Sara era rientrata a scuola dopo le vacanze natalizie contenta di rivedere i suoi compagni e le sue compagne. Aveva salutato un po’ tutti, chiedendo cosa avessero fatto durante quel periodo e alcuni di loro si erano fermati lì, nel mezzo della classe, formando un gruppetto e iniziando un dialogo. Di solito non succedeva così, ognuno entrava in classe, certo salutando perché era rimasta un po’ di buona educazione, ma poi si dirigeva al proprio banco e faceva i fatti propri, nell’attesa che iniziasse la giornata scolastica o impegnato a chiudere i compiti copiandoli dai migliori della classe. Quella mattina invece, il primo giorno di scuola dopo le vacanze, vi era una curiosità strana nell’aria.
Luigi aveva studiato per tutto il tempo perché aveva da recuperare alcune materie prima della fine del quadrimestre. Cecilia, sorridendo, aveva replicato che lei non aveva fatto quasi nulla perché era stanca e lo era rimasta. Mohamed aveva raccontato brevemente del suo veloce viaggio in Egitto per trovare i nonni e aveva sul volto tanta felicità. Nadia invece aveva detto che con i suoi genitori era andata a sciare, a lei piaceva tanto, così si era fermata a parlare delle sue discese spericolate con gli sci.
Era stato un rientro nel complesso affascinante, un rientro in cui si erano riaffacciate le relazioni solite, eppure nuove. “Sembra tutto diverso” aveva sussurrato Sara a Gloria, sottolineando quel suo stupore per qualcosa di nuovo.
“Vero!” aveva detto con forza Gloria, sollecitata dall’amica, “ci guardiamo con curiosità come se dovessimo scoprire qualcosa dell’altro che non sapevamo…”
“Ci siamo abituati ormai gli uni agli altri e quasi non ci guardiamo in faccia” aveva puntualizzato Sara, giusto in tempo prima che entrasse il prof di matematica. In men che non si dica, dopo uno sbrigativo “buon anno ragazzi!” era già pronto per interrogare.
Dopo la scuola, quel pomeriggio, Sara aveva raccontato a Serena, al centro di aiuto allo studio, quello che le era successo la mattina, quel momento di felicità per i rapporti ritrovati, ma non aveva potuto non soffermarsi sul fatto che poi fosse finito tutto, perché con l’arrivo dell’insegnante quella catena era stata interrotta. “Da adesso c’è da lavorare” aveva detto l’insegnante di matematica alla fine dell’ora, “si sta avvicinando la fine del quadrimestre e io devo finire le interrogazioni.”
“No, no!” aveva reagito Serena, “se è accaduto tra voi di essere autentici, di guardarvi con tanta attesa, dipende da te mantenere viva questa apertura. Su, all’attacco!”
“Ma come faccio? Ci aspettano due settimane di verifiche e di interrogazioni e sarà un periodo molto pesante. Se faccio l’elenco delle scadenze che ho mi viene da piangere. Troppo, è troppo!” si era lamentata Sara e aveva insistito a sottolineare che la scuola era dura, e lei non ce la faceva più.
Serena avrebbe voluto insistere ad affermare che tutto dipendeva da lei, ma non lo aveva fatto. Aveva semplicemente detto a Sara: “tu lo sai che io e i miei amici ci siamo, vedrai che la strada si troverà.”
La sfida rimaneva aperta: tra un momento di autenticità e la durezza di una tirata di fine quadrimestre non vi era qualcosa di mezzo? Serena lo sapeva ma non lo aveva ripetuto; era da conquistare.
“Sara” le aveva allora detto “lascia aperta in questa fatica che vedi la possibilità di qualcosa di positivo, in modo che questo duro mese non sia solo fatica. Lascia aperta la questione!”
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