il Goal 12.3, dimezzare lo spreco alimentare. Sono i Goal sui quali maggiormente si misura l’attività di Banco Alimentare. Un’attività che mostra come la valorizzazione delle eccedenze agro-alimentari per scopi sociali può essere sempre più parte integrante e non residuale dei diversi processi della produzione, trasformazione e distribuzione alimentare. È del tutto evidente che occorre un impegnativo cambiamento culturale per cui tutti possano sentirsi parte di un processo che ha come fine ultimo il bene comune. Possano e non debbano: non si tratta di emanare norme imperative (che purtroppo anzi abbondano), ma della capacità di suscitare un ideale comune.

Sia lo Stato, sia il Mercato, in questi anni non hanno saputo evitare il susseguirsi di crisi e ancor meno mantenere una pace senza la quale non può esserci sviluppo e crescita. Le aumentate diseguaglianze tra cittadini, il crescere delle disparità tra nazioni, “la guerra mondiale a pezzi”, i forti flussi migratori, la pandemia con tutte le sue conseguenze, indicano la necessità di un forte impegno per la società tutta e per il bene comune. Per questo è cruciale riconoscere il contributo e le competenze che il Terzo settore oggi dà, e ancor più potrebbe dare nel prevenire e ridurre le perdite e gli sprechi alimentari apportando benefici a tutti gli anelli della catena alimentare e non solo ai destinatari finali, allargando a tutti i diversi attori la possibilità, nel loro agire, di una forte valenza sociale e quindi culturale, capace di andare oltre ad una pur indispensabile efficienza.

Non è solo il cibo, tanto necessario in sé, che viene sprecato, ma anche le notevoli risorse utilizzate per produrlo. Quasi il 30% del terreno agricolo mondiale viene utilizzato ogni anno per produrre cibo che viene perso o sprecato. Perdita e spreco inaccettabili anche in termini di giustizia sociale. Tra l’altro una recente ricerca voluta da Fondazione Banco Alimentare e condotta dal Politecnico di Milano e Fondazione per la Sussidiarietà ha evidenziato che le aziende che più donano eccedenze alimentari a scopo sociale sono anche quelle che più realizzano politiche di economia circolare in tutti i modi e in tutti i processi produttivi. Comportamenti virtuosi che si saldano.

Ancora tutta da valorizzare è la novità giuridica e culturale italiana rappresentata dalla sentenza 131/2020 della Corte Costituzionale che indica alla Pubblica amministrazione la via della coprogettazione con il Terzo settore: è un modello virtuoso di sussidiarietà orizzontale da sviluppare, ben diverso da tante situazioni nelle quali l’ente pubblico conserva l’intero potere di decidere le strategie, in qualche modo “usando” il Terzo settore e riducendolo a manovalanza a basso o zero costi. Proposte che sembrano ormai moltiplicarsi rischiano di incorrere in questo pericolo, che segnerebbe comunque un passo indietro.

Certamente occorre anche realizzare politiche di sostegno perché tutti i soggetti coinvolti, profit e soprattutto non profit, siano aiutati e collaborino a ridurre gli sprechi generando nuove possibilità di economia circolare, ricordando però sempre che la soluzione non può essere il moltiplicare regole, obblighi e sanzioni ma piuttosto tenere presente che “senza pratiche estese di gratuità e senza ambiti e luoghi in cui il principio di reciprocità è regola dell’interazione sociale, né lo Stato né il Mercato sono in grado di conseguire i risultati che da essi la Società si aspetta di ottenere” (Stefano Zamagni) evitando la tentazione di pensare di risolvere i problemi “sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno di essere buono” (dai Cori da “La Rocca”  di T.S. Eliot).

Banco Alimentare si sente impegnato con la sua opera a contribuire ad una coerenza di concezione, ad un quadro di riferimento capace di contenere le diverse complessità senza trascurarne qualcuna a vantaggio di altre. Il riferimento alla concezione di una “ecologia integrale” richiamata da Papa Francesco nella Laudato si’ si conferma sempre opportuno: “non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri (…) il degrado ambientale e il degrado umano ed etico sono intimamente connessi”.

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